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“A chi appartiene la notte” di Patrick Fogli vince il premio Giorgio Scerbanenco 2018

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Patrick Fogli col premio Scerbanenco. Foto letteratitudinenews.wordpress.com

La Giuria Letteraria ha assegnato ieri, 3 dicembre, all'unanimità il premio Giorgio Scerbanenco 2018 a A chi appartiene la notte, di Patrick Fogli (Baldini + Castoldi) con la seguente motivazione: «Perché in un momento molto critico per l’indipendenza e la libertà di espressione del giornalismo italiano, l’autore sceglie come protagonista una giornalista d’inchiesta, impegnata a condurre la propria indagine in un contesto di non-verità, che genera e amplifica sospetti etici e morali tipici della nostra attualità. Inoltre perché il linguaggio accurato e di forte introspezione psicologica – sempre attento comunque ai più classici meccanismi del noir – e l’ambientazione in una realtà geografica-antropologica intensa, amara e suggestiva come l’Appennino reggiano, riescono a far lievitare il romanzo a una dimensione di denuncia che mette a nudo tutte le nostre colpe, pubbliche e private».

Il premio letterario Giorgio Scerbanenco per il genere giallo è intitolato al maestro della narrativa di genere italiana, uno dei padri del giallo in Italia.

Il premio è consegnato ai primi di dicembre di ogni anno, nell'ambito del Noir in Festival di Courmayeur, all'autore del miglior romanzo giallo/noir italiano pubblicato nel corso dell'anno precedente e rappresenta il riconoscimento di maggior rilievo nazionale nell'ambito di questo genere. 

Patrick Fogli è nato e a Bologna (1971) e vive in Appennino reggiano, a Carpineti. Ha esordito con Lentamente prima di morire (2006), un romanzo che ha ottenuto molto successo e altrettanti riconoscimenti. Successivamente ha pubblicato L’ultima estate di innocenza (2007) e Il tempo infranto (2008), consacrandosi come uno fra gli scrittori italiani più sensibili al mistero e ai lati inquietanti della psiche umana ma anche della vita civile. Con Stefano Incerti ha scritto la sceneggiatura di Neve, il film del regista napoletano.

Da sinistra: Piergiorgio Pulixi, Ilaria Tuti, Patrick Fogli, Giorgia Lepore. Quattro dei cinque finalisti del premio.  Foto letteratitudinenews.wordpress.com

Patrick come funziona il circuito dei premi letterari e come si arriva a vincere un premio prestigioso come questo? Ha vinto altri premi?

"I premi sono tutti diversi, basta pensare alla differenza di regolamento e di votazione che c’è nei due maggiori, Strega e Campiello, quelli che cambiano veramente la vita di un romanzo.
Allo Scerbanenco ho partecipato quattro volte negli anni, ero stato in finale una prima volta da esordiente, nel 2006. E quest’anno è andata bene.
In generale l’editore ti iscrive o il premio richiede il romanzo, in funzione di quali sono le regole di accesso. Poi c’è una giuria qualificata che decide, a volte in collaborazione con una giuria popolare.
È la prima volta che vinco un premio, “A chi appartiene la notte” è stato proposto anche allo Strega, qualche mese fa, due volte un mio romanzo è stato richiesto dalla giuria del Campiello e una volta dal Flaiano".

Nel 2003 il premio è stato vinto da Giancarlo De Cataldo con Romanzo criminale e nel 2007 da Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli con Tango e gli altri. Romanzo di una raffica, anzi tre. Come ci si sente in compagnia di questi autori?

"Orgogliosi di esserci. L’albo d’oro del premio è un elenco di scrittori straordinari e il premio stesso è intitolato a uno scrittore che andrebbe letto sempre di più".

Patrick è anche anima dell’associazione culturale “La 25ª Ora”, che porta in Appennino i maggiori scrittori italiani da Saviano a Stefano Benni, da Erri De Luca a Edoardo Albinati.

Lei crede che valga ancora la pena scrivere e dannarsi nelle promozioni dei libri, non solo suoi ma anche dei suoi colleghi, in questo momento storico in cui i social la fanno da padrone, livellando verso il basso la cultura? Forse rimane l’ultima ancora di salvezza dal “terrapiattismo” dilagante?

"Gli esseri umani si raccontano storie da quando esistono. Le hanno dipinte su grotte, scritte nei libri, tramandate a voce. La nostra vita è piena di storie, non sappiamo vivere senza, quindi vale sempre la pena raccontare e farle conoscere.
La cultura è il sangue di una società. La politica è cultura (almeno dovrebbe esserlo), la visione del mondo è cultura, ascoltare opinioni diverse, confrontarsi, ragionare, tutto questo è parte dell’evoluzione di una società. Viviamo in un mondo che cerca soluzioni semplici a problemi complessi e rigetta troppo spesso la realtà delle cose, l’approfondimento, la competenza, ma non esistono soluzioni semplici a problemi complessi e la realtà delle cose è profonda, quasi mai è superficiale. Per questo La 25ª Ora insiste a proporre scrittori sempre diversi, con argomenti diversi. E per questo interveniamo nel dibattito culturale della montagna, quando crediamo ne valga la pena".

La trama del libro si dipana nei nostri luoghi.  Irene Fontana è una giornalista d’inchiesta, messa fuori gioco dalla sua ostinazione a svelare corruzioni e tutelare i diritti dei cittadini. La Contessa è la casa di sua nonna, la casa delle sue vacanze di bambina. Due piani in sasso e una mansarda, in cima a una delle colline dell’Appennino reggiano. Su tre lati, ettari di campi a coltivazione. Sul quarto, il bosco, l’unica terra che non le appartiene. È tornata a vivere lì.

Tutto il suo mondo era crollato in meno di un mese e in quello che restava non c’era nulla che le interessasse. Così, ha ricominciato dall’inizio. Filippo cade dalla Pietra di Bismantova una notte d’estate. Irene è lì, per puro caso, il giorno dopo, quando rimuovono il suo corpo. La madre del ragazzo non crede al suicidio e chiede aiuto a Irene. Lei parte dalla vita di Filippo, dai suoi amici, dalle sue frequentazioni. Scopre un locale, lo Snoopy, dove nel giorno di chiusura si organizzano festini piuttosto estremi. Incontra un uomo, il Pittore, un artista che vive isolato in una casa museo, in compagnia della sue sculture da incubo. Questa è, in verità, solo una parte di un quadro ben più complesso che parte da lontano.

Inseguire la vita di Filippo si trasforma in una discesa all’inferno. Ma ciò che appartiene alla notte, appartiene alla notte, le illusioni durano un istante e quando se ne vanno non sono mai esistite. Come i sogni, i miraggi, i miracoli, i demoni.

Un giallo, un noir? Una storia dei nostri tempi? La ricerca della verità a ogni costo? Come definirebbe il suo romanzo?

"Quando scrivo un romanzo non mi preoccupo mai del genere in cui potrà essere incasellato.
Irene è una talebana della verità, non si accontenta di sapere che una cosa è vera, deve dimostrarlo al di sopra di ogni dubbio, è quasi un’ossessione. Dentro al romanzo ci sono molte sfumature diverse, ma la storia viene da un ragionamento: se la verità abbia ancora un’influenza sulla realtà. Se sia ciò che accade veramente o una frottola più o meno ingegnosa quello che influenza di più la nostra vita di tutti i giorni. Per questo Irene è il personaggio che è. Per questo il romanzo mescola suggestioni lontane, il reale e il soprannaturale, la crudeltà degli uomini e la nostalgia, il bisogno di radici e la ricerca di un luogo da chiamare casa, che per uno come me che dieci anni fa ha trasferito la sua vita in Appennino è un tema molto sentito".

Vedremo presto troupe cinematografiche aggirarsi per l’Appennino?

"Mi piacerebbe molto, ma se il significato di presto è a breve, allora no".

I libri di Patrick in biblioteca a Castelnovo

In biblioteca a Castelnovo possiamo trovare altri suoi libri questa settimana esposti in primo piano, dove possiamo acquistarli? Come nasce la sua voglia di scrivere?

"Credo che ogni lavoro artistico nasca per emulazione. Ho cominciato a metà del liceo, come da copione, scimmiottando le cose che mi piaceva leggere. Non si può scrivere senza essere forti lettori, come non si può fare cinema senza frequentarlo da spettatore o dipingere senza mai entrare in un museo o in una galleria d’arte. I miei libri sono in qualsiasi libreria, fisica e online. Ma se potete scegliere, comprateli in un negozio".

Fra le altre sue attività ci sono spesso corsi di scrittura, pensa di farne a breve in Appennino dopo quello fatto a Casina lo scorso anno?

"Sì, nel 2019 si ripete l’esperienza. Aumentando il grado di difficoltà".

Ma a conti fatti oggi si può vivere di “scrittura”?

"Se per scrittura si intende solo la vendita dei propri romanzi, è molto difficile. Parliamo di un numero molto ristretto di persone. Un numero in  diminuzione. Il mercato editoriale è una nicchia sempre più ridotta, in un Paese che non legge e che troppo spesso sembra addirittura orgoglioso di non farlo. Se per vivere di scrittura si intende, oltre ai romanzi, collaborazioni con giornali e riviste, sceneggiature, corsi di scrittura, diciamo che il grado di difficoltà rimane molto alto, ma un po’ diminuisce".

Ci sono presentazioni del suo libro in programma o appuntamenti pubblici in cui potremo incontrarla?

"La 25ª Ora ha chiuso l’anno sabato scorso con il premio Strega Edoardo Albinati. Riprenderemo in primavera. Io presenterò il romanzo a Ferrara il 14 dicembre. Poi mi godo un po’ Natale. Nel 2019 vedremo".

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