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Criteri nella crisi del lavoro

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Da La Libertà, settimanale diocesano reggiano

Il Messaggio dei Vescovi per la Festa del Lavoro del 1° maggio 2020 è principalmente dedicato alla gravissima situazione che sta attraversando il Paese a causa dell’emergenza epidemiologica, con riflessi altrettanto pesanti nella dimensione lavorativa.

“L’emergenza seguita alla diffusione del Covid- 19 ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile. Ci ha fatto comprendere quanto è importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità. L’emergenza sanitaria porta con sé una nuova emergenza economica. Nulla sarà come prima per le famiglie che hanno subito perdite umane. Nulla sarà come prima per chi è stremato dai sacrifici in quanto operatore sanitario. Nulla sarà come prima anche per il mondo del lavoro, che ha prima rallentato e poi ha visto fermarsi la propria attività. Già si contano danni importanti, soprattutto per gli imprenditori che in questi anni hanno investito per creare lavoro e si trovano ora sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro della loro azienda. Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani. (…) Nulla sarà come prima per tutte le realtà del Terzo settore e particolarmente quelle afferenti al mondo ecclesiale (…)”.

Perché possiamo aspettarci che nulla sarà più come prima? Questo è stato e sarà per diverso tempo un momento di crisi.

La parola “crisi” nel suo originario significato etimologico, che è quello di “separare” e “decidere”, ci indica che questo tempo porta dentro di sé l’opportunità per un importante e delicato momento di discernimento.

Il mondo del lavoro sarà quello che certamente subirà i contraccolpi maggiori di questo processo. Una situazione simile si era già presentata nel corso della crisi finanziaria del 2008-2009; in questo caso, una crisi di origine diversa, cioè non strettamente dovuta a motivi finanziari, ha colpito e colpirà per diverso tempo, svelando anche i possibili rischi che i processi di globalizzazione presentano, uniti alle opportunità.

In questo difficile contesto come potremo aiutare i giovani, le famiglie e tutti i lavoratori a far fronte a questo momento?

Come aiutarli a stare dentro a questa situazione in modo cristiano?

Se la crisi è infatti un momento in cui bisogna scegliere per poter andare avanti, è necessario avere dei criteri e degli orientamenti.

Diversi sono i compiti a cui siamo chiamati come Chiesa: uno di questi è quello di saper fare una lettura di quello che la realtà ci sta proponendo.

Uno strumento a disposizione è sicuramente tutto il patrimonio che nel tempo la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) ha accumulato proprio sul tema del lavoro.

In più occasioni essa ha infatti messo in evidenza che “il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo: un bene utile, degno di lui perché adatto appunto ad esprimere e ad accrescere la dignità umana.

La Chiesa insegna il valore del lavoro non solo perché esso è sempre personale, ma anche per il carattere di necessità. Il lavoro è necessario per formare e mantenere una famiglia, per avere diritto alla proprietà, per contribuire al bene comune della famiglia umana. La considerazione delle implicazioni morali che la questione del lavoro comporta nella vita sociale induce la Chiesa ad additare la disoccupazione come una «vera calamità sociale», soprattutto in relazione alle giovani generazioni” (CDSC, 287).

Proprio in questo periodo abbiamo sotto gli occhi alcune caratteristiche del lavoro che la stessa DSC insegna: in primo luogo, il fatto che siamo tutti interdipendenti.

Se qualcuno smette di lavorare, tanti ne subiscono conseguenze. Ci siamo resi conto di quanto sia importante la dimensione relazione della persona umana.

Inoltre, se è vero che alcuni lavori in questo periodo possono risultare più rilevanti e cruciali per la salute pubblica come quelli nel settore sanitario, tutti i diversi comparti lavorativi hanno messo in campo passione e spirito di iniziativa per adattarsi a fornire il proprio servizio in maniera diversa e creativa.

Ognuno nel proprio ambito ha fornito esempi di quello che significhi mettersi a servizio del bene comune: aiutare gli altri raggiungere la propria perfezione, il proprio compimento.

Da ultimo, anche se in diversa misura, ogni tipo di lavoro ha dovuto interfacciarsi maggiormente con gli strumenti tecnologici.

Se da un lato questa necessità ha favorito quella che prima abbiamo chiamato dimensione relazionale della persona, non possiamo però nascondere certi effetti negativi che un’overdose

di tecnologie nelle nostre vite può portare.

