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E’ l’annuncio della Parola di Dio il fulcro della meditazione domenicale di don Paul Poku

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don Paul Poku

In queste domeniche la liturgia ci sta facendo meditare il tema dell’annuncio della Parola di Dio. Oggi ci propone un passo avanti ponendoci di fronte alla seguente domanda: chi è degno di proclamare questo annuncio? Come si viene scelti?
Nella prima lettura vediamo Isaia che si offre come annunciatore del messaggio di Dio a Israele. Il suo «Eccomi» non deriva però da alcun suo merito personale (lui stesso si era riconosciuto indegno già solo di stare alla presenza del trono dell’Altissimo), ma risponde alla chiamata di Dio che si manifesta nel gesto della purificazione della sua bocca. In altre parole, Dio aveva già scelto Isaia come suo profeta, non perché meritevole, ma per grazia. Allo stesso modo, nella seconda lettura Paolo afferma chiaramente di non considerarsi degno di aver ricevuto l’incarico di apostolo di Gesù, non solo perché non faceva parte dei Dodici originari, ma anche perché all’inizio lui fu un persecutore della prima Chiesa; solo mediante la grazia ha ricevuto i doni del perdono e della conversione, offrendo il suo sì alla causa dell’annuncio del messaggio di Cristo.
Infine, il brano del Vangelo ritorna sul tema citando l’episodio della chiamata dei primi discepoli, che si svolge in un modo molto interessante. La scena si svolge sulle rive del lago di Gennèsaret, detto anche mare di Galilea, dove Gesù inizia la sua opera di predicazione. Anzitutto va notato che i pescatori (tra cui Simon Pietro, Giacomo e Giovanni) non facevano parte di coloro che erano attorno a Gesù per ascoltarlo, ma erano impegnati nelle loro faccende quotidiane lavando le reti. È Gesù che, quasi in punta di piedi, sale sulla barca di Simone e lo prega di allontanarsi un poco dalla riva, così che tutta la folla lo potesse sentire. La predicazione di Gesù deve aver fatto un grosso effetto su Simone, perché quando il Signore gli chiede di andare a largo e gettare le reti, egli non si rifiuta. Ma come! Tutti i pescatori esperti, e Simon Pietro lo era di certo, sapevano benissimo che di giorno i pesci stavano sul fondo del mare e che quindi pescare in quel momento era inutile. Eppure Pietro crede alla parola di Gesù (e la sua fede viene premiata con una pesca più che abbondante). Qual è il senso di questo episodio? Gesù in realtà non è entrato solo nella barca di Pietro, ma è entrato nella sua vita, imperfetta a causa dei tanti fallimenti e momenti bui che rendendo vane la sua esperienza e la sua bravura; solo mediante l’ascolto dell’insegnamento del Signore e la fede in esso riposta Pietro è diventato in grado di portare frutto nella sua vita. Il grido di fronte alla grazia ricevuta («Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore») è, al pari di quello di Isaia, il riconoscimento della propria piccolezza di fronte all’amore di Dio che ti abbraccia senza che tu ne sia degno.
Un’ultima attenzione dev’essere prestata all’incarico che Gesù attribuisce a Pietro, «pescatore di uomini». Letteralmente l’espressione dovrebbe essere tradotta con la formula “colui che tira fuori dal mare gli uomini”. Perché quest’espressione è importante? Perché nella cultura ebraica del tempo, il mare era il luogo simbolico della negatività dell’uomo, in cui riposava il male pronto ad affiorare sulla superficie per far affondare gli uomini. Il compito che Gesù affida a Simon Pietro è dunque quello di pescare gli uomini fuori dalle tenebre del male per portarli alla luce di Dio. L’“Eccomi” di Pietro si concretizza con il gesto finale del brano evangelico, dove il pescatore lascia la sua barca, ovvero la sua vita, per salire sulla barca di Cristo, che diventerà ben presto la sua nuova barca, la Chiesa.
E noi? Siamo in grado di riconoscere le tante piccole grazie che il Signore ci dona senza alcun merito da parte nostra? Siamo in grado di lasciare le nostre reti a terra per rispondere alla chiamata di Dio mettendoci al servizio del suo Vangelo?
Buona domenica