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“Giovani oggi: politica nelle scuole? Da non consigliabile a vietata il passo è breve”

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Art. 33 Cost.: proteste dei docenti universitari a Bari

Riceviamo e pubblichiamo.

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Dopo le recenti vicende della professoressa di Palermo, sospesa per 15 giorni con l’accusa di non aver vigilato sui contenuti di un progetto svoltosi nella sua classe e la collega di Catania, a sua volta sospesa lo scorso febbraio per aver letto il Diario di Anna Frank a una classe di terza elementare, sembra sempre più evidente come l’attuale governo sia attento all’insegnamento come mai prima.

La politica, come la religione, sono sempre stati tabù nelle scuole. La parola d’ordine è neutralità, per cercare di non influenzare giovani menti affascinate da un professore carismatico. Altrimenti, il più ignavo silenzio e si parla d’altro, di arte, scienza, storia, italiano, come se tutte queste materie potessero dirsi slegate dal presente, pure nozioni fine a se stesse.

La scuola ha il dovere di educare il futuro cittadino che a 18 anni potrà attivamente partecipare alla vita pubblica. E, invece, non si può parlare di politica. Come dire, tu, scuola, insegna al maggior numero di studenti nel minor tempo tempo possibile e sfornami lavoratori competenti, che poi siano anche pensanti questo non ci interessa.

“Quello che insegniamo nelle scuole, in un qualsiasi momento, è la coscienza di un’epoca”. In altre parole, la scuola è il riflesso della nostra società. Se oggi la maggior parte dei ragazzi sono disinteressati di politica, non si informano e non vanno a votare la colpa non é della scuola, ma di una società ipocrita che tratta i giovani come ebeti incapaci di ponderare le proprie scelte, privi di spirito critico e curiosità.

Sfaterò un mito dicendo che i ragazzi sono perfettamente capaci di crearsi le proprie idee in autonomia, di cambiarle o di difenderle a spada tratta. E questo allo Stato fa paura. Perciò continuiamo pure a ignorare la realtà che attende fuori dalle classi e pensiamo semplicemente a finire il programma e a passare con ottimi voti.

Che a parlare di politica si rischia grosso ultimamente.

(Beatrice Bramini)

4 COMMENTS

  1. Concordo pienamente con tutto quanto scritto dalla prof.ssa Bramini. Aggiungo che in particolare, i partiti di maggioranza che governano attualmente l’Italia, liberamente eletti dagli aventi diritto il 4 marzo 2018, sdoganano l’assunto, nelle dichiarazioni e nei fatti, che “ignorante è bello” e anzi utile e indispensabile “per occupare posti di governo e assumerne la responsabilità”.
    In un talk show ho sentito affermare: “Il popolo non deve occuparsi di politica. Una volta delegato con il voto, la fiducia, il sostegno e la condivisione dell’elettore devono essere totali”.
    Ecco che si fa strada il pensiero unico.
    Augusto Bellesia

    • Firma - augusto bellesia
  2. Ho iniziato le scuole superiori quando i ricordi della seconda guerra erano ancora abbastanza freschi e dolorosi, e il dibattito politico molto acceso in tutto il Paese, ma non rammento che gli insegnanti parlassero mai di quanto era successo negli anni e decenni immediatamente precedenti, anche se ne erano stati semmai testimoni diretti (solo per caso, a mò esempio, imparammo che uno di loro si trovava a Stalingrado nei drammatici giorni della ritirata del 1943).

    Più volte, successivamente, mi sono chiesto per quale partito potesse simpatizzare l’uno o l’altro di loro, basandomi su qualche “indizio”, ma per quasi tutti non ci sono saltato fuori, e credo di averli ringraziati in cuor mio per questa “neutralità” perché poi, da giovane uomo, ho impiegato non poco tempo a capire abbastanza chiaramente e “autonomamente” come si erano svolti gli eventi di quell’epoca (prima, cioè da ragazzo sarei stato probabilmente influenzato).

    Ciononostante, ancorché a scuola non mi avessero “insegnato la politica” – forse per il timore dei docenti dell’epoca di poter risultare di parte – io “da grande” non mi sono disinteressato di politica, anzi, ma l’ho fatto in maniera graduale, mano a mano che il crescere mi dava modo di ascoltare l’uno e altro interlocutori, di differente orientamento, il che mi porta a dire che una materia così delicata richiede molto tatto, e vorrebbe affrontata a tempo debito (e, quantomeno, ci vorrebbe sempre il contraddittorio tra relatori).

    P.B. 24.05.2019

  3. A proposito di pensiero unico, del quale si parla nel primo commento, a me sembra che si fosse già fatto abbondantemente strada, ed era il pensiero “politicamente corretto”, che per decenni ha voluto farci credere che la storia dovesse avere una sola ed unica lettura, quella per l’appunto gradita alla sinistra, salvo che abbiamo poi visto come spesso gli eventi storici siano molto più complessi, tanto da prestarsi a più duna interpretazione.

    P.B. 24.05.2019