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In ricordo di Padre Aurelio Rossi nel trigesimo

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Padre Aurelio Rossi  è deceduto il 16 aprile scorso e Maria Alberta Ferrari lo ricorda nel trigesimo.

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L'ordinazione sacerdotale

Qualcuno ricorda che lo chiamavano “il frate di Livio”dal nome del suo papà, e proveniente da quel piccolo borgo di nome Cucchio, in Leguigno.

La sua vocazione fu dovuta ad un voto, per interposta persona, fatto da un frate cappellano dell’Ospedale di Reggio, ove era stato portato in seguito ad un grave infortunio occorsogli da bambino in campagna, e che implorò la sua guarigione.

Aurelio, al secolo Giuseppe, che faceva parte di una numerosa famiglia, molto religiosa, entrò in convento all’età di 12 anni e, a quel tempo, rivedeva i genitori raramente, forse una volta al mese. Da allora deve aver  frequentato numerosi conventi, che erano tutti la sua casa, ultimo quello dei Cappuccini di via Ferrari Bonini, a Reggio Emilia, dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, affettuosamente curato e scrupolosamente protetto come tutti, dalla pandemia.

Ricordo di averlo incontrato a San Martino in Rio al mercatino missionario e  in alcune “feste di primavera”, organizzate per ricavarne fondi da reimpiegare nei progetti francescani di missione, poi a Pontremoli, in quella striscia di terra toscana, La Lunigiana, che si incunea tra la Liguria e l’Emilia, tappa ufficiale della via Francigena, sulla quale i pellegrini del Medioevo, provenienti per lo più dall’Europa centrale, si mettevano in cammino per raggiungere Roma, culla della cristianità.

A Cervarolo con papà Livio, mamma Pierina e fratello sacerdote don Gianfranco Rossi

Annotava il flusso dei pellegrini, che raggiunse nei periodi migliori anche i 1130 viandanti l’anno. Ci fece visitare il convento dove i cappuccini erano presenti da più di quattro secoli, in occasione di una gita tra amici, appositamente organizzata per fargli gradita visita. Ci ospitò per il pranzo, portandoci noi solo in parte il menù da casa, nei locali del refettorio di quel convento bellissimo e grande ma allora  vissuto da pochissimi frati, a differenza di un tempo quando era frequente ed ambita tappa per i pellegrini.

Padre Aurelio li accoglieva e ci raccontò che apponeva un timbro sul foglio di viaggio, a testimonianza della tappa raggiunta. Una volta fu sorpreso dall’arrivo di una famiglia francese, due coniugi con tre bambini che si spostavano su di un calesse moderno con cappotte a fisarmonica (costruito in Polonia su un vecchio modello ottocentesco) e trainato dall’asino Ottavio, che poi nella sosta ruminava nel prato del convento …

Lo conobbi da bambina già negli anni 60 - 70 quando veniva a Villa Minozzo a proporre il suo mercato di oggetti antichi, orientali ed esotici, in parrocchia. Il mio papà Riccardo ogni anno lo invitava a pranzare con noi, che restavamo affascinati dai racconti dei luoghi da lui frequentati in missione … Africa, Australia e Turchia … e dagli usi e costumi di cui  ci narrava.

Barcellona con amici

Era un frate, uomo di Dio, mite e pieno di iniziative e vitalità, autodidatta ma colto, che conosceva bene anche tutto il nostro territorio ove disseminava le famose cassettine delle offerte, salvadanai  per le missioni che periodicamente passava a svuotare: in banche, posta, negozi, bar, farmacie, ultimamente avvalendosi di una rete di collaboratori cui dava indicazioni precise: “Non dimenticate il tal bar o la farmacia …”

Per riconoscenza portava in omaggio agli esercenti sacchettini di lavanda da lui confezionati o piccole piante grasse che lui stesso sistemava in vasetti. Ce ne fece omaggio individuale anche a Pontremoli, ove ricordo ci fece visitare anche la sua stanza: essenziale, di una semplicità francescana: egli infatti si è sempre spogliato di tutto, amico e servo di Madonna Carità. Un letto, un comodino, una scrivania.

Qualcuno racconta che le prime cassettine per le missioni avessero un automatismo per cui esisteva un San’Antonio o una figura esotica che si piegava in avanti in segno di ringraziamento ad ogni monetina inserita. Da lì il detto..”Dì sempre sì come in farmacia” (pare sia registrato anche nel libro di Mario Mazzaperlini ...”A’ s fà  pèr mod ed dir”).

Nel suo 60° di ordinazione sacerdotale (1949 -2009) a Pontremoli Padre Aurelio da Leguigno predispose un santino a ricordo della ricorrenza con il motto del primo beato gitano Zeffirino Jimenez Malla, che ha ispirato la sua missione itinerante: “Dio lo ha voluto, Lui lo sa. Lodato sia il Signore!”….

