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“Le due facce di Tuvolo” – racconto di Alberto Bottazzi

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Tuvolo è un dono di madre natura alla mia giovinezza, un luogo con una prerogativa per me molto importante, poiché racchiude nello stesso posto le due facce dei miei ricordi, un po’ come Giano bifronte, dio dell’antica Roma, anche se il paragone è un po' azzardato.

A Tuvolo il tempo gira senza fretta, lo sguardo si perde negli orizzonti liberi dei  monti, nel volo delle poiane e nello zampettare lesto dei caprioli tra i cespugli, mentre la divina Pietra, da lontano, veglia attentamente l’immenso prato fino al torrente. Il panorama di Vaglie assorbe tutto lo sguardo, con i colori delle case, le strade, le boscaglie che odorano di famiglia, feste paesane, vecchie storie  raccontate amorevolmente dai nonni nel piccolo spazio della cucina. Una dolcezza del tempo, l’amore di una carezza che rasserena lo spirito, mentre senti scorrere prepotentemente nelle vene l’antico vincolo del sangue. Contrapposto a Vaglie, l’altra faccia, Ligonchio, la cui veduta, anche se parziale, sprigiona alla memoria gli anni in cui vivevo lì con i primi peli della barba che nascevano a macchia di leopardo su un viso ancora acerbo ricco solo di sogni e fantasia. Focacce e masturbazioni e i pantaloni  dell’anno prima diventavano sempre più corti, con i piedi che si allungavano a dismisura fino ad uscire dalla punta delle scarpe.
Tempi preziosi che vivono il presente sotto la costellazione dei ricordi.
Tempi di vacanze, d’incontri, nelle brezze serali dei giorni d’estate, quando il silenzio cinguetta con lo spirito, facendo dimenticare, anche solo per un attimo, i guai del nostro mondo malato di protagonismo. Tra qualche minuto tornerò dove ogni sasso parla di me, della mia storia. I colori della memoria si accendono sia guardando il versante di Vaglie, sia quello di Ligonchio e la contemplazione dell’anima è straordinaria. Nella quiete degli orizzonti di Tuvolo ritrovo la compagna ideale dei miei pensieri. Vorrei nascondermi dentro una zolla di terra per non lasciare mai questo posto incantevole, ma ho promesso al tramonto del giorno l'ora del ritorno.

Alberto Bottazzi