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“Paolo ci ricorda che tutti i cristiani sono chiamati a predicare”, la meditazione di don Paul Poku

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don Paul Poku

Nella seconda lettura di questa domenica Paolo pronuncia un’affermazione molto forte: "Guai a me se non annuncio il vangelo!". Per Paolo, infatti, la dimensione dell’annuncio è fondamentale, tanto che diventa una delle principali preoccupazioni del suo ministero apostolico. Il suo insegnamento ci ricorda che tutti i cristiani (non solo i preti) sono chiamati a predicare: la fede autenticamente vissuta è infatti una continua predicazione di chi è Cristo nella propria vita, attraverso le proprie azioni.

Ma se Paolo riteneva la predicazione così centrale, è perché Gesù stesso predicava molto, come il brano del vangelo odierno spiega chiaramente. Quello che importa a Marco non è tanto raccontare una semplice cronaca storica, ma offrire al lettore del suo vangelo una vera e propria catechesi.

Dopo la predicazione nella sinagoga di cui abbiamo parlato domenica scorsa, Gesù si reca "nella casa di Simone e Andrea", dove viene informato dai discepoli che "la suocera di Simone era a letto con la febbre". E' bello vedere che sono gli apostoli a intercedere per questa donna, dal momento che lei è debole, sofferente e non riesce a parlare direttamente con Gesù. Questo ci insegna che dobbiamo essere attenti a riconoscere la sofferenza degli altri e invocare Dio per loro.

Ma la suocera di Pietro non rappresenta solo i sofferenti, ma anche la comunità raccolta nella Chiesa (la casa di Pietro), una comunità che si scopre malata, incapace all’azione e perciò bisognosa della misericordia di Dio. questa misericordia non tarda ad arrivare: Gesù infatti si fa prossimo di questa donna "prendendola per mano", gesto che riassume tutta la tenerezza e la cura del Signore. di questa donna viene poi detto che "la febbre la lasciò ed ella li serviva": solo grazie al tocco salvifico di Gesù siamo capaci di riprendere la nostra missione di servizio verso dio e verso i fratelli.

La grazia di Gesù non si estende solo alla suocera di Pietro, ma anche a tutti i malati e gli indemoniati della città, che lo tengono occupato fino al calare della sera (notiamo come Gesù "non permetteva ai demoni di parlare" perché a loro la predicazione era vietata, per i motivi illustrati domenica scorsa). Ma il ministero di Gesù non è solo servizio; "al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava".

Due sono le ragioni che spingono Cristo a ritirarsi in solitudine: il primo è la consapevolezza dell’importanza di mantenere un legame stretto con il padre, senza il quale il servizio perde il suo senso più profondo; il secondo è la volontà di evitare di rendere l’opera svolta un motivo di vanto per sé stesso. Gesù sa bene che molti, fraintendendo il suo ministero, lo vorrebbero rendere un re terreno; per questo, quando gli apostoli lo informano che gli abitanti della città desiderano che torni ("tutti ti cercano!"), egli rifiuta la possibile gloria per continuare la sua predicazione ("andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!").

Anche noi dobbiamo imparare a mantenere ben presente l’incarico che Dio ci ha affidato, senza farci ammaliare dagli effimeri onori terreni che potremmo ricevere; ma potremo essere in grado di farlo solo attraverso la preghiera, un costante e sincero dialogo con il padre.

Buona domenica

Don Paul Poku