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Dilva Attolini ci scrive su “Il Mire e il punto nascita sui monti”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Nemesi greca era la dea della misura: custode dell’equilibrio che arreca gioia, punitrice della dismisura che provoca dolore. Anch’io, come molti, mi innamoro delle parole, queste le ho imparate a memoria. Riguardano la riflessione, il buon senso, il non strafare, il non arrecare danno e dolore.

Nel MIRE, opera importante, c’è dismisura? Nemesi greca avrebbe elargito punizioni?

In questi giorni, finalmente, possiamo parlarne, pubblicamente, sui giornali e in televisione, perché è importante essere consapevoli e attenti alle conseguenze di cambiamenti epocali.

Il MIRE, -Maternità, Infanzia, Reggio, Emilia-, deve nascere, nessuno lo mette in dubbio, ma molti di noi pensano che deve riguardare il territorio di riferimento, la città e i dintorni, non tutta la provincia, non le zone lontane, quelle dalle parti del Fiume Po e la disagiata montagna. E’ un progetto molto bello, l’ammodernamento di un reparto prezioso, più funzionale anche per la ricerca, la conoscenza, l’accumulo di esperienza, per aumentare le competenze da riversare tutto intorno.

Ma acquista caratteristiche di dismisura se è un accentramento di parti. Per molti di noi è inconcepibile un IperPuntoNascita… da 4000-5000 parti. Tutte le donne della Provincia dovranno andare a partorire lì. La nascita non è una malattia, è un avvenimento meraviglioso, che la natura stessa protegge, perché la natura è testarda. La nascita è un accadimento intimo e profondo, da tenere vicino. Quando non è necessario sarebbe meglio dilatare gli spazi, contrastare la tendenza all’accentramento urbano con tutti i problemi connessi: di traffico, inquinamento, affollamento, ripeto quando non si può fare diversamente, quando è possibile. Il MIRE non è come il CORE che è un progetto prezioso, immenso, perché cura le cellule impazzite.

Molti di noi non sanno rassegnarsi al futuro delle giovani donne, discendenti del nostro destino, che per avere un bambino saranno costrette a situazioni di incertezza, a lunghi viaggi, con tanti disagi e difficoltà, a timorose lontananze, a importanti costi famigliari. L’area montana si estende intorno agli 800 kmq, Le donne della montagna meritano attenzioni. In questa vicenda, invece, sono state dimenticate, messe da parte, oltretutto nel loro momento più importante di donne e madri, estraniando i loro figli anche dal territorio, perché la nascita esprime un’identità. I politici hanno dimostrato disinteresse, distacco, irresponsabilità, un atteggiamento di indifferenza che fa male al cuore. Sono una vecchia signora e non nascondo che vorrei commuovere i lettori, prima che sia troppo tardi.

I costi del MIRE li paghiamo tutti, ma se l’opera porta una migliore organizzazione alla città,  ci sentiamo di sostenerla se non arreca situazioni di disagio e inquietudine. Di tutte quegli spazi, dei vari ambulatori, dei tanti posti di degenza, delle sale travaglio e parto, di cui riferisce l’articolo del Resto del Carlino del 30 luglio, noi volevamo molto poco. Nel rispetto dei tre poli, Castelnovo ne’ Monti, Reggio Emilia, Guastalla. A pensarci fa quasi paura l’ampiezza di quegli spazi da raggiungere, dopo aver viaggiato già da altro tempo, dai monti alla pianura. Con il pancione e caso mai con le doglie.

Di quegli ampi spazi noi volevamo poco, anzi gli spazi li abbiamo già, bellissimi, curati in modo splendido dall’associazione Casina dei Bimbi, che sono rimasti vuoti. Volevamo, (questo sì), i professionisti della città, poiché il valore della sanità reggiana lo conosciamo bene. Facevo parte dei gruppi di lavoro, quando sono nati i Comitati Consultivi Misti, formati da semplici cittadini e operatori con il compito di riflettere sui percorsi sanitari. Abbiamo lottato per il legame con il Santa Maria, con a fianco Giuseppe Battistessa, (gli immancabili giornali sotto al braccio), per non sentirci soli. Ora facciamo parte della stessa Ausl. Ma un ospedale che allontana da sé lo spazio della nascita è un ospedale che alimenta, anche culturalmente, un senso di vuoto ampio come il territorio di riferimento, è un ospedale che muore.

Anche la montagna merita attenzioni. Riprendo un mio scritto e lo ripeto, perché la nascita è parte integrante. I monti più alti appartengono al Parco Nazionale dell’Appennino tosco emiliano, tra i quali emerge, sul versante emiliano la dantesca Pietra di Bismantova. Il paesaggio è intenso e rilassante, a camminarci dentro. Intenso anche per la Via dei Presepi, per la ricerca del passato attraverso la cura dei percorsi matildici, fino a Lucca, Arezzo, Mantova. E ancora: il Parmigiano reggiano di Montagna, il Castello di Carpineti e le Torri di guardia, la Valle dei Cavalieri, Cerreto, con una notte buia una volta all’anno, e Cerreto Laghi di inalterata bellezza con la neve e con il sole, Ligonchio e il ricordo della forza dell’acqua, Febbio con la Funivia sul Monte Cusna, il monte più alto della crinale, che ti porta su su, più vicino al cielo, dove non so se volano le aquile, ma dove puoi attardarti a pensare a un orizzonte diverso, quello del mare, e ricordare l’antico territorio di faticosa transumanza.

I politici parlano in un modo, poi agiscono in un altro. Si parla di città slow, che è un vivere lento, soprattutto non caotico, di cibo a km 0, di lavoro a km 0, poi cambia tutto… nascita a km 100… e oltre... Tra andata e ritorno.

(Dilva Attolini)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3 COMMENTS

  1. Gent. sig.ra Attolini,
    questo suo scritto è un manifesto che sarebbe opportuno tutti leggessero e fissassero nella loro mente e nei loro cuori, soprattutto come Lei scrive chi ha potere decisionale, lei li chiama politici, per il sottoscritto la politica è servizio e non privilegio e imposizione i mi limito a definirli i “decisori”.

    M.B.

    • Firma - M.B.
  2. Condivido pienamente la lettera della signora Attolini!
    Signori politici per creare un’eccellenza e soprattutto mantenerne i costi di gestione avete sacrificato il benessere delle “minoranze”.
    Invito i montanari a scrivere il loro pensiero ed insistere, siamo “pochi ma buoni e tosti” non dobbiamo mollare, non facciamone una questione di colore politico, ma una nostra esigenza e un nostro diritto.

    G. Vigani

    • Firma - G. Vigani