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“I fantasmi del tempo” – racconto di Alberto Bottazzi

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Il rombo del ricordo arriva forte alla mente, molto forte, come il frastuono di un tuono. Tutto intorno è la pioggia a rendere il paesaggio grigio e cupo. Man mano che i miei passi si avvicinano a quei ruderi una luce fioca mi precede e mi guida fino all'uscio divelto di quella che un tempo lontanissimo era la mia dimora, il mio castello.

Inciampo in un sasso e quasi cado in avanti, quando una voce scandisce il mio nome: “Alberto… era ora che venissi a trovarmi!”. Ma da dove proviene quella voce? Intorno a me solo muri franati nella polvere del passato, un volto d’entrata che non c'è più, un mucchio di tavole libere di ammucchiarsi alla rinfusa e ancora cianfrusaglie di ogni genere abbandonate qua e là. Tra il grigiore della pioggia, intravvedo una vecchia panchina sgangherata, senza più il chiacchiericcio dell’estate e l'accarezzo con amore, ma con cautela, nel timore di conficcarmi una scheggia nel palmo della mano. La panchina è lì, mogia, come la giornata di oggi e aspetta, invano, che il tempo possa camminare all'indietro a quei giorni pieni di vita. Sotto i piedi un lontano passato, pietre anarchiche di un tempo rotolate a valle insieme a parte del sentiero in un tramonto perduto, come a testimoniare una stagione irrimediabilmente finita.

Rimane solo la stessa pioggia di allora e quella voce dentro che mi spinge al ricordo. Questo è quello che rimane del castello costruito sulle ali dell'immaginazione, quando l'adolescenza guardava al futuro con gli occhi colorati della fantasia sotto il mantello protettivo della famiglia.

Ma perché arrivare fin quassù, sotto la pioggia, quando la giornata consiglia di starsene in casa, magari a pensare alla natura del lumicino intermittente delle lucciole? La voce dentro risponde prontamente con un “Grazie di esserci...!”, mentre il sole dei ricordi sconfigge la pioggia e ad un tratto non piove più. Struggenti singhiozzi e stupende emozioni! Miagola un gatto nero su un muretto e poco più in là ce n'è un altro che fruga tra le macerie. Una striscia di lenzuolo bianco sta appesa ad un chiodo su una tavola rimasta in piedi… vuoi vedere che anche i fantasmi, ormai stanchi di solitudine, hanno abbandonato il costone impervio del monte? Può essere tutto... quando la freschezza dei ricordi sconfigge i fantasmi del tempo!

4 COMMENTS

  1. Come sempre le sue parole ci calano in una dimensione ormai lontana ma se chiudiamo gli occhi ci sembra ieri. Le minuziose sfumature e la particolarità dei dettagli si intrecciano con le emozioni, con una nostalgia del tempo spensierato.
    Resta ” la freschezza dei ricordi” capace di sconfiggere, a volte, anche solo per un momento la cruda realtà….
    Grazie!
    Marcella

    Marcella

    • Firma - Marcella