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Appennino, ma dobbiamo essere ottimisti o pessimisti?

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Gli avvenimenti di questa prima metà del 2020 lasciano, almeno nel mio pensiero un dilemma, in riferimento al futuro del nostro territorio montano, e cioè: ottimista o pessimista?

Mi pare di poter notare come due eventi , pur  diversissimi fra loro,  quali

  1. il risultato delle elezioni Regionali, dove le forze di governo hanno subito , in tutto l’arco appenninico, una sonora battuta d’arresto;
  2. la chiusura per corona virus, dove i centri urbani cittadini hanno vissuto con più fatica rispetto ai borghi appenninici;

abbiano contribuito a rendere l’Appennino maggiormente “ centrale “ nel comune sentire della politica e dei cittadini.

Mi pare onesto riconoscere che il Parco nazionale e l’area Mab Unesco, rispettivamente presieduto e coordinato dal sentatore Fausto Giovannelli, con alcuni convegni e prese di posizione abbia inteso cogliere questa nuova “centralità “ proponendo riflessioni  suggestive circa le risorse dell’Appennino e dell’area Mab Unesco  quali ad esempio la valorizzazione della nostra copertura boschiva o delle nostre emergenze storico-naturalistiche.

Anche altre organizzazioni come Confcooperative , col loro direttore  Giovanni Teneggi, sono in campo con operatività e suggerimenti.

Stiamo inoltre apprezzando una intensa opera di infrastrutturazione dei nostri paesi con la posa della “banda larga”  in una zona dove la redditività dal punto di vista del gestore non promette grandissima redditività.

Abbiamo potuto apprezzare la posa in opera di una nuova, e finalmente degna, segnaletica della copiosa sentieristica montana da parte del Cai.

Diversi spunti  quindi sul versante dell’ottimismo.

D’altro canto dobbiamo constatare  che nel  territorio più ampiamente inteso persistono elementi gravi  di degrado, di incuria,  che non rendono percepibile questa “centralità”!

Faccio un piccolissimo esempio (molto limitato) , ma che aiuta a rendere in breve l’idea.

Abitando chi scrive a Busana, mi capita di percorrere, a piedi, il tratto di tre km tra Busana e Nismmozza, ed ecco cosa noto lungo questo brevissimo tratto di ss 63:

  • frane incipienti che minacciano la SS. stessa
  • muri di sostegno a lato della strada cadenti in vari punti;
  • rappezzi su rappezzi di asfalto per cui la sede stradale è ormai a livello di vecchi guardrail assolutamente fuori  norma ;
  • cunette lungo le quali ben difficilmente può scorrere l’acqua piovana;
  • segnaletica orizzontale in molti punti inesistente;
  • piante nella vegetazione circostante invase da rovi e infestanti vari;
  • castagneti a monte e a valle in assoluto degrado.

Se moltiplichiamo, questo semplice punto di osservazione nelle migliaia di chilometri quadrati dell’Appennino le cui condizioni sono queste se non molto peggio, credo si possa facilmente dedurre come  crescano i motivi di pessimismo. E’ quindi necessario che la presunta “centralità”  si traduca in  interventi  tangibili di cura del territorio e delle sue infrastrutture, capaci di creare lavoro e occupazione.

Il pessimismo è maggiore se pensiamo che la mancata manutenzione del territorio si perpetua praticamente dalla fine della presenza capillare dei contadini e dei pastori, databile alla fine degli anni ’50 ed inizio anni ’60 del secolo scorso ci si può ben rendere conto della situazione, e volutamente sorvolo sulle ricadute in situazioni anche più complesse ed evidenti sui servizi, sulla vita sociale in montagna che sono ben noti.

In conclusione volendo io essere ottimista, faticando  a praticare l’ “ottimismo della ragione”, mi sforzo di praticare l’ “ottimismo della volontà”, in attesa che i segnali di attenzione verso il territorio appenninico  si facciano più concreti.

 

(Claudio Bucci)

1 COMMENT

  1. Rispetto alla questione “coronavirus” si nota ora un rinnovato interesse per le aree appenniniche ….però vorrei fare notare che finito il periodo estivo molti borghi torneranno purtroppo ad essere poco o scarsamente popolati, in particolare molti paesi dell alto crinale che in alcuni casi contano anche meno di 30 residenti stabili.
    Quindi giusta l osservazione sulle manutenzioni stradali ma non dimentichiamo che il problema centrale della montagna è lo spopolamento e il resto sono conseguenze di questo inequivocabile dato.

    IC

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