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SocialMonti/ Cosa accade nel nostro inconscio durante questa quarantena? Lo chiediamo ad Augusto Gentili, psichiatra jughiano

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Questa rubrica vuole essere un luogo di spunti per stimolare una riflessione corale e collettiva su temi di attualità. L’idea è quella di partire dal nostro territorio verso cerchi più ampi, o vice versa ascoltare gli echi lontani e portarceli vicini.

La pandemia e la lunga quarantena adottata nel tentativo di contenerla hanno un effetto sulla nostra psiche e provocano reazioni sia sul piano conscio che inconscio.

Il dottor Augusto Gentili

Ne parliamo con il dottor Augusto Gentili, di Casina, medico psichiatra e psicoterapeuta junghiano, autore di diversi libri e persona di grande cultura.

Dottor Gentili, dobbiamo ritenerci in guerra?

Sul piano psichico questa situazione è diversa da "una guerra ". La guerra ha un volto nel nemico, ha un fuori, un luogo, un fronte, una retroguardia, e mette in atto dinamiche proiettive razionalizzanti che preservano sostanzialmente l'integrità dell'Io. Nel contesto attuale il nemico è  invisibile:  può essere dentro di noi, può essere dentro i nostri familiari , io posso contagiare loro, loro possono contagiare me; si attivano quindi dinamiche psicologiche pervasive, insidiose che possono provocare reazioni depressive e /o psicoidi  con sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione. Vulnerabili sono poi le persone che hanno una struttura di personalità di tipo ossessivo: mi lavo le mani  bene per 20 secondi come raccomandano. Basterà? Ho poi toccato la maniglia della porta sarà pulita? Mi rilavo le mani? Inavvertitamente mi sono toccato il naso. E adesso? Le mani erano abbastanza pulite? Mi sento la testa calda. Avrò la febbre? Mi sembra di far fatica  a respirare... Tutte situazioni che possono esitare in attacchi di panico.

Come si esprime il nostro inconscio nei sogni in questo periodo?

Riguardo ai sogni ci sono piccoli sogni-incubi in cui il corona virus  assume aspetti zoomorfi e per fortuna anche grandi sogni archetipici correlati al nostro inconscio collettivo, in cui l'umano che è in noi ci porta a dare solidarietà, vicinanza (che compensa la distanza geometrica) e protezione per noi stessi e per il prossimo.

Quali rischi corre la nostra salute psicologica?

Penso che il rischio in questo contesto sia di regredire a una visione nichilistica della vita (da nihil: niente), con gratificazioni nocive quali eccesso di cibo, abuso di alcol , di psicofarmaci, soprattutto ansiolitici senza un diretto controllo medico, e pure l'uso di cannabinoidi.

Qualche suggerimento per fronteggiare questi rischi?

Occorre, penso, organizzare le nostre giornate più sul tempo dell'Io che sul tempo del mondo (es. rivolgere l'attenzione alla propria interiorità scrivendo i sogni che facciamo, andando a rovistare tra vecchi album di fotografie, leggendo un libro,..), mettendoci insomma in contatto con il nostro tempo interno senza subire il forzato rallentamento di quello esterno. E' chiaro che le persone che hanno "naturalmente " un atteggiamento introverso si troveranno meglio di quelle predisposte all'estroversione  che hanno un bisogno vitale di incontri , di rapporti interpersonali ed emozioni empatiche dirette. D'altra parte può comunque essere un'occasione, seppur tristemente forzata, per cambiare abitudini, coazioni a ripetere e scoprire aspetti di noi che ci sorprendono positivamente .

Cosa direbbero Freud e Jung di questa situazione?

Forse Jung ci  rammenterebbe la nostra fragilità e la nostra mortalità, e ci inviterebbe a chiederci, a cercare il senso del nostro esistere. Su Freud mi piace pensare che riprenderebbe questo commento riportato ne "Il disagio della civiltà " (1929!): "Non ci si può sottrarre all'impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirano per sé al potere, al successo, alla ricchezza, e ammirino queste cose negli altri, sottovalutando i veri valori della vita."

Vorrei infine ricordare tutte quelle persone che purtroppo sono morte in solitudine senza quei gesti sacri che sono: aver vicino un familiare che ti accompagna, che ti prende la mano, che ti sussurra parole d'amore; quei gesti che ti permettono poi l'elaborazione del lutto che invece rimane  sospeso e può innescare angoscia e depressione.

(Ameya Canovi *)

 

*Ameya Gabriella Canovi è PhD, docente e psicologa, si occupa di relazioni e dipendenze affettive. Da poco ha terminato un dottorato di ricerca in ambito della psicologia dell’educazione studiando le emozioni in classe. Ha un sito e una pagina Facebook “Di troppo amore”.

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