Sulla strada aveva una guida molto sostenuta e la ricorda bene la sorella Teresa quella volta che scese da Civago col motore in folle dopo aver partecipato con lui ad un mercatino missionario e lo ricordano anche il gruppo di amici che nel 2000, con lui autista del pullmino, in autostrada, si recò a Barcellona, spaventato dalla velocità che, quasi ottantenne, sosteneva però con sicurezza. Un viaggio mitico, di cui lui era guida, timoniere e navigatore e che avrebbe dovuto ripetersi verso la Turchia ma non ci furono più opportunità e occasione. Forse proprio uno spirito di gitano, di avventura e scoperta lo caratterizzava …”Fate la vostra esperienza” fu la frase che rimase a tutti noi impressa dopo disavventure varie occorse a Montpellier e dovute al fatto di non aver voluto seguire i suoi consigli in viaggio … Era infatti tollerante e democratico oltre che esperto viaggiatore, attrezzatissimo per ogni evenienza, per i cambi monete e non ultimo, per il passaggio delle frontiere.

Aveva cominciato a viaggiare con iniziative di tipo religioso che seguiva nel nostro meridione da cui ritornava con la sua 600 multipla piena di oggetti che rimetteva spesso in sesto prima di offrirli al mercato delle missioni ed aveva una giustificazione evangelica nel “… raccogliete le briciole, che non vadano disperse…”.

La numerosa famiglia di Padre Aurelio

Persona socievole ed affabile, per cui qualcuno di noi in gita lo chiamava semplicemente Aurelio. Ai  mercatini, dove spesso lo si incontrava, accoglieva tutti con calore, con un sorriso e simpatia. Dava valore ad ogni oggetto che vendeva ma amava, a volte, fare anche piccoli regali. In convento a Reggio aveva radunato gran parte degli oggetti di un certo pregio  o ricercati, raccolti per farne un prezioso Museo Provinciale  di Arte sacra e non solo, di cui andava orgoglioso, del quale per un lungo periodo fu direttore e che un giorno ci fece visitare con abbondanza di spiegazioni.

Curò la pubblicazione di tre volumi di pregio: Le collezioni dei Cappuccini, Le corone del rosario,medaglie devozionali e Agnus Dei  (Ed. Bizzocchi) e I tabernacoli lignei dei Cappuccini emiliani.

La sua passione era anche fare il burattinaio, arte che aveva appreso da bambino a Leguigno, a dieci anni, dal suo maestro di scuola elementare, personaggio un poco strano ma intelligente, che sapeva interpretare diverse voci ma che  aveva anche bisogno di un aiuto …. Lui fu pronto … “Polonia e Sandrone burattini” … li ricordano bene i ragazzi di San Martino cui ha donato entusiasmo, sorrisi ed allegria. Sapeva farli muovere con maestria e a volte li accompagnava cantando e con parole dialettali … Pare che anche lui si divertisse molto improvvisando i dialoghi e non solo facesse divertire generazioni di bambini.

Una letizia francescana lo ha infatti pervaso. Creativo, istrionico e geniale, figura poliedrica, ha fatto tante cose, lasciando sempre un segno. Umile e spartano, disinteressato, dedicava la sua vita agli altri. E’ stato un autentico testimone della fede: “Una vita cristianamente riuscita incarnando pienamente il carisma cappuccino”, come è stato detto durante le sue esequie, martedi 20 aprile, ove è stato anche  interpretato il ”Laudato Sii” di San Francesco attraverso la sua figura e i suoi doni. Dalle piccole cose, come dalle monetine, ha ottenuto grandi risultati … in missione si sono costruite chiese e dispensari, a Reggio un museo.”Proprio adesso che è finito, a dirigerlo hanno chiamato un altro? ”Il suo commento: ”E’ necessario che lui cresca ed io diminuisca!” Laborioso, ironico ed autoironico, segno questo di una intelligenza vivace, ha annunciato la Parola, nell’assistenza spirituale e nell’apostolato, “raccimolando “anche diverse vocazioni. Un Vangelo è stato deposto sulla sua bara, insieme all’abito francescano cappuccino ed alla stola viola. Confessore instancabile, giovane nel cuore ci ha lasciato questa giovinezza.

“Avrò frutti da portare, avrò grappoli d’amore, avrò amato tanta gente, avrò ceste di dolore, avrò amici da ritrovare … quando busserò alla Tua porta …” si è cantato al suo funerale.

Speriamo noi amici, che ora abbiamo accolto pienamente  la tua opera di pastore e maestro, di essere tra quelli, Padre Aurelio e grazie per la tua bella, autentica  e concreta testimonianza!                  Maria Alberta Ferrari

Un video su Aurelio burattinaio è visibile su www.youtube.com.In memoria di Padre Aurelio Rossi