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I racconti dell’Elda 43 / Il Passatore

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Sapete che ogni tanto vi faccio sorridere con le vicissitudini della mia famiglia, oggi vi voglio raccontare questa storia, cioè come mi sono trovata "imparentata" con questo personaggio il “Passatore”, figura di un efferato bandito, che poi hanno collaborato a farne diventare un mito, scrittori, commediografi e poeti come Giovanni Pascoli:

Romagna solatia dolce paese

Ove regnarono i Guidi e i Malatesta

Cui tenne pure il Passator cortese

Re della strada e re della foresta.

Forse tanto cortese non lo fu, almeno con gli uomini, con le donne ebbe un’altra fama, raccontavano che le mogli delle vittime si invaghivano di lui e gli si concedevano con facilità ammaliate dalla sua galanteria “o forse erano riconoscenti per averle liberate dalla tirannia coniugale?” Si macchiò di terribili delitti, come capo di una banda formata da circa cento uomini che avevano aderito per fame e ingiustizie ricevute in quei lontani anni verso la metà dell’ottocento, dove in Romagna spadroneggiavano le Legazioni Pontificie.

Questo Passatore, ossia Stefano Pelloni nato a Boncellino di Bagnacavallo il 4/8/1824 ultimo di dieci fratelli, a soli ventidue anni fu condannato per omicidio preterintenzionale, durante una rissa sul sagrato della chiesa, scagliando un sasso, colpì alla testa una donna incinta che era seduta su un muretto uccidendola.

Fu condannato a quattro anni di lavori forzati, ma mentre lo conducevano ad Ancona riuscì ad evadere e poi raccontavano che l’aveva rifatto anche altre volte, così la sua condanna aumentava ogni volta. Datosi alla macchia entrò a far parte di un gruppo di banditi e divenne per questi un’importantissima figura, il gruppo divenne in breve una banda audace e violenta, formata da circa cento uomini che operò per qualche anno nelle Legazioni Pontificie.

Era intelligente e astuto, veniva descritto come persona di bell’aspetto, ma con uno sguardo truce, aveva studiato qualche anno in una scuola privata tenuta dai preti, poi ne era uscito dopo pochi anni e qualche bocciatura schifato e dicevano che alla sua banda avevano aderito anche certi reverendi e qualche guardia pontificia.

Prima però, per qualche tempo, aiutò il padre che per mestiere trasbordava le persone da una riva all’altra del fiume Lamone, da qui il soprannome al “Pasadòr”, difatti lui una volta diventato bandito si presentava come “Stuvanen d’è Pasadòr”, cioè Stefano figlio del Passatore.

La povera gente lo ammirava per le sue imprese, lui rubava e uccideva i ricchi poi una manciata di monete la dava ai poveri, usando così la sua furbizia per farsi benvolere da loro e ricevere informazioni e protezione, intanto in quel modo si faceva la fama da “Robin Hood” romagnolo.

Ne combinò di cotte e di crude, col suo gruppo fece vere e proprie occupazioni militari nei vari paesi della bassa Romagna, la più famosa e feroce fu quella di Forlimpopoli nel gennaio del 1851; fra le famiglie rapinate ci fu quella di Pellegrino Artusi e la sorella di questi, Gertrude, venne violentata da alcuni di questi banditi, e lei impazzì per lo choc. Lo stesso Artusi riconobbe fra i banditi che circolavano in paese, don Pietro Valgimigli detto “don Siffelone”, parroco di San Valentino presso Tredozio, che era un’intelligenza al fianco del Passatore, altre persone lo avevano riconosciuto. (Non facciamoci caso di questo, anche noi abbiamo avuto preti che hanno imbracciato le armi e questo certamente non l’avevano imparato sul Vangelo).

Poi finalmente nel marzo del 1851 fu braccato dalle guardie Pontificie e nel conflitto a fuoco fu ucciso. Aveva solo 27 anni, in questo modo finì la sua vita e la sua rivolta verso gli oppressori di quel tempo, in soli cinque anni era riuscito a tenere in scacco le varie signorie e a portare la popolazione dalla sua parte, al giorno d’oggi tutto questo, l’avrebbero chiamata rivoluzione.

Morto lo portarono in giro su un carretto e lo mostrarono a tutta la Romagna per far sapere alla gente che non esisteva più e mia suocera mi raccontava che quando lo fecero vedere a sua madre, lei col cuore che le sanguinava ebbe uno scatto di fierezza e alzando il capo disse:

“Vi siete sbagliati questo non è mio figlio è un altro, mio figlio è ancora libero nella foresta”.

Tutto questo l’ho scritto per fare un po’ di luce sul titolo di questo racconto.

Nel lontano novembre 1993 ci recammo a Dogato di Migliarino “Ferrara”, era venuto a mancare il padre di mio marito, che fra l’altro lui l’aveva rivisto e praticamente conosciuto dopo più di trent’anni, dal momento che la madre si era separata da lui dopo pochi anni di matrimonio e si era stabilita a centinaia di chilometri coi due figli.

La Giacinta, sorella di mio marito, ma figlia di secondo letto, ci accompagnò al cimitero per visitare la tomba, poi ci accompagnò dove erano sepolti i nonni di mio marito, che lui ricordava vagamente. Ecco davanti a questa tomba leggo: Colombani Antonio e Pelloni Maria Luigia e subito dico:

“Si chiamava come la mamma del Passatore, stesso cognome e stesso nome (Maria Luigia).

Mi rispondono:

“Sì veniva dalla Romagna dalle parti di Bagnacavallo”.

Questa combinazione ogni tanto mi tornava in mente, anche Stefano Pelloni era nato in quel paese ed era il decimo di una grande famiglia, chissà che questa Maria Luigia nata nel 1868, non portasse il nome della nonna o della bisnonna, una volta era molto in uso “ricreare” i vecchi nomi dei famigliari e come vi ho detto il Passatore aveva altri nove fratelli.

Comunque questo dubbio mi insegue ancora, forse nella mia famiglia scorre lo stesso sangue del Passatore? Tranquilli!... Se caso mai fosse così nella genetica è rimasta solo la galanteria, non ho mai fatto ricerche approfondite su questa presunta parentela, ho sempre avuto altre cose più importanti da fare, ogni tanto la tiravo fuori ai miei figli e quando glielo raccontavo la prendevano sempre come una delle tante fole che raccontavo loro quando erano piccoli e che adesso ogni tanto, mi diverto a raccontarle anche a voi.

Elda Zannini

Mi raccomando il 2 luglio tutti alla Pietra a pregare la Madonna io vi aspetto davanti a casa mia.

7 COMMENTS

  1. Signora Elda è già arrivata al numero 43 e il numero 50 è un traguardo troppo imminente. Per allietarci con i suoi racconti credo che dovrà spostarlo un po’ più avanti. Attendiamo la raccolta. Nel frattempo le auguro buona vita.

    Paola Bizzarri

    • Firma - Paola Bizzarri