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I racconti dell’Elda 47 / Il Prof

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Il Prof  Giovanelli con le atlete del fondo

Questa volta vi voglio ricordare questo meraviglioso personaggio, che ho conosciuto quando ancora ero bambina.

Si chiamava Leardo Giovanelli, ma tutti lo chiamavano solo “Prof”, insegnante di educazione fisica nelle scuole del paese.

Partiamo con ordine com’è mio solito fare, avrò avuto sì e no tredici anni e la cosa che più mi attirava in quel periodo, era andare a vedere le partite di calcio al campo sportivo. Un giorno vi ho incontrato una mia ex compagna di scuola, era la più bella, la più fine, dal portamento elegante e in più parlava sempre in italiano molto corretto, vi dirò solo il suo nome si chiamava Paola, lei mi avvicinava e mi diceva:

“Vedi quello laggiù? Si chiama Leardo e mi piace da morire, poi te lo faccio conoscere”.

Le brillavano gli occhi come solo brillano agli adolescenti alla prima cotta.

Finita la partita correva giù vicino agli spogliatoi trascinandomi con lei, dopo poco usciva un ragazzino, poco più di un bambino, alto snello ben pettinato con la riga da una parte e la sola cosa che notavo in quel momento, erano i pantaloni blu che gli arrivavano sopra al ginocchio. Vi dirò, non lo trovai assolutamente super come me lo aveva dipinto lei, io già da allora ero attirata dai più grandi i bambini non li degnavo di uno sguardo.

Passò qualche anno e mi sono ritrovata a lavorare nella sartoria Giovanelli e quando ce n’era bisogno mi passavano a dare una mano in lavanderia dal momento che mi piaceva stirare e lo facevo bene come ancora lo faccio adesso. Ecco lì rivedevo quel bambino, che nel frattempo era cresciuto anche lui e si era fatto attraente e col suo modo di fare elegante ed educato mi allungava un paio di pantaloni di vigogna color cenere da rifarci la piega. Intanto si guardava nello specchietto appeso alla parete e si aggiustava il ciuffo, notavo che non aveva cambiato pettinatura niente di più.

Nel frattempo si affacciava alla lavanderia anche un suo cuginetto, sorridente, giocoso, con un grappolo di riccioli biondi che gli ricadeva sulla fronte, si chiamava Fausto e stava scappando da sotto le mani della madre, che lo rincorreva col pettine in mano tentando di riordinargli quel grappolo, o forse era una scusa per potergli fare una carezza.

Passarono gli anni, quando hai quell’età ti sembra che il tempo non passi mai, poi più tardi ti accorgi che invece è volato. Nel frattempo mi ero sposata col bel poliziotto che in quegli anni a chiusura dei negozi mi aspettava sul marciapiedi di fronte per accompagnarmi a casa.

Arrivarono i primi due figli e appena ci riuscii infilai loro un paio di sci così cominciarono le prime discese ai Pavoni dove Mario Dalla Porta aveva impiantato uno Sklift. Il maschio era più grande e si buttava con grinta, lo feci fare un corso tenuto da Dantino Simonazzi.

Un giorno si trovò nei pressi Memo Zanni e mi chiese se sto bambino lo potevo iscrivere allo “Sci Club Bismantova” che praticava sci di fondo, avevano bisogno di nuove leve. Al ragazzino la cosa piacque, così passò dalla discesa al fondo era quel periodo d’oro quando lo sci club passava gratuitamente tutta l’attrezzatura scarpe comprese. Naturalmente la sorella lo seguì, perché quel che faceva uno doveva farlo anche l’altro, così era un'unica uscita che facevamo per accompagnarli e andare a riprenderli.

Lì ritrovai Leardo, era il preparatore atletico di questi ragazzini, cominciai a conoscerlo meglio era simpatico, uno spasso, sapeva unire l’utile al dilettevole. In estate i ragazzi erano seguiti da lui, ma certamente non li abbandonava d’inverno specialmente quando c’erano le gare, anche se non l’ho mai visto indossare un paio di sci, li rincorreva sulla pista sprofondando nella neve coi doposci:

“Dai, forza Tupamaros !...Spingi con le braccia!”

Chiamava così i suoi ragazzi, dal primo all’ultimo, sia che fosse il più veloce o quello che faticava il doppio, perché non aveva ancora imparato a far scivolare lo sci o faceva lo scansafatiche quando era ora di allenarsi.

Bei tempi quando a Castelnovo c’era neve in abbondanza quando ancora valeva il proverbio:

“Pri sant la neva in ti camp, pri mort la neva int’iort”

Traduco per i Santi la neve nei campi, per i Morti la neve negli orti e la stagione dello sci terminava a metà marzo per San Giuseppe, alle volte anche più tardi e i fratelli Teggi preparavano le piste e Nino allenava la squadra giornalmente, in questo modo arrivava allo sci anche il mio terzo figlio, allora la squadra era innumerevole e Leardo li seguiva ancora tutti uno a uno, li incoraggiava costantemente.

Poi arrivò un periodo di stasi, non so il perché e non lo voglio sapere, meglio tenersi alla larga da certi grovigli.

Così dopo poco, il Prof. e Nino si dedicarono all’atletica e lui fondò la conosciutissima “ LG. Competition”.

Però non posso fare a meno di ricordare quell’anno che ci trovavamo in Trentino in Val di Sole per una gara importante femminile, mi telefonò da Corno alle Scale in provincia di Bologna, chiedendomi se dopo la gara potevamo portare lì le ragazze per farle partecipare agli “Studenteschi”. Naturalmente mio marito si rese subito disponibile, portammo le quattro ragazze che si piazzarono ottimamente una arrivò prima.

Quando lasciammo l’albergo il nostro conto era già stato saldato da lui, ricordatevi che lui non attingeva a fondi speciali, ma ricorreva spesso al suo stipendio di Prof.

Caro Leardo! Ci ha lasciati tanti anni fa, troppo presto, ma il suo ricordo è sempre vivo fra i suoi ragazzi con la sua “LG.Competition”.

Elda Zannini.

 

 

 

 

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