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Ottobre rosa, i senologi Beretti e Marchesi: “In Appennino l’adesione allo screening mammografico è alta”

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“Prevenzione, la migliore amica di ogni donna”: è lo slogan scelto quest’anno dalla Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) per la Campagna “Nastro rosa” per tutto il mese di ottobre dando il via ad una serie di iniziative organizzate dalla Lilt, in collaborazione con le associazioni provinciali distribuite su tutto il territorio nazionale.

Sensibilizzare ponendo l’accento sull’importanza della prevenzione perché una diagnosi precoce è fondamentale: ne abbiamo parlato con il dottor Filippo Beretti che lavora al Servizio di Radiologia dell’Ospedale Sant’Anna e la dottoressa Vanessa Marchesi, anche lei, seppur occasionalmente, in servizio al Sant’Anna e stabilmente presso Diagnostica Senologica dell’Asmn.

“Il punto di riferimento – spiegano - è il Dipartimento di diagnostica per immagini e medicina di laboratorio diretto dal dottor Pierpaolo Pattacini. il direttore dei programmi di screening, compreso lo screening mammografico è la dottoressa Cinzia Campari; la dottoressa Rita Vacondio è responsabile della struttura semplice del reparto di radiologia ASMN-Castelnovo ne’ Monti di mammografia e screening mammografico.

E' iniziata la campagna di sensibilizzazione alla prevenzione del tumore al seno: quanto è importante in questo tipo di tumore?

La prevenzione è molto utile in alcuni tipi di malattie, tanto che il Sistema Sanