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Andando indietro negli anni con la memoria, allorché il Cavaliere “scese in campo”, riscuotendo un ragguardevole consenso elettorale, ci fu chi ne rimase parecchio “stizzito”, al punto da gridare al populismo, deriva plebiscitaria, “cesarismo”, “bonapartismo”, e chi più ne ha più ne metta, mentre si stava più semplicemente affermando o consolidando il leaderismo, peraltro già inaugurato con la elezione diretta del Sindaco - e all’epoca anche del Presidente della Provincia - a far data se non erro dal 1993, e un poco più tardi sarà pure la volta del Presidente della Regione (a venir eletto con suffragio diretto).
E’ infatti abbastanza intuitivo che nella elezione diretta - o laddove i simboli dei partiti o formazioni in campo riportano anche il nome di chi ne è la guida - si fa soprattutto affidamento sulle qualità e sul “carisma” del candidato ad una delle cariche volta a volta in causa, e mi sembra che oggi il cosiddetto leaderismo abbia ormai preso piede in tutte le forze e componenti politiche, o nei movimenti che in qualche modo si riconducono alla vita politica (in poche parole al Cavaliere non sono mancati gli “emulatori”, o ha fatto proseliti, senza che si destasse il “rumore” a lui riservato dai “politicamente corretti”).
IL LEADERISMO HA FATTO SEGUITO AL CROLLO DELLA PRIMA REPUBBLICA
Se andiamo in ordine cronologico, viene da constatare che il leaderismo, ossia la crescente personalizzazione del confronto politico, ha fatto seguito al “crollo” della Prima Repubblica, e alla scomparsa dei partiti identitari di un tempo, e del resto l’intento di colmare in fretta il vuoto politico che si venne a determinare con quel “crollo” poteva riuscire soltanto a personalità di spicco e di prestigio, e dotate anche di mezzi, perché i tempi per “ricomporre le fila” nel modo classico e tradizionale, ammesso di riuscirvi, sarebbero stati troppo lunghi (e le elezioni politiche del marzo 1994 erano alle porte).
Per venire alle vicende più recenti, al leader leghista viene rimproverata la personalizzazione del voto in Emilia Romagna, come se ciò non fosse ormai una “regola” o consuetudine generalizzata, e che ha d’altronde un precedente piuttosto noto nel Referendum costituzionale del dicembre 2016, e anche il voto disgiunto, molto gettonato e sollecitato in queste elezioni regionali, onde far convergere i consensi sul candidato Presidente - pur se di altro schieramento politico - non mi pare essere qualcosa di molto diverso dalla “personalizzazione” del voto (a meno che qualcuno dimostri il contrario).
VOTO DIGIUNTO E PRESIDENZIALISMO
Mi verrebbe altresì da aggiungere che la “tecnica” del voto disgiunto rientra nella logica presidenzialista, visto che tende a privilegiare il candidato Presidente, almeno così è stata intesa, e può dunque sorprendere il constatare che i più convinti sostenitori del voto disgiunto sono parsi essere, in questa occasione, gli appartenenti al versante politico che non ha mai condiviso l’idea del presidenzialismo, a livello nazionale, il che a me sembra alquanto contraddittorio (ma forse io sono “fazioso”, come mi ha ultimamente definito un commentatore di Redacon, e qualcuno più obiettivo di me potrà smontare questa mia tesi).
(PB)
Alle considerazioni tutte da condividere di PB aggiungo che ,come rilevato da varie parti,si fa sempre più urgente la necessità dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica,specialmente dopo le squallide esibizioni della primavera del 2013(quando il Parlamento chiese in ginocchio ad un Napolitano quasi novantenne e riluttante di accettare il bis)e del gennaio del 2015(quando il successore fu deciso da una persona sola,l’allora premier Renzi che disse,parafrasando il Vangelo:”non avrete altro candidato all’infuori di Mattarella”)
likud
Interessante la sua analisi e la si puo’ applicare anche nel post-elezioni; infatti la candidata alla presidenza Borgonzoni anche a elezioni avvenute si farà guidare (ancora una volta )dal leader del suo partito e a quanto pare abbandonerà l opposizione in consiglio regionale per tornare a Roma. Chissà se ne sono contenti i suoi elettori…ma ormai…
https://www.google.com/amp/s/www.nextquotidiano.it/lucia-borgonzoni-resta-senato-no-emilia-romagna/amp/
IC
Con riferimento alle parole di “likud”, anch’io vedrei di massima con favore il passaggio ad un presidenzialismo reale, rispetto a ciò che attualmente pare esserlo divenuto di fatto – almeno secondo il parere di tanti – e anche perché mi sembra che l’innegabile affermarsi del leaderismo dia l’idea che nel sentire comune si sia fatta strada una certa qual propensione per forme di governo tendenti al carattere presidenziale.
Credo nel contempo che occorrerebbero adeguati contrappesi, che io immagino traducibili nel bicameralismo paritario, e in un meccanismo elettorale dove le liste o coalizioni che sostengono il candidato Presidente siano elette in maniera proporzionale, e con preferenze, il che darebbe agli eletti una indubbia forza, pur senza il rischio di pregiudicare o indebolire l’azione del Presidente (in forza delle sue prerogative)..
Si abbinerebbe così governabilità e rappresentanza, anche senza penalizzare i partiti “minori” con soglie di sbarramento elevate, posto che ove non ricevessero un minimo di consenso non otterrebbero alcun rappresentante, e la questione “voto utile”, ossia il timore per l’elettore di disperdere il voto qualora il proprio partito non raggiungesse la soglia minima, può essere superata se i voti restano comunque all’interno della coalizione.
P.B. 04.02.2020
P.B.