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I racconti dell’Elda 33 / L’asilo delle suore (ora Mater Dei)

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Asilo 1956

Questa volta vi voglio raccontare dell’asilo delle suore, tanti di voi lo hanno frequentato e lo ricorderanno, chi con piacere e chi no.

La scuola materna a Castelnovo risale già al 1867 e forse prima ancora, il che ne fa una delle più antiche della provincia in assoluto.

Tutto cominciò con don Francesco Riccò nel lontano 1854, quando inoltrò domanda per aprire un Educandato Femminile tenuto dalle suore ove venivano formate le ragazzine che dovevano affrontare la vita e formarsi una famiglia.

Poi nel lontano 1862 venne aperta la scuola primaria femminile strutturata su quattro classi, 1° inferiore, 1° superiore, seconda e terza, tutto questo era stato affidato alle suore della carità di San Vincenzo de Paoli di origine savoiarda.

Il 26 gennaio 1869 venne riconosciuto ufficialmente anche l’asilo, ma già molto prima venivano accolti da queste suore anche bambini di età inferiore ai sei anni. Pur variando di anno in anno, risulta che nel 1869 quest’asilo veniva frequentato da 112 bambini, 58 maschi e 60 femmine.

L’Educandato e relativa scuola restò a Bagnolo nell’attuale Polivalente, poi le suore di San Vincenzo vennero richiamate alla casa madre e vennero sostituite dalle Salesiane di San Giovanni Bosco. Queste erano quelle che mia madre ricordava con affetto, specialmente suor Gentile che insegnava il cucito e il ricamo; diceva che era sempre allegra, cantava, correva, saltava come un capretto prendendo parte ai loro giochi.

Nel 1923 le suore venivano estromesse dall’insegnamento, erano arrivate le maestre e loro si trasferirono in Piazza d’Armi in una vecchia costruzione donata dai fratelli Rabotti.

Tutto questo e molto di più l’ha scritto un grande studioso della nostra storia locale e ricercatore castelnovese, Corrado Giansoldati, che nella sua breve vita ci ha lasciato un meraviglioso volume storico “La Pieve di Castelnovo ne’ Monti”.

Natale 1963

Nel 1926 queste suore vennero sostituite dalle Figlie della Croce, congregazione di origine francese e queste sono quelle che ho conosciuto e frequentato io, ricordo benissimo che fra loro parlavano in francese, queste sono poi rimaste ad animare la scuola materna fino al 1994.

Io ho amato l’asilo di Piazza d’Armi, dovete sapere che non avevo ancora sette anni, il pomeriggio quando uscivo da scuola, mi mandavano da suor Giulia per imparare a tenere l’ago in mano. Lei è stata per me una grande insegnante oltre a farmi imparare l’orlo a giorno, mi ha fatto amare la lettura:

“Elda sei stanca? Leggi, leggi ad alta voce, noi ti ascoltiamo mentre le nostre mani lavorano”.

Poi delicatamente inseriva la chiave nella serratura e apriva una piccola libreria che assomigliava a una nicchia racchiusa da due ante di vetro, come se aprisse un reliquiario, prendeva un libro e me lo appoggiava sul tavolo da lavoro con molta attenzione.

Sei anni erano pochi e io mi stancavo a fare “orlo a giorno” tutto il pomeriggio e lei questo lo capiva. Anche se molto piccola leggevo già molto bene avevo imparato a farlo a quattro anni su un libro di quarta di un mio fratello. Allora cominciavo ad aprire delicatamente questi grossi libri che mi affascinavano: La tragedia di Monterhon, Cime Tempestose, i Miserabili, oppure altri più semplici come quelli di Dellj. Naturalmente erano letture a puntate, come ora seguiamo le telenovelas in televisione, solo che le nostre erano più belle, perché usavi la tua fantasia la tua immaginazione, gli scenari erano meravigliosi e i protagonisti li vedevi bellissimi.

Altre volte quando ero stanca chiedevo il permesso e scendevo dove c’era la vecchia madre superiora “suor Cecilia” che stava coi bambini dell’asilo e mi accoglieva con un sorriso benevolo composto da qualche finestrella aperta e le pantofolone di panno grigio che spuntavano furi dalla lunga veste nera e la bellissima cuffia bianca inamidata che per guardarla in viso mi ci infilavo dentro col muso, lei mi faceva una carezza sulla testa:

Natale 1963

“Sei qui Lulù?”

Chiamava tutte le bimbe con quel vezzeggiativo, certo che ero lì, mi trovavo molto meglio coi bimbi piccoli che in mezzo a quel gruppo di ragazzotte che si preparavano il corredo per le nozze, fra bisbigli, sospiri e risatine strane e intanto accarezzavo quei grossi rosari che le pendevano dalla cinta erano lunghi quasi come il vestito, mi piaceva tanto quel Crocifisso che penzolava in mezzo ai grani.

Poi crescevo, ma l’asilo mi piaceva ancora, allora si trovava ancora là di fronte ai lavatoi pubblici dove si trovava anche la bottega da marangone di mio padre e dove Campari aveva aperto un forno che spandeva i profumi dolciastri delle sue veneziane ricoperte da granellini di zucchero su tutta la piazzetta e sopra di lui Guido Ficcarelli aveva aperto uno studio fotografico e c’era sempre gente che saliva o scendeva le scale, mentre i fratelli “Bagaràn” battevano il ferro incandescente sfornato dalla loro fucina e ne ricavavano stupende foglie o fiori e ti giungeva all’orecchio il chiacchierio delle lavandaie, mentre sbattevano i panni sull’asse di granito dei lavatoi.

