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Don Paul Poku sottolinea che le letture odierne ci insegnano come comportarci verso coloro che ci disprezzano

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don Paul Poku

Nel Vangelo di domenica scorsa abbiamo ascoltato il brano cosiddetto “delle beatitudini” nella versione dell’evangelista Luca. Tra le varie beatitudini elencate da Gesù nel suo discorso spicca la beatitudine finale, dove il Signore ci esorta a rallegrarci ed esultare «quando vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo», perché allora «la vostra ricompensa sarà grande nel cielo». Le letture di oggi ci aiutano a fare un passo in più rispetto a questo tema, poiché ci insegnano come comportarci verso coloro che ci disprezzano.
Nella prima lettura vediamo come Davide abbia deciso di risparmiare la vita al re Saul (che pure gli stava muovendo guerra), nonostante l’occasione propizia sembrasse suggerire che il Signore stesso lo avesse messo nelle sue mani. L’insegnamento di Davide è inequivocabile: non spetta a noi assicurarci la vendetta per i torti subiti, poiché solo a Dio spetta il giudizio. Lo stesso messaggio ci viene affidato nel brano del vangelo, in cui Gesù compila un breve compendio di etica cristiana: scorriamone insieme alcuni punti.
«Amate i vostri nemici»: secondo il testo originale greco, l’amore qui inteso da Gesù non corrisponde alla philia, il sentimento provato verso amici o parenti, ma piuttosto all’agape, cioè al sentimento di amore gratuito e incondizionato proprio di Dio. In altre parole, non dobbiamo amare l’altro perché sentiamo di avere con lui una certa compatibilità, ma perché in quanto persona porta in sé l’immagine di Dio.
«Benedite coloro che vi maledicono»: a chi desidera per noi una vita colma di dolore, dobbiamo rispondere augurando una vita piena e autentica nella gioia di Dio, perché solo in Dio potrà essere capace di redimersi.
«A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra»: banalmente si interpreta questo versetto come una resistenza passiva e rassegnata al male che ci viene fatto. Ma il senso è più profondo: Gesù vuole insegnarci ad approcciarci alle difficoltà della vita con un viso sempre nuovo, puro, non appesantito dal male ricevuto.
«Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avrete?»: nel testo originale, la parola “merito” è resa con una parola greca che suggerisce un senso di gratuità. Essa è infatti il segno distintivo dell’amore proprio di Dio, un amore disinteressato e completamente fine a se stesso.
L’ultimo insegnamento è quello più grande: «siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso». Gli esegeti sono in difficoltà nell’indicare in una sola parola tutti i significati del termine “misericordia”, dal momento che qui dovremmo comprendere amore, benedizione, perdono, carità, compassione, ecc. Utilizzando un’immagine forte, potremmo intendere la misericordia che Dio prova verso di noi come un cordone ombelicale che collega ogni uomo a Dio: Egli percepisce il male che compiamo e ne soffre, ma allo stesso tempo non smette di amarci e di donarci continuamente il suo perdono.
Il cuore di questi insegnamenti è di fare il bene proprio perché riceviamo per primi il bene da Dio. Ma qual è il senso di tutti questi precetti? Se saremo in grado di vivere seguendo questa logica evangelica, «la [n]ostra ricompensa sarà grande e sare[mo] chiamati figli dell’Altissimo». Ricordiamoci che al tempo di Gesù si riteneva che il figlio ereditasse gli stessi caratteri del padre; in questo caso, seguendo gli insegnamenti di Gesù diventeremo figli di Dio proprio come lui, e potremo quindi dire di poter condurre una vita piena in Cristo! Come ci indica la seconda lettura, Egli cambia la vita, donandoci la vita celeste al posto di quella terrena che ci deriva da Adamo. Chiediamo dunque la grazia di poter ascoltare la Parola di Dio e di metterla in pratica, per essere strumenti dell’amore di Dio nella nostra comunità!
Buona domenica.