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Nuova sede per il Centro di ascolto Caritas Casina

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Il Centro di Ascolto Caritas Casina nasce nel 2013 come luogo di solidarietà e di ascolto attivo delle persone che, per i motivi più diversi, versano in stato di difficoltà.

Il 31 luglio scorso il Centro d’Ascolto ha aperto le porte della nuova sede alla cittadinanza, perché tutti potessero avere l’opportunità di vedere i nuovi locali e capire meglio di cosa si occupa il centro.

Anche la redazione di Redacon è andata in visita, nei giorni successivi all’inaugurazione, per conoscere questa realtà, così silenziosa eppure così presente.

Ad accogliere Redacon c’erano Manuela Bernardi, Valentina Canovi e Stefano Busanelli.

Come è nata l’idea di aprire le porte alla cittadinanza con un Open Day?

L’idea dell’Open Day, in una realtà che è sul territorio ormai da diversi anni ormai e che è sostenuta dalla popolazione, è nata per dare la giusta visibilità alla nostra attività. Rispetto ad altre attività di volontariato, infatti, quella del Centro d'Ascolto è, anche volutamente, una realtà che rimane invisibile, che resta per sua natura sullo sfondo. Abbiamo sfruttato l’opportunità del rinnovo della nostra sede per aprire letteralmente le porte.

 L’apertura delle vostre porte, quindi, non è solamente l’apertura di uno spazio fisico.

Infatti, si tratta di un’apertura alla conoscenza. Molti sanno chi siamo, ma non tutti conoscono cosa facciamo e come. Dobbiamo dire che le persone hanno risposto molto positivamente all’invito, venendoci a trovare e cercando di conoscerci meglio.

Un sostegno evidente. Inaspettato?

Non del tutto, il sostegno della popolazione si è sempre fatto sentire. Un esempio per tutti, la campagna di raccolta alimentare davanti ai supermercati, che è una chiamata alla quale Casina ha sempre risposto. L’Open Day voleva essere anche una modalità per ringraziare il paese per questo sostegno.

Su quanti volontari può contare il Centro di Ascolto?

Al momento siamo una trentina di volontari, che formano un bel gruppo coeso. Speriamo che l’Open Day sia servito anche a solleticare la curiosità di qualche nuovo potenziale volontario.

Cosa contraddistingue la vostra attività?

La responsabilità. A differenza di altre associazioni, magari culturali o ludiche, noi non possiamo permetterci di chiudere o di fermarci. Se il nostro Centro chiudesse o si fermasse sarebbe un grave problema per molte famiglie, che non saprebbero più a chi rivolgersi.

In questi dieci anni di attività avete anche subito due perdite importanti. Questo Open Day era anche per loro?

Improvvisamente abbiamo perso due colonne portanti: Oscar Molinari e Jara Bizzarri. Queste perdite ci hanno messo duramente alla prova, sia moralmente che materialmente. Oscar, referente del gruppo alimentare e Jara, referente del gruppo d’ascolto, sono stati volontari del Centro fin dalla sua apertura ed hanno sempre dedicato moltissime energie al Centro e a tutti noi. È stata quindi, per tutti, una prova difficile. L’Open Day è stato anche per loro, che certamente hanno sorriso.

Il prossimo anno festeggerete i vostri primi 10 anni di attività, nei quali avete attraversato prima una pandemia ed ora una guerra. Quanto e cosa è cambiato da quando siete partiti?

Abbiamo iniziato l’attività in un momento di crisi economica che ha violentemente impattato le famiglie. Con il tempo le cose sono migliorate, grazie anche al sostegno di tutta la cittadinanza e delle istituzioni e la domanda è un pochino calata, anche se sotto le 10 famiglie non siamo mai scesi. Più che sul numero di famiglie seguite l’impatto è stato su come è cambiata la relazione con le stesse. Giocoforza abbiamo dovuto sospendere gli incontri in presenza e le distribuzioni dirette, che in tempo di pandemia venivano consegnate dalla Croce Rossa. Avevamo il telefono come unico mezzo di comunicazione. La cosa più difficile è stata mantenere i contatti senza poter incontrare le persone.

