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Processo all’ambiente: che responsabilità ha l’uomo nel cambiamento climatico?

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"È nelle mani dei giovani che si concentra il nostro futuro, quindi è giusto che ci sentiamo responsabili e impariamo quanto più possibile sul cambiamento climatico. Solo così potremo rimediare ai danni ambientali che sono stati fatti e, forse, porre fine alle azioni egoistiche dell'essere umano che, alle volte, pensa solo al suo profitto”. 

E' con queste parole che Romina Ndoci, una studentessa del terzo anno del Liceo Linguistico Cattaneo dall'Aglio commenta “Green attack: 'Processo all'ambiente', l'incontro avvenuto all'Oratorio Don Bosco lo scorso 3 giugno. 

Lei, come tanti altri suoi coetanei, ha trascorso la mattinata assistendo al lungo processo, realizzato con tanto di Pubblico Ministero, rappresentato dall’avvocato Mara Valentini, e Avvocato Difensore, espresso invece da Willy Reggioni. Al centro della sala siede Roberto Baldini, professore di Filosofia e Storia del Cattaneo dall’Aglio e giudice della causa, contornato da rappresentanti dei giovani, dei lavoratori e del popolo. 

Dopo una breve premessa, il processo ha subito inizio. L’accusa spiega il primo di tre capi d’imputazione: l’ambiente è colpevole di danni alle colture e all’essere umano a causa delle numerose specie di insetti nocivi che, infestando campi coltivati, rovinano i raccolti; contestazione alla quale la difesa risponde con una lunga arringa riguardo all’utilità di innumerevoli insetti che, come le api, sono indispensabili per la sopravvivenza della specie umana. 

La seconda contestazione mossa dal pubblico ministero parla, invece, di appropriazione indebita di territori competenti all’uomo. Animali anche selvatici, per esempio i cinghiali, e piante infestanti prendono sempre più piede in luoghi che dovrebbero essere frequentati solo dall’uomo; fatto che la difesa giustifica come una crescente rinaturalizzazione, cioè una riappropriazione di territori che dovrebbero essere propri della natura e che l’essere umano le ha sottratto. 

Infine, il terzo e ultimo capo d’imputazione è l’omissione di messa in atto di misure preventive e idonee a contrastare l’attività umana per compensare l’aumento delle temperature, con l’aggravante della premeditazione. Dopo che la Difesa ha ribattuto dicendo che la natura ha sempre svolto il suo corso alla stessa maniera e non aveva motivo di cambiarlo, la giuria si ritira per comporre il verdetto. 

Alla fine, il verdetto è letto: l’ambiente è assolto. Non è macchiato di alcuna delle colpe che gli sono state imputate: chi tenta di ascrivergliele gli addebita errori che sono stati commessi dall’uomo che definisce la natura troppo aggressiva, asserendo che costringa l’essere umano a difendersi, rendendolo una vittima.

Al termine del processo commenta così Sofia Ceretti, studentessa del Turistico: "Questi incontri sono utili e l'idea del processo è originale. L'uomo tende a distruggere le cose invece che prendersene cura, le sfrutta a suo favore fino a rovinarle. Le nuove tecnologie, per esempio la plastica, hanno influito su di noi e ci hanno fatto capire che ciò che facilita la vita dell'uomo spesso danneggia l'ambiente. Si sarebbe potuto evitare di arrivare a questo punto di non ritorno: ci sono altre vie, ma sono più lunghe e complicate, e l'uomo preferisce le cose immediate. Adesso che ci siamo dentro fino a questo punto sarà difficile uscirne, ormai il problema è irreparabile: tante delle cose belle che c'erano una volta, come la Foresta Amazzonica e la Barriera Corallina, non sono recuperabili. Quel che è grave è che non tutti si convincono di dover unire le forze per migliorare. Penso che uscire da questa situazione sia ormai impossibile a causa delle persone che non si impegnano e che forse sono più numerose di quelle che, invece, vogliono cambiare".

Conclude Sofia Bianchi, studentessa del terzo anno del Liceo Linguistico: “Penso che i giovani, nel loro piccolo, possano avere un grande ruolo nei confronti del cambiamento climatico. Se ognuno di noi svolge anche piccolissime azioni come possono essere la raccolta differenziata, la diminuzione degli spostamenti con mezzi inquinanti o mangiare il cibo locale e biologico, secondo me si potrebbero vedere dei grandi cambiamenti. Il problema è che, purtroppo, davvero poche persone pensano a svolgere queste piccole azioni che possono migliorare il mondo. Ciò che manca  - aggiunge - è l’unità e la voglia di crescere insieme un mondo nuovo e soprattutto non inquinato. Un modo per indirizzare i giovani facendo rendere loro conto della gravità della situazione è mostrare loro quante cose stiamo distruggendo, attraverso la vita quotidiana ma anche per mezzo di documentari. Dobbiamo però dare loro anche tanta speranza, oltre a far vedere loro ciò che stiamo distruggendo, far loro capire che se si agisce per tempo si può, insieme, salvare il nostro mondo. Siamo noi che decidiamo cosa fare, se farlo vivere o lasciarlo morire. Le situazioni del futuro saranno inevitabilmente condizionate da come decidiamo di agire oggi: penso che i giovani inizieranno ad interessarsi davvero al cambiamento climatico quando vedranno dei cambiamenti che li porteranno ad agire ma, allora, sarà troppo tardi. È per questo che, per cambiare il mondo, dobbiamo prima cambiare noi stessi, cercando di variare la nostra quotidianità in modo migliore e per un mondo migliore”.

Silvia Miselli