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Don Paul Poku sottolinea come nella liturgia odierna sono due figure femminili che ci insegnano il giusto cammini

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don Paul Poku

La Prima lettura e il Vangelo di oggi sono incentrati sulla figura della vedova, che nell’ottica biblica è l’archetipo della donna debole, senza tutela giuridica e spesso senza una sicurezza economica. In particolare il primo libro dei Re ci presenta una donna della terra di Sarèpta, in Fenicia (molto probabilmente pagana), intenta a raccogliere legna presso la porta della città. Questi due elementi sono molto significativi: nella cultura ebraica le porte della città erano i luoghi in cui le persone comuni incontravano gli scribi per ottenere giustizia; ma una donna vedova, in quanto priva della tutela legale dell’uomo, non aveva alcun diritto a ricevere giustizia. Questa sua condizione è esplicitata dal fatto che raccoglieva legna fuori dalla città, gesto compiuto da chi non aveva mezzi economici per sostentarsi; ma ancora di più dalle parole che rivolge al profeta Elia in risposta a una sua richiesta di pane: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Tuttavia questa vedova ha dalla sua parte la ricchezza che deriva dalla carità verso il prossimo (Elia), che il Signore ricompensa donandole cibo sufficiente da sfamare il profeta per diversi giorni.
Nel Vangelo invece una vedova è messa in contrapposizione da Gesù alla casta degli scribi, ricchi e potenti teologi del tempo. Nella prima parte del brano evangelico, ambientato nel Tempio di Gerusalemme, Gesù è intento a mettere in guardia la folla dai comportamenti ipocriti di coloro che si consideravano interpreti della parola e della volontà di Dio. Il loro abbigliamento sfarzoso, l’ostentazione della loro ricchezza nelle piazze, il loro pavoneggiarsi in sinagoghe e banchetti, il loro lucrare nelle questioni ereditarie (spesso a discapito proprio delle vedove!): tutte queste azioni compiute dagli scribi sono agli antipodi rispetto al modello di discepolo “servo e schiavo” che Gesù ha più volte presentato come l’esempio di vero e autentico servitore di Dio.
La seconda parte del brano è invece ambientata all’interno del Tempio, dove erano presenti dei grandi recipienti in bronzo in cui venivano lasciate le monete per le offerte: mentre gli scribi e i ricchi della città vi gettavano numerose monete, una vedova si avvicina e getta due miseri spiccioli. Ma ecco che Gesù sottolinea ai suoi discepoli che l’offerta della vedova supera di gran lunga quella di tutti gli altri presenti. Non è certo del valore economico che sta parlando, ma del valore che quell’offerta assume davanti a Dio: la vedova ha gettato nel recipiente «tutto quanto aveva per vivere», espressione traducibile anche come “tutto quanto aveva per la vita”. In altre parole, la vedova ha offerto nelle mani del Signore tutta la sua vita, così come la vedova della Prima lettura ha offerto quel poco che l’era rimasto per l’ultimo pasto al profeta di un Dio in cui probabilmente nemmeno credeva!
Attraverso queste due figure femminili, Gesù ci sta insegnando il giusto cammino di fede e di carità che ogni cristiano è chiamato a compiere e che egli stesso ha testimoniato con la sua vita, la sua morte e la sua resurrezione: anche nella condizione di massima fragilità siamo chiamati a donare tutto quello che abbiamo, perché solo affidando tutta la nostra vita a Dio e confidando nella sua provvidenza potremo avere da Lui la vera Vita ed averla in pienezza.
Buona domenica.