E come è cambiato, di conseguenza, l’ascolto?

Paradossalmente aver dovuto limitare i contatti esclusivamente al telefono ha trasformato i rapporti. Ora le persone si sono abituate a sentirci telefonicamente e la relazione si è intensificata. Ora riceviamo messaggi che ci aggiornano su alcune situazioni, che ci raccontano episodi quotidiani, riceviamo telefonate con l’intendo di “fare due chiacchiere” ed è molto bello per noi. Il Centro d’Ascolto, così, è in qualche modo attivo tutti i giorni.

Quali sono i bisogni che maggiormente intercettate?

Rimane costante il supporto alimentare. Ci sono state però richieste anche molto diverse, come quella di aiuto per raggiungere il posto di lavoro, di richiesta di beni mobili, di computer per i figli in Dad, di sostegno sul reperimento di libri di testo, di sostegno per la frequenza ai campi estivi, per trasporto al dopo scuola, per la fornitura di occhiali, per la modalità di ricerca di lavoro. Fondamentalmente ciò che spinge le persone a rivolgersi a noi, in primis, è il bisogno economico, quello più immediato, dietro al quale è presente però tutto uno scenario più complesso. Spesso dietro il bisogno economico, seguito dall’ascolto, emergono altre richieste pratiche e relazionali. Ovviamente noi agiamo in stretto rapporto con i Servizi Sociali del comune di Casina, con il quale c’è una proficua collaborazione.

Cosa può fare la popolazione per aiutarvi?

Volontariato, certamente, ma anche contribuire a sostenerci con la raccolta alimentare e con le donazioni economiche. A volte c’è la necessità di richieste specifiche, e per questo diramiamo, tramite le nostre pagine Facebook e Instagram, cosa stiamo cercando. Abbiamo sempre avuto, da questo punto di vista, riscontri umanamente molto belli. Chiediamo a tutti, inoltre, di continuare a darci fiducia.

Quante sono le famiglie che, dalla vostra apertura, avete in qualche modo seguito?

Sono state più di sessanta nuclei. Qualcuno ha fatto un pezzo di strada con noi e poi ha proseguito da solo. Qualcuno va e poi ritorna. In questo momento stiamo sostenendo, con aiuto alimentare, 12 famiglie. Ci piace però sottolineare che noi lavoriamo per progetti. Il nostro aiuto alimentare non rappresenta una mera forma di assistenzialismo fine a sé stesso, ma di sostegno per un percorso di miglioramento ed uscita da situazioni di difficoltà. Negli anni abbiamo avuto molte soddisfazioni da questo punto di vista.

Per esempio?

Qualcuno, dopo un certo periodo, ha rinunciato all’aiuto alimentare chiedendo che venisse messo a disposizione per altre persone che ne avevano più bisogno. Qualcuno è riuscito a migliorare la propria posizione ed ha chiesto di diventare volontario. Ci piace immaginare la nostra porta d’ingresso come una porta girevole, dalla quale si può entrare e più facilmente uscire, per poi magari rientrare con un altro ruolo.

Cosa vi piacerebbe ci fosse nel futuro del Centro d’Ascolto di Casina, che il prossimo anno compie 10 anni?

Abbiamo proprio un sacco di idee per il futuro, partendo da un momento di riflessione con i volontari, per capire esattamente la strada da intraprendere per il futuro. Molti volontari si sono succeduti e cambiati, abbiamo una nuova sede, nuovi canali per operare, è un momento di grande fermento. Abbiamo molte idee in vista del nostro decimo compleanno, ma sono ancora in stato embrionale ed attendono anche il giusto confronto con Caritas Diocesana, che da sempre ci ha guidato.

L’icona e l’immagine del Centro d’Ascolto?

Il tavolo tondo al posto della scrivania. Al tavolo rotondo siamo tutti uguali.

Il sogno nel cassetto del Centro d’Ascolto?

Essere costretti a chiudere per mancanza di necessità. Più che un sogno un’utopia; starebbe a significare che nessuno ha più bisogno di noi e del nostro aiuto. Sarebbe bellissimo.