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La solidarietà delle Cicogne alla famiglia del bambino diabetico escluso da scuola

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Le mamme e i papà del comitato Salviamo le Cicogne esprimono vicinanza e solidarietà ai genitori del bambino escluso da una scuola pubblica dell’infanzia di montagna perché affetto da diabete.

Tutti noi crediamo che la vicenda sia di per sé al di fuori del buon senso e della misura, trattandosi di un caso di medicalizzazione che non necessita di particolari interventi di assistenza da parte del personale scolastico, se non nell’utilizzo di un microinfusore con monitoraggio remoto della glicemia.

Non è comunque nostra intenzione entrare nel merito della questione medica ma di quella delle pari opportunità sì: ogni bimbo e ogni famiglia dovrebbe poter frequentare la scuola pubblica e la scuola pubblica dovrebbe predisporsi alla massima accoglienza.

L’esclusione o la mancata accoglienza, la maggior importanza delle ragioni delle maestre rispetto ai diritti e ai bisogni del bambino, purtroppo sono sintomi di una malattia ben peggiore del diabete che colpisce il sistema scolastico facendogli perdere coscienza della propria missione: la centralità del bambino e l’offerta di opportunità di crescita in un contesto ricco di stimoli per lo sviluppo.
Ci preme sottolineare che nell’episodio accaduto il tema della distanza o il solito refrain “un paesino di montagna” non c’entrano nulla. Infatti, pur nel rispetto del protocollo in essere – che comunque è avanzato su molti aspetti, ma non sulla tutela completa del diritto allo studio e alla salute del minore – questa situazione si potrebbe già ripetere domani in città.
Alla luce di quanto è successo, occorre quindi rivedere al più presto il sistema normativo a tutti i livelli attualizzandolo anche allo stato odierno delle cure mediche, per evitare che esistano spazi per comportamenti discrezionali soggettivi, volti al rifiuto e alla deresponsabilizzazione.
Occorre inoltre investire in formazione verso il personale scolastico per mantenere alto il livello motivazionale degli educatori affinché non decada l’alta missione educativa in una routine di lavoro.
Ci aspettiamo che l’intervento del Presidente della Provincia, in accordo con l’Ufficio scolastico provinciale, la l’Ausl e con il necessario coinvolgimento delle associazioni dei portatori di malattie, approdi a una soluzione positiva del problema e scoraggi la deprecabile attitudine al rimpallo di competenze fra servizi e istituzioni.

Ci auguriamo che Francesco, e con lui tutti i piccoli bambini che vivono problemi di salute, siano trattati come bambini e non vengano invece valutati come casi.

(Il comitato Salviamo le Cicogne)

6 COMMENTS

  1. Gentile “Una insegnante”, la precedo.
    La smetta di fare l’avvocato d’ufficio delle sue colleghe riluttanti a controllare il microinfusore quando suona l’allarme, non sono loro la parte lesa di questa vicenda, ma lo è il bambino escluso da scuola per loro volontà. Provi invece a difendere i destinatari della sua missione professionale, in fondo la scuola non è nata per assicurare lavoro agli insegnanti ma per far crescere i nostri figli. E lo dice un genitore che ha partecipato ad ogni consiglio ed iniziativa delle scuole dell’infanzia prima e poi è stato presidente del consiglio di circolo delle scuole elementari e medie delle scuole dei propri figli. E che ancora ringrazia le maestre del nido e della materna per il bellissimo impegno che hanno profuso per farne bimbi e poi persone capaci di esprimere le loro potenzialità. Le insegnanti che ho conosciuto io sono quelle che ponevano la sfida un passo avanti rispetto alla norma e mai han fatto della loro missione verso i bambini una questione sindacale.

    G.M.

  2. Non appartengo alla categoria degli insegnanti e quindi G.M. non deve precedermi, né intendo prendere la parte di alcuno, ma non mi convince l’idea di porre la sfida un passo avanti rispetto alla norma, che nella fattispecie dovrebbe essere il protocollo inter-istituzionale che prende origine e legittimazione dalle linee di indirizzo di cui alla delibera di Giunta regionale n.166/2012.

    Visto che, come regola generale, ci diciamo e ripetiamo sistematicamente di far riferimento alla norma, non vedo perché ma si debba chiedere a qualcuno di “sorpassare” la norma stessa, assumendosene le relative responsabilità, e lodare il “coraggio” di tale sfida, quando il percorso naturale dovrebbe essere invece quello di creare le condizioni perché la norma sia rivista (se ritenuta per l’appunto inadeguata in qualche sua parte).