E’ stato in quel periodo che io andavo ad aiutare le suore dell’asilo, il mio adesso lo chiamereste volontariato, ma io lo facevo così, solo perché mi piaceva stare fra i bambini, raccontare loro storie, fare il girotondo con loro… “Lascia che passa la bella pecorina quando cammina la fa beh…beh…”, poi questo mi faceva sentire meno sola, c’è sempre stato un periodo nella nostra adolescenza che ci siamo sentiti soli e incompresi, ma poi passa e non te lo ricordi più.

Il 6 ottobre 1957 l’asilo venne trasferito in viale Enzo Bagnoli in una struttura nuovissima voluta e donata dall’ onorevole Marconi con annesso grande parco e le suore si trasferirono lì dove il loro asilo prendeva il nome di scuola materna “Mater Dei” e loro finalmente trovavano un ambiente riscaldato, suor Giulia poteva lavorare senza i mezzi guanti neri che le lasciavano scoperte le punta delle dita e anche i bambini potevano frequentare un ambiente sano, pulito, arioso. Negli anni si sono susseguite parecchie suore, certe dolci e comprensive certe molto più severe, però tutte brave nell’educare i nostri figli.

Chi non ricorda il Natale rappresentato dai nostri figli negli anni sessanta? Bello commovente anche se due angeli birichini cercavano di fare a botte fra di loro sul tetto della grotta, guardate bene nelle foto cosa erano capaci di fare queste suore, naturalmente con l’aiuto dei genitori, io cucii tutti i vestiti degli angeli, poi altri confezionarono le ali e le stelle che ornavano la fronte e aiutarono le suore ad allestire   questa meravigliosa grotta. Guardate, ritroverete i vostri faccini ancora ingenui lì.

In quegli anni ero già sposata con due bambini che portavo dalle mie suore in questa nuova costruzione. Scendevo da casa spingendo un passeggino, la piccola di due anni seduta su questo, mentre il maggiore quattro anni, dritto coi piedi ben piantati sull’asse delle ruote dietro. Da casa nostra al Mater Dei era un bel tragitto, ma in quel modo lì era molto più veloce che trascinarli per mano, poi parcheggiavo il carrozzino e tornavo velocemente a casa, diciamo che per me era una buona palestra prima di sedermi tutto il giorno davanti alla macchina da cucire che mi aspettava.

Il pomeriggio poi se mio marito era assente per lavoro, trovavo laggiù il mio mezzo di trasporto, ma il ritorno era più difficile, spingere quel prezioso carico su per la salita del cimitero era abbastanza dura, ma poi a un certo punto il più grande scendeva e si faceva trascinare, mentre la piccolina si assopiva.

Tempi lontani pieni di forza fisica e mentale e pieni di progetti.

Infine i figli che poi erano diventati tre, erano cresciuti in fretta, troppo in fretta e io certe volte la domenica pomeriggio passavo a salutare suor Giulia che si illuminava, mentre continuava a strofinare il Calice della chiesetta e con una lucidità incredibile mi chiedeva dei bambini nominandoli col loro nome, chiedeva anche del più piccolo, che poi non era stato un gran frequentatore dell’asilo, sebbene ai suoi tempi facesse già servizio un pulmino, però suor Giulia lo ricordava lo stesso.

L’anno scorso mi hanno chiamato in questo Mater Dei per raccontare ai bambini più grandicelli, le favole di una volta e insegnare loro una filastrocca in dialetto.

Credetemi i bambini sono sempre uguali a quelli di una volta, purtroppo siamo noi che siamo cambiati, abbiamo procurato loro una baby-sitter chiamata tv, poi abbiamo messo nelle loro mani giochi elettronici, telefonini ecc…che fanno solo stancare la vista, togliendo loro la fantasia e la manualità, la scoperta delle cose vere che ci offre la natura, guardare e cogliere fiori di campo o fragole di bosco, toccare e impastare il fango, scalare un sasso e mettersi seduti lì sopra, aiutarli a salire su un alberello, conoscere i vari uccelli, insetti e animaletti che ci circondano, guardare le formiche che trasportano una foglia, quante cose non vedono più.

Voi direte che non avete tempo, lo so, ma se trovate un’ora per la palestra, o una per il caffè e le quattro chiacchiere al bar, o un’altra per un “Happy Hour”, ma sì parliamo pure anche inglese, comunque grattando un po’di tempo qua e là forse trovate qualche minuto anche per i vostri bambini, se non volete poi trovarvi dei ragazzini fragili non capaci di superare le prime difficoltà della vita.

Oppure, riusciremo a tenerli sempre in questo mondo artificiale che noi abbiamo procurato loro? Sarà un po’ difficile.

Elda Zannini

 

5 COMMENTS

  1. Non ho ricordi dell’asilo di Piazza d’armi, forse ero veramente troppo piccola, ma tanti dell’asilo Mater Dei o meglio, tanti momenti, le scodelle di plastica e il cestino, il teatro, la corsa da casa mia, tutti prati, solo v.le Enzo Bagnoli che attraversavo con l’aiuto di mio zio Abele, le stanze con i lettini, i giochi in quella bella aula piena di sole e suor Giovanna…e i fruttini incartati in una pellicola trasparente. e…Veramente la ringrazio signora Elda dei ricordi che mi ha risvegliato, un tempo sicuramente felice almeno per me. P.S. nella foto di gruppo ci sono anch’io.

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