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Nella meditazione domenicale don Paul Poku sottolinea come sia necessario chiedere il dono dello Spirito

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don Paul Poku

La prima lettura di questa domenica mostra come il popolo d’Israele, da poco liberato dalla schiavitù dell’Egitto, disprezzò la ritrovata libertà a causa della fame, rimpiangendo addirittura la vecchia condizione di schiavo. Per aver mormorato contro Dio, gli Ebrei ricevettero la manna sia come dono per lenire la fame, sia soprattutto come una prova per testare la loro osservanza della Legge del Signore.
Nella seconda lettura Paolo invita i cristiani a uscire dalla vita vecchia, simile a quella dei pagani, per entrare in quella rinnovata dallo Spirito Santo, imparando a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo. Questo però sarà possibile solo attraverso una conoscenza di chi Egli sia veramente; tema su cui ritorna anche il brano del vangelo, che segue quello meditato domenica scorsa sulla moltiplicazione (o meglio, condivisione) dei pani.
Dopo il segno compiuto alla folla, Gesù si era recato in un luogo deserto e solitario per non essere incoronato re. Una volta trovatolo, la folla gli chiese chiarimenti sul suo allontanamento («Rabbì, quando sei venuto qua?»); la risposta del Signore però non toccò direttamente la domanda, ma la ragione per cui era stata posta: «[…] voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Gesù infatti aveva compreso che tutte quelle persone lo cercavano non per capire chi era, ma per sapere cosa avrebbe potuto dargli. Proprio per questo Cristo ammonì la folla a ricercare ciò che veramente importa, ciò che dura in eterno: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà». Detto altrimenti: il pane che Gesù ha donato alla folla per sfamarla è stato soltanto un segno per chiarire come lui sia in grado di donare pienezza alla vita spirituale di ogni uomo; dobbiamo cercare Gesù, colui che è capace di darci il cibo spirituale che potrà saziarci eternamente.
Il dialogo che segue evidenzia la fatica della folla a entrare nella mentalità di Gesù. Infatti la domanda posta a Cristo («Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?») tradisce la convinzione ebraica del tempo secondo la quale la pratica religiosa si concretizza in determinati riti da compiere in sinagoga per avere la benevolenza divina. Ma per Gesù l’importante non è compiere dei riti particolari: ciò che veramente conta è la fede in Dio e l’accettazione del suo progetto («Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»). Gli ascoltatori però non furono convinti da questa risposta e chiesero a Gesù un segno che alimentasse la loro fede («Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?»). È curioso: il Signore aveva appena compiuto un segno per aiutarli a d entrare in un grande mistero e ora quelli tornano a chiedergli un nuovo segno perché possano credere! A sostegno della loro richiesta, i presenti portarono l’esempio della manna, ma Gesù affermò che la manna era soltanto una prefigurazione di un pane molto diverso. Chi mangiò la manna fu sfamato subito, ma in seguito morì comunque; chi invece accetterà il vero pane disceso dal cielo non morirà ma avrà la vita eterna in lui: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Chiediamo quindi il dono dello Spirito per metterci alla sequela di Cristo, abbandonando i segni esteriori e beneficiando del pane spirituale col quale sostenere il nostro cammino verso la vita eterna.
Buona domenica