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L’ultimo saluto a don Danilo

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La capiente chiesa della Risurrezione a Castelnovo ne’ Monti fatica comunque a contenere le tante persone, tra sacerdoti, diaconi, laici, che mercoledì 11 maggio desiderano dare l’ultimo saluto a don Danilo Gherpelli, parroco dell’unità pastorale di Ramiseto.

È il vescovo Giacomo Morandi a presiedere la liturgia, ricordando l’esortazione di Gesù a tutti i discepoli a vivere il tempo che è a nostra disposizione come attesa, con il tipico atteggiamento di chi è in viaggio, del pellegrino che sa che è in cammino verso una meta, con la cintura ai fianchi e le lampade accese. Queste parole – commenta l’Arcivescovo – hanno trovato una piena accoglienza nel cuore di don Danilo che le ha anche vissute.

“Nel nostro primo incontro telefonico, a dir la verità, appena fui nominato vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, don Danilo mi ha subito detto al telefono: «Spero proprio di poterla incontrare perché lei sa che sono gravemente ammalato», dice il pastore. Poi rammenta il primo incontro vis-à-vis, in cui ha colto nel sacerdote la chiara consapevolezza della prossimità dell’incontro con il Signore, vissuto con una serenità profonda.

“Le prime parole che mi ha detto sono state: «Don Giacomo, io non ho paura. Ma soprattutto… grazie – ha continuato – ai tanti amici che in questi mesi mi hanno accompagnato con il loro affetto e la loro preghiera: questa serenità è il frutto della loro preghiera, di questa vicinanza. L’unico dolore – diceva ancora don Danilo – è lasciare i tanti amici”. Possiamo proprio dire – prosegue il Vescovo Giacomo nell’omelia – che don Danilo aveva il culto dell’amicizia, della capacità di intessere relazioni, di viverle in profondità, e si è preparato a questo distacco fissando il suo sguardo su ciò che è invisibile, reale ed eterno: e tutto ciò che viene vissuto nella prospettiva della fede in Dio e con Dio, cioè dell’amore, rimane per sempre.

L’Arcivescovo si rivolge al defunto: “Caro don Danilo, le tue amicizie e le tue relazioni, lo sai molto bene, non sono lasciate, ma vissute in una luce diversa, perché l’amore è più forte della morte… Non è possibile che ciò che è vissuto in una prospettiva di dono e di amore possa essere distrutto, travolto dalla morte”; infatti tra gli ultimi desideri espressi da don Danilo nelle giornate già pesantemente segnate dalla malattia c’era che il momento del funerale fosse vissuto nella gioia e nella lode a Dio.

“Il tuo ministero, don Danilo, è stato contrassegnato da tante responsabilità”, dice monsignor Morandi, evidenziando come il suo programma pastorale fosse volutamente semplice - afferma ancora Morandi - perché concentrato sull’essenziale: incontrare le persone dove esse si trovano, sviluppare relazioni di prossimità verso i più deboli e verso coloro che  erano sparsi un po’ in tutto il territorio, portando loro il dono più grande: l’Eucaristia. Poi il pastore torna con la memoria all’Unzione degli infermi e alla preghiera fatta insieme prima che don Danilo andasse all’Oasi San Francesco per l’ultimo tratto della salita al calvario: “Ha voluto rimanere nella sua parrocchia, tra i suoi fratelli e sorelle nella casa di riposo da lui tanto amata e servita non senza prove e sofferenze, come un vero padre che termina il suo pellegrinaggio tra i suoi figli per i quali ha donato se stesso”.

Il Vescovo Giacomo conclude l’omelia con un’esortazione, guardando la numerosa assemblea liturgica: “Custodite questa memoria, custodite nel cuore questa testimonianza di un padre che rimane, che ha donato la vita, ma che ha offerto anche la sua morte per i suoi figli, portando la sua umanità contrassegnata da luci, da fatiche, ma da un cuore grande. Conservate questa memoria! Non disperdete questo chicco di grano che è caduto in terra e produce frutto”.

Tratto da La Libertà n. 19
18 maggio 2022
Foto di Giuseppe Maria Codazzi.