Non possiamo quindi esulare dalla domanda: che uso dobbiamo fare di tutte queste opportunità che la tecnologia ci offre?

Lo smart working che molti hanno sperimentato è certamente utile e da incoraggiare ma si riuscirà a rispettare i tempi di vita e di lavoro altrettanto facilmente?

Sono domande a cui bisognerà dare risposte, soprattutto per le famiglie.

Generalizzando possiamo infatti dire che, in molti ambiti, le emergenze dei nostri giorni non stanno che acutizzando un problema più profondo che riguarda la dimensione etica e culturale, ovvero l’orientamento alla persona. Abbiamo bisogno e l’opportunità di ricostruire un’economia che, nell’orizzonte dei principi e dei valori elaborati dalla Dottrina sociale alla luce del Vangelo, metta al centro la persona.

Passando poi a un ambito più operativo, un altro compito a cui siamo chiamati è quello di provare a immaginare alcune soluzioni per la riorganizzazione del mondo del lavoro.

In questo contesto estremamente difficile dove si mescolano gravi insidie e flebili speranze abbiamo sempre più bisogno di competenze culturali e politiche all’altezza della sfida, per cogliere gli elementi fondamentali e guidare nel modo più efficace le nostre comunità e il Paese in questo difficile percorso.

In particolare, di fronte a scenari non incoraggianti per l’economia nazionale e internazionale, può assumere importanza la costruzione di politiche di intervento che promuovano gli investimenti in tre direzioni fondamentali già emerse anche di recente nella riflessione ecclesiale: favorire la creazione di nuova occupazione; frenare la corsa al ribasso sul costo del lavoro incoraggiando iniziative di formazione; favorire l’inclusione lavorativa di chi è scartato ed escluso.

In merito alla creazione di nuova occupazione, due sono le azioni prioritariamente individuate: da un lato rimuovere gli ostacoli, in particolare di natura burocratica, che possono soffocare le buone idee imprenditoriali e, dall’altro, potenziare gli strumenti orientati a favorire la competitività delle imprese senza la quale, oggi, difficilmente si generano nuove opportunità occupazionali e soprattutto sostenibili nel tempo.

Un secondo ambito particolarmente importante riguarda la formazione, l’istruzione e le competenze per favorire la riqualificazione del lavoro. Come sottolineato nel Messaggio dei Vescovi lo scorso anno “l’umanità diventerà una delle chiavi di successo principali dei mondi del lavoro futuri, perché l’arte della collaborazione (fatta di fiducia, cura interpersonale, reciprocità, prossimità), i servizi alla persona e le relazioni saranno sempre più qualificanti e decisive. La capacità di fare squadra, producendo capitale sociale, sarà una delle chiavi del successo professionale e assieme della fioritura umana e spirituale della vita”.

Da ultimo, sarà cruciale considerare le persone che in questa fase si troveranno in difficoltà a procurarsi un lavoro se già disoccupate o persone che per motivi di inevitabile cambiamento strutturale dell’economia dovranno far fronte a un riadattamento della propria mansione o addirittura ad un cambio di lavoro non pianificato. Spesso sono persone già mature anagraficamente e professionalmente, non preparate ad affrontare un repentino e radicale cambiamento di vita o di regime economico o di status professionale, sia in termini individuali che in termini relazionali, per esempio connesso a legami e responsabilità familiari. L’approccio da seguire, che potrà essere realizzato creando le opportune condizioni regolative, sarà quello di creare le premesse per cui anche chi si trova ai margini della vita sociale possa avere modo di sentirsi parte della produttiva del Paese.

C’è spazio quindi per trovare soluzioni, attraverso le quali, valorizzando un gioco di squadra tra istituzioni, imprese, famiglie e terzo settore, la dignità dell’uomo possa essere dispiegata nella generazione di “lavoro libero, creativo e solidale” in modo da coltivare crescente sintonia con gli altri contesti sociali in cui la persona esprime la propria dignità: la famiglia, la comunità, il territorio e l’ambiente, nell’ottica di un autentico “sviluppo umano integrale”.

In questi compiti ardui a cui siamo chiamati chiediamo ispirazione e protezione a san Giuseppe lavoratore a cui è dedicata la festa del primo maggio, così come la chiediamo a Maria nel giorno dell’inaugurazione del mese a lei dedicato ricordandoci sempre che è la dimensione trascendentale quella che veramente fonda e illumina il valore della persona così come la DSC lo intende.

Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro