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“Natale” di Dante Bortolotti

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Natale
Degli andati Natali non rimpiango
la mia scontrosa, altera, giovinezza
da Don Chisciotte
o la splendida infanzia dedicata
ad assorbire riti e suggestioni
di questa Terra Madre di montagna
coi suoi sentieri che ascendono al cielo.
Ma...ho percepito, anno dopo anno,
il cambiamento delle mie persone,
il senso della vita, le emozioni, il rispetto,
la gioia della festa...come assorbite dalla confusione
dell'esplodente civiltà globale, si sono affievolite
come il suono...già in lontananza, delle cornamuse.
Vedo...bambini con le scarpe nuove
che tracciano la neve spolverina,
sussurrano le frasi di un sermone,
ognuno ha il suo...
parlano di pastori e di sartine, di contadini, musici, artigiani,
un mondo arcaico dai mestieri antichi, un mondo millenario
ripudiato in soli cinquant'anni di progresso
ma a quale prezzo?
Grassi e infelici...camminiamo insieme
verso una meta non più definita,
di giorno in giorno, inutili bisogni
si sommano e...ingarbugliano, la vita,
ai figli non sappiamo se insegnare
l'onestà o la malizia
se un onesto è ormai quasi emarginato
il furbo è dal suo ruolo condannato.
Ascolto...i vecchi pregano in silenzio
ed, in cadenza, per scaldarsi i piedi
battono i piedi sui piastroni annosi
che i bisnonni strapparono alle cave di Roncoscaglia.
Parlano a Dio di pecore e cavalli
di castagne gelate e vino rosso
sorridono alle spose infagottate
e pregustano il caldo dell'arrosto.
Dai futuri Natali...mi aspetto
il fuoco buono dei camini
e la forza di esprimer la saggezza
della mia gente
povera e felice,
paga del poco,
ricca di speranza.
Da "Fiabe di Roncovecchio" 2006-