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“Chioma di ghiaccio”, racconto di Alberto Bottazzi

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Chioma di ghiaccio, cent’anni di gloria! Quanto tempo per irrobustire le tue giovani braccia nude, per vestire il tuo capo spoglio... con noi giovani capelloni degli anni settanta condividevi l’aspetto di vera rivoluzionaria.
Amica verdissima di estati lontane, vessillo della memoria di noi figli prigionieri della tua bellezza, quanto ci manchi, quanto ci manca la tua luce familiare, come il faro per il marinaio in un mare in tempesta.
Guardarti in foto non mi basta, vorrei toccarti, abbracciarti, accarezzare la tua scorza dura da vera montanara che, per tutti noi cresciuti sotto l’ombra del tuo mantello, diventa pelle vellutata di sentimenti e ricordi.
Ancor bambino, con il naso all’insù, ammiravo i tuoi rami protesi al cielo, come per afferrarlo e portarlo giù a giocare con noi al girotondo intorno alla circonferenza del tuo magnifico tronco.
Poi, in un giorno buio per la nostra piccola comunità, “accarezzandoti ti hanno tradita”, abbattendoti senza se e senza ma, credendoti moribonda, invece di curare l’ingiuria del tempo che aveva colpito il tuo corpo centenario.
Cara chioma di ghiaccio, verdissima creatura di ricordi ancorati ad una vita amorevole di paese, dove la gente per strada si salutava per nome, quando non per soprannome, ti devo dire grazie per essere stata compagna e complice di tante avventure.

(Alberto Bottazzi)