Home Diocesi ne' Monti “Come si riconosce l’uomo?” questa è la domanda alla quale cerca di...

“Come si riconosce l’uomo?” questa è la domanda alla quale cerca di risponde la riflessione settimanale di don Paul Poku

26
0
don Paul Poku

Le letture di questa domenica, con cui terminiamo il periodo ordinario prima del tempo forte di Quaresima, ci possono aiutare a rispondere alla domanda: come si riconosce l’uomo buono?
Nella prima lettura, il Siracide ci suggerisce che si conosce l’uomo da quello che dice. Le parole dell’uomo infatti traggono la loro origine dal suo cuore (che nella Bibbia indica la sede dell’anima umana), proprio come i frutti traggono origine dall’albero. Inoltre, la parola è anche strettamente connessa con l’azione che ne deriva: se non c’è sintonia tra parola e azione, per esempio perché l’uomo non fa quello che dice, allora egli è ipocrita. Il nesso tra parola e azione proprio dell’uomo deriva direttamente da quello proprio di Dio. In Lui infatti questi due aspetti sono un tutt’uno: in quanto Verbo, Egli esercita la sua potenza semplicemente parlando.
Se il tono della prima lettura è piuttosto duro, la seconda lettura ci offre uno sguardo di speranza: Paolo infatti riconosce che l’uomo è corruttibile, ma al tempo stesso afferma che per mezzo della grazia di Cristo noi possiamo ottenere l’incorruttibilità, ovvero l’immortalità.
Gli spunti del Siracide compaiono anche nel brano del Vangelo, in cui Gesù utilizza alcune parabole dal marcato contenuto morale per ammonire i sui discepoli a fuggire l’ipocrisia. La prima immagine usata da Gesù è quella della cecità («Può forse un cieco guidare un altro cieco?»), che dobbiamo intendere non in senso letterale, ma in senso spirituale. Nel linguaggio biblico, infatti, la cecità è segno di quella malattia dell’anima che impedisce di riconoscersi peccatori, di abbandonare la falsa immagine di Dio che ci siamo costruiti e di convertirci per abbracciare l’autentico messaggio del Vangelo di Cristo. L'ammonimento di Gesù assume allora il carattere di un invito continuo all’umiltà e alla purificazione, così da poter essere puri per guidare i nostri fratelli alla luce di Cristo. Proverbiale è anche l’immagine della pagliuzza e della trave, in cui la condanna all’ipocrisia da parte di Gesù è esplicita («Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?»). Anche in questo contesto la trave rappresenta i nostri peccati, che ci danneggiano doppiamente: non solo gravano su di noi, ma ponendosi davanti ai nostri occhi distorcono la nostra visione mostrandoci solo il male presente nel mondo.
Per essere dei cristiani credibili e dei testimoni efficaci dobbiamo noi per primi purificare la nostra vista (cioè, la nostra vita), eliminando i peccati che ci impediscono di godere della luce della Grazia. È in questo senso che dobbiamo intendere l’immagine dell’albero da frutto che torna nel Vangelo. Nella Bibbia l’immagine dell’albero è usata diverse volte per simboleggiare la vita: i frutti dell’albero corrisponderebbero, in quest’ottica, alle azioni della nostra vita. È evidente che, se l’albero è piantato in un terreno arido, secco, sterile, ecc., il frutto non può di certo essere buono; allo stesso modo, le nostre azioni non possono essere buone se traggono la loro origine da un cuore impuro, ancora oppresso dal peso del peccato («L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male»).
L’insegnamento principale che Gesù vuole trasmetterci attraverso queste parabole è che tutti noi, nessuno escluso, abbiamo una trave nel nostro occhio: tutti noi, cioè, dobbiamo essere sufficientemente sinceri da riconoscerci peccatori e bisognosi di una continua conversione. Quali possono essere le strategia per una purificazione efficace? La strada maestra è senza dubbio quella di accostarci al sacramento della riconciliazione, per poter beneficiare del perdono di Dio nella remissione dei peccati. Naturalmente, il ricorso alla confessione non può essere saltuario o sporadico; al contrario, più ricercheremo il perdono del Signore, più saremo in grado di compiere una continua ed efficace autocritica nella nostra vita. A tal proposito, utilissimo può essere il ricorso ai direttori spirituali, e in generale a tutte quelle persone che possono aiutarci a fare un autentico discernimento per guidarci nel nostro cammino di conversione. Purtroppo non è facile avere a disposizione persone così preparate ad essere direttori spirituali. Preghiamo il Signore perché ci faccia dono di questi veri e propri medici dell’anima, che sappiano aiutarci a coltivare l’albero della nostra vita sul Suo esempio; e preghiamo anche perché Egli ci perdoni le nostre continue piccole ipocrisie quotidiane.
Buona domenica