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I racconti dell’Elda 50 / Il diavolo e la Pietra

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La Pietra, un grande Sasso come adesso ci fan vedere in certi film western, ma mentre quelli si alzano in zone brulle la nostra, come un gioiello, è incastonata in una bellissima zona verdeggiante. Questa è la nostra Pietra, la montagna più insolita d’Italia e diciamolo pure unica nel suo genere.

Ora vi voglio raccontare un’altra fola che riguarda questo maestoso Sasso, ricordatevi io la catalogo come fola, anche se nel lontano 600 non la pensavano così.

Questo monte squadrato, ma con enormi sporgenze, che si stagliano verso il cielo, battuto dal vento alle volte impetuoso fin a piegarne gli alberi che crescono sulla sua sommità, secondo un’antica tradizione cristiana, era stato costruito dal demonio in persona per farne uno dei suoi rifugi sulla terra, da lassù poteva dominare fino all’orizzonte, prima di raggiungere i suoi adulatori o nelle imprese di tentare i Santi o corrompere i giovani.

Ricordatevi che parliamo di parecchie centinaia di anni fa, fu in quel periodo che due Padri Gesuiti avendo avuto l’incarico di scrivere un trattato sul demonio, si basarono sulle confessioni di alcune streghe e di uno spretato che si era dedicato alla stregoneria, per stabilire che sulla Pietra di Bismantova stava Satana in persona.

Allora i sacerdoti e gli inquisitori si tenevano alla larga da certi luoghi, così venne incaricato un Cavaliere Palatino di affrontare questo essere sulla Pietra.

Il Cavaliere riuscì faticosamente a salire sul pianoro aiutandosi con mani e piedi è sempre stato faticoso salire sulla cima, anche adesso che i sentieri sono stati adeguati, in certi punti devi usare anche le mani, altrimenti facilmente ti può succedere di chiamare il soccorso alpino.

Questo Cavaliere ingaggiò una furibonda lotta contro Satana, ma la sera dopo, mentre i due Gesuiti a Reggio cenavano nel refettorio dei frati Cappuccini, videro aprirsi il soffitto e la salma straziata del Cavaliere, cadere sulla tavola.

Uno dei frati presenti, che era un potente esorcista, decise di andare personalmente a lottare col maligno.

Raggiunse la sommità del monte e cominciò a lottare con lui.  Come  arma, si era portato solo acqua benedetta ed esorcismi. Satana non riuscì a piegarlo, nemmeno con le grandi tentazioni, facendogli apparire piatti succulenti, sacchi di monete d’oro o ragazze nude.

La lotta tra il frate e Satana durò per circa quarant’anni, sino alla morte dell’esorcista che morì per vecchiaia.

Continuarono però a raccontare, che da allora Satana continuava ad abitare sulla Pietra dove avevano rilevato tracce della sua presenza, impronte sulle rocce a forma di piede di capro, incisioni magiche e tribali sconosciute, calchi di mani gigantesche, poi il gioco del vento fra gli alberi, che trasmette fischi e grida che fanno pensare al richiamo di voci diaboliche e ammalianti che ti invitano a scendere nell’abisso, perché nell’interno la Pietra avrebbe un’apertura in diretto contatto con l’inferno.

Tutto questo lo raccontavano a noi bambini, forse lo facevano per tenerci lontani dal pericolo che rappresentava questa roccia, per dissuaderci dall’arrivarci sopra da soli.

La prima volta che ci sono andata avevo sette anni, la guerra era finita da poco, mio cugino Cesco era tornato dalla prigionia in Germania, allora la zia Vilma che mi ha sempre voluto un gran bene, aveva deciso di soddisfare un voto che aveva fatto alla Madonna, avrebbe portato tutta la famiglia lassù al Santuario.

Allora si andava per sentieri, passarono da casa mia e convinsero mia madre a lasciarmi andare con loro. Dopo la messa con relative confessioni e comunioni, decisero di salire sul pianoro, Cesco davanti con Bruno a “cavaciosa” sulle spalle, poi Germano col borsone del pranzo a tracolla, seguiva la zia Vilma a piccoli passi, io dietro a lei e lo zio Vito “fratello di mia madre” che chiudeva la fila.

Ricordo il senso di angoscia che mi prese arrivata lassù, il vecchio Zuccolani, uomo di poche parole, ma di molti fatti, l’unico che si accorse di questo mio malessere, mi allungò la mano e tenne stretta la mia, allora Brunetto scese dalle spalle del fratello e mi prese l’altra mano.

Ogni volta che sono tornata lassù, a differenza di quel che pensate, ci sono stata pochissime volte, si contano sulle dita di una mano e non servono tutte, quest’angoscia mi ha sempre ripreso e forse per questo ho sempre evitato di salirci.

Tutto questo ultimamente l’ho tirato fuori durante uno dei nostri viaggi “fuori porta” allora mia cognata che era con noi, ha ricordato quando io e lei recitando il rosario ad alta voce ci recavamo alla Madonna della Pietra chiedendole di salvare sto ragazzo che era gravissimo in una rianimazione. Arrivate al curvone sotto l’acquedotto all’improvviso si alzò un vento fortissimo, ci siamo abbracciate e a testa china spingevamo per potere andare avanti, ma il vento ci ricacciava indietro con una forza ciclonica, tanto che a un certo punto io ho desistito dicendo:

“E’ il diavolo che ci rimanda indietro non vuole farmi arrivare dalla Madonna”

Questo me lo ha ricordato la zia Imelde, certo che quando si è disperati se ne dicono di frasi!...

Poi vi racconto anche questa, qualche anno fa, un ragazzo di Castelnovo, convalescente da un brutto intervento, era andato a fare un giro sulla Pietra, nel frattempo si era alzata una nebbiolina e lui in mezzo a un cespuglio di nocciolo ha intravisto la testa di un caprone rossiccio che lo guardava, quando gli si è avvicinato per prenderlo, lui si è allontanato trotterellando sui robusti zoccoli, poi mentre lui gironzolava sul pianoro, questo capro gli si avvicinava e poi si allontanava, questo per parecchie volte.

Al ritorno passando da casa mia mi raccontò questa cosa e io gli dicevo:

“Sarà scappato a qualche pastore e non trova più la strada per tornare giù, ma se sta lì muore, perché sulla Pietra non c’è acqua.”

Sono passati parecchi anni, non è mai stata trovata sulla Pietra una capra morta, forse ha ritrovato la strada del ritorno o forse sto caprone di Diavolo è ancora lassù e si fa vedere quando gli torna meglio, per attirare persone nell’abisso? Oppure si diverte a spingere giù qualche masso sul Santuario per tenere lontani i fedeli?

Riflettete un po’ anche voi sulla mia fola.

Questo racconto si presenta col numero 50, ma sono di più, la raccolta ne comprenderà certi inediti, un saluto e un grazie a tutti, ma tranquilli se campo ancora un po’ e se mi torna in mente qualcosa, ve lo racconterò nuovamente.

Elda Zannini

 

 

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