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“L’ultimo viaggio in Maserati” (racconto di Alberto Bottazzi)

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Nel transito lunghissimo della tua esistenza non hai mai pensato, neppure per un attimo, a lasciare la tua casetta, i tuoi monti, il profilo dei tramonti delle stagioni, incantevoli o malinconici che fossero. Il tuo destino è stato quello di convolare a nozze con la solitudine dei grandi personaggi, in un borgo di paese già di per sé semplice e solo per volere del fato. Ti ho voluto bene, ma un bene particolare, un sentimento d’affetto profondo, rispettoso e familiare, dettato dai 25 anni di differenza d’età, tu nato nel 1925 ed io nel 1950. Ammiravo il tuo saper parlare di tutto con il piglio giusto di chi è informato dei fatti, fossero quelli della tua memoria storica o quelli d’attualità.

Facevi amare il nostro dialetto: “L’antica lingua del nostro sangue… “ come sostenevi, con atavico orgoglio, in ogni discorso che riguardasse la nostra gente.

Quante volte avevo domande curiose ed interessate da porti e ricevevo sempre risposte pronte ed esaurienti che arricchivano le mie conoscenze di giovane uomo, quante volte i miei occhi incrociavano i tuoi nella stima e nel rispetto.

Amavi i colori autunnali del bosco, quando il verde delle foglie si stria d’arancione e di giallo, i tetti imbiancati del Natale, il fumo dei camini, pensando, forse, a chi poteva godere di una famiglia intorno al focolare, mentre intorno al tepore della vecchia stufa di ghisa c’eri solamente tu.

Caro zio Battista sono entrato nella tua casetta in punta di piedi e mi sono perduto nel labirinto dei ricordi. Ho annaffiato la pianta in vaso sul davanzale della finestra di cucina, quella a cui tenevi tanto, tuttavia, nonostante l’acqua rigeneratrice riesce a generare intorno a me solo mestizia.

Il gatto nero con la macchia bianca in fronte mi guarda sconsolato da lontano... forse ha capito della tua dipartita ed è in cerca di un nuovo padrone. Sono disorientato come lui e cerco la tua immagine rassicurante sulla poltrona di tessuto scozzese, regalo dell’altra estate, ma un’ombra vana mi spaventa. Do un’occhiata premurosa al tuo motocarro sulla soglia del capanno ai piedi della grotta.

L’Ape Piaggio, con un lampeggio intermittente, mi chiama a sé, vuol farmi una confidenza ed io, avvicinandomi, curioso, ascolto attentamente quanto ha da dirmi: “Sono molto deluso” sussurra mestamente, “tremendamente geloso dei fatti che si sono avverati in questi giorni e sai perché? Perché Battista, l’amico di una vita, il suo ultimo viaggio l’ha fatto in Maserati!”

 

in ricordo dello zio Zanicchi Battista di Vaglie di Ventasso.

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