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Conversione e perdono sono al centro della meditazione della liturgia odierna di Don Paul Poku

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don Paul Poku

Il filo rosso che collega la prima lettura e il vangelo di questa domenica è il discorso della conversione e del perdono dei peccati. Nella prima infatti leggiamo parte del discorso con cui Pietro proclama il ruolo messianico di Gesù davanti a quegli stessi Giudei che avevano preferito liberare un assassino al suo posto. Tuttavia questa colpa non costerà loro la condanna eterna, perché tramite la conversione del cuore potranno ricevere da Dio il perdono dei peccati, proprio nel nome di quel Cristo che avevano rinnegato. Ma Pietro da dove ha ricavato l’importanza della conversione di cui parla nel suo discorso? La risposta a questa domanda si può trovare nel vangelo.
Il brano inizia con il ritorno dei discepoli di Emmaus, che riferiscono agli apostoli riuniti in una stanza chiusa di avere «riconosciuto Gesù nello spezzare il pane»; ciò ci insegna che abbiamo bisogno degli occhi di fede per vedere Cristo nella nostra vita quotidiana. Durante il dialogo tra i presenti, «Gesù in persona stette in mezzo»: come nel brano meditato domenica scorsa, anche ora l’uso del verbo “stare” sottolinea il forte senso spirituale della presenza di Gesù, che anche da risorto resta accanto ai suoi discepoli e cammina con loro. Questo concetto però non era certo chiaro ai discepoli, che anzi erano «sconvolti e pieni di paura» perché «credevano di vedere un fantasma». Va sottolineato che il concetto di “fantasma” inteso come spirito separato dal corpo apparteneva alla cultura greca e non a quella semitica; evidentemente i discepoli, seppur ebrei, erano talmente stupiti dal vedere Cristo vivo e vegeto di fronte a loro da accettare la prospettiva greca pur di spiegarsi questo fatto straordinario. Gesù dovette mostrare loro mani e piedi e perfino mangiare del pesce arrostito prima che loro lo riconoscessero come risorto e in anima e in corpo. Questo corpo di Gesù non era un semplice corpo materiale, bensì un corpo nuovo, spirituale, che supera i limiti stessi della materia (infatti è entrato nella stanza oltrepassando i muri); e tuttavia gli permetteva di nutrirsi e di essere riconosciuto. A tal proposito, notiamo che, come nel vangelo della II domenica di Pasqua, Gesù non si presenta ai discepoli mostrando il viso (come sarebbe più spontaneo pensare), ma «mostrò loro le mani e i piedi», la sua nuova identità, i segni tangibili dell’amore di Dio per il suo popolo, tanto grande da condurlo all’estremo sacrificio.
Dopo queste prove della sua identità, Gesù insegnò loro a comprendere le Scritture (secondo una sequenza che ancora oggi seguiamo durante la messa: l’ascolto della Parola di Dio e l’omelia), aprendo la loro mente e mostrando loro in particolare come la sua morte e la sua resurrezione avesse dato compimento al progetto di Dio presentato nell’Antico Testamento. Tuttavia, affinché il compimento di Cristo sia efficace, è necessaria da parte di noi fedeli la conversione e la testimonianza di questo fatto mirabile. Accettiamo quindi di essere mani e piedi di Cristo, che vanno ad annunciare il perdono e mostrano la carità ai fratelli!
Buona domenica.