Home Cronaca “Con i pasti e l’aiuto di tanti regaliamo un sorriso a chi...

“Con i pasti e l’aiuto di tanti regaliamo un sorriso a chi è in difficoltà”

34
0

La povertà esiste ed è più diffusa di quanto si possa immaginare. Ci sono persone che vivono ai margini della società e nel tempo si sono create vere e proprie reti solidali: volontari che si uniscono per aiutare i bisognosi. In montagna, per esempio, la solidarietà alle Case di Carità ha il nome del Comitato Esodati.

La Casa di Carità sono strutture che danno accoglienza alle persone più fragili, una piccola comunità che vive come una famiglia: persone che non hanno ‘niente’, anziani senza parenti che possano assisterli, oppure persone con disabilità fisiche o psichiche che insieme ad altri trovano sostegno.

Abbiamo intervistato Pietro Braglia, presidente del Comitato Esodati, per farci raccontare come è nata questa straordinaria rete di solidarieà.

Come è iniziato il ‘cammino’ del Comitato Esodati?

Precisiamo che alla sua nascita avevamo fini diversi da oggi. E’ stato fondato nel 2011, dopo la riforma Fornero che ha lasciato oltre 350mila persone senza stipendio, senza pensione e senza lavoro. Siamo il primo comitato a nascere in Italia; abbiamo raccolto decine di persone di varie fabbriche e aziende reggiane e abbiamo iniziato a lottare rivendicando i nostri diritti insieme ad altri comitati nazionali. Questo ci ha portato decine e decine di volte ad andare presso le Istituzioni romane: Inps, sindacati, partiti, ministeri, Parlamento europeo, fino alla risoluzione della faccenda.

Una volta raggiunto l’obiettivo cosa è successo?

Noi abbiamo deciso di continuare ad operare a livello di solidarietà sociale: ci siamo semplicemente “trasformati”. Oggi non combattiamo più una legge per difendere i diritti dei lavoratori ma abbiamo deciso di aprire una rete di solidarietà per quelli che sono definiti gli ultimi della società.

Un cambio di prospettive che vi ha portato a ricercare sostegni…

Si, abbiamo iniziato a relazionarci tra noi, anche quelli che non avevano ancora risolto del tutto la questione ‘lavorativa’ legata alla riforma Fornero. Abbiamo iniziato ad interloquire tra noi e con le Istituzioni. Ad esempio, il Comune di Reggio Emilia ha fatto un accordo con noi per la gestione e la guardiania dei cimiteri del territorio dando una valorizzazione al nostro lavoro.

E abbiamo iniziato a prendere contatto con le persone che versano in un grave disagio economico, cercando di aiutarle il più possibile. Ricordo che c’era un uomo che cercava l’elemosina a Piazza del Monte, ebbene gli abbiano proposto di fare lavoretti socialmente utili con un accordo fatto con il Comune.

Solidarietà espressa con aiuti concreti verso chi davvero ha bisogno, fino ad arrivare alle donazioni alle Case di Carità della montagna…

Siamo partiti grazie alle segnalazioni di una nostra collaboratrice l’ex vicesindaco di Viano, Assunta Spadoni che ci ha indirizzato alla Casa di San Giovanni. Da lì è partita poi una lunga serie di iniziative per tutta la montagna: Cagnola, Cereggio, Fontaluccia, Busana, e tutte le altre. Siamo partiti così e siamo rimasti in montagna, non c’è un motivo specifico.

Perché proprio le Case di Carità?

Perchè è lì che ci sono gli ‘ultimi della società; persone che davvero non hanno nulla, completamente sole e in difficoltà. In queste strutture ci sono anche anziani che non hanno i soldi per andare in una Rsa, che non possono permettersi un’assistenza, anche di tipo sanitario.

Chi vi sostiene?

Da quando siamo partiti il nostro grande sostenitore è il presidente Stefano Landi , poi ci sono altre persone, grazie a loro siamo riusciti e riusciamo a mettere insieme le cose che ci vengono donate e date in affidamento. Consegniamo soprattutto beni di prima necessità, grazie anche al sostegno della Conad. Durante le nostre visite portiamo anche il pranzo e diverse prelibatezze offerte  dalla pasticceria Boni e dalla trattoria Volfango di Casina: questo ci permette anche sorrisi.