    Quanto ai diritti – parola importante e coinvolgente, e di gran fascino – si ha non di rado l’impressione che ce ne abbiano accordati tanti, almeno sulla carta, salvo poi scoprire che non tutti arrivano a materializzarsi, per una molteplicità di cause, quelle economiche incluse, e dunque realismo vorrebbe che si facesse una scala di priorità, così da non “lasciar fuori” quei diritti che meriterebbero sempre risposta (come i casi in questione).

    P.B. 27.02.2019

  3. Gentile P.B.,
    seppur entrambi firmati con sigla abbiamo temperamenti diversi, forse per questo non capiamo la stessa cosa quando esprimiamo un concetto.
    Le insegnanti alle quali mi riferivo non “ponevano la sfida un passo oltre la norma” sul problema diabete infantile, che è ben poca cosa rispetto a quello che facevano. Avevano predisposto un percorso acquitrinoso nel giardino della scuola nel quale ogni tanto finiva inzaccherato qualche bambino, avevano preparato una parete da rampicata di cinque metri d’altezza, facevano scorrazzare un roditore libero per la scuola e facevano cimentare i bambini fra i fornelli. Poi li portavano in gita nelle grotte con il gruppo speleologico, li facevano convivere con un signore con chiari problemi psichiatrici che non mostrava segni di aggressività, e via, tanti altri fatti che prevedono la responsabilità diretta dell’insegnante, non modulata da nessun microinfusore testato clinicamente. Mio figlio, in una delle tante scorribande della materna si fece un taglio sul viso e venne medicato al pronto soccorso. Non ricorsi neanche all’assicurazione scolastica… ho provato 9 anni di intensa partecipazione, e venerazione per la scuola comunale dell’infanzia di Reggio Emilia. Non posso dire altrettanto delle scuole superiori, dove più che un corpo insegnante c’era un tribunale esattoriale che sanzionava la personalità degli studenti. Una scuola di vita anche quella… Cosa vuole, caro P.B. non nutro simpatia per quelle insegnanti che han usato il codice per escludere un bambino dalla sua scuola naturale, ma non me la prendo con loro, anzi, quel bimbo è stato fortunato nel trovare altri educatori che invece non hanno fatto problemi speciosi e l’hanno accolto come è bene accogliere un piccolo, soprattutto se non ha pari fortune dei suoi coetanei. Alla fine convergiamo sulla soluzione: deve cambiare la norma e lo deve fare imponendo alle insegnanti corsi di aggiornamento e il dovere di assistere questi casi di bassa medicalizzazione. Saluti.
    G.M.

  4. Vorrei aggiungere un grazie sentito col cuore ai genitori che hanno reso nota la vicenda e che permetteranno quindi di potervi porre rimedio con la responsabilizzazione del legislatore locale. Se avessero taciuto nessuno avrebbe saputo.
    G.M.

  5. Gentile GM,
    lei forse è tra i pochi genitori che, visto le esperienze fatte dai suoi figli, non ha denunciato le insegnanti. Oggi basta sgridare un bambino che ha riempito di pugni un coetaneo o dare un brutto voto ad un alunno che non ha studiato, che l’insegnante deve giustificarsi e a momenti deve chiedere scusa dell’azione svolta. Facciamo quindi che prima si rida’ il giusto valore alla scuola, poi si parla di fare un passo oltre la norma.
    Saluti

    LP

    • Firma - LP
  6. L’avere temperamenti diversi tanto da non intenderci, come scrive G.M., non è di per sé cosa negativa, perché significa che non siamo ancora al pensiero unico, ma la differenza di vedute potrebbe dipendere dalla verosimile nostra diversa età anagrafica, il che ha portato a farmi conoscere un diverso tipo di scuola, dove l’eventuale rimprovero dell’insegnante, o il brutto voto ricevuto, non sollevava la reazione dei genitori a tetragona difesa del proprio figlio (rifacendomi a quanto scrive LP).

    In quel “clima” dove, che io ricordi, l’insegnante godeva di buona autonomia, nonché di grande rispetto – anche per l’autorevolezza che sapeva per solito esprimere – i “passi oltre la norma” potevano essere abbastanza naturali, qualora ritenuti necessari, e difficilmente gli avrebbero provocato indesiderabili “contraccolpi”, talché non è facile un confronto con la situazione attuale, dove hanno preso piede i protocolli (concordo in ogni caso con G.M. sul fatto che l’aver reso noto la vicenda “ha smosso le acque”).

    P.B. 01.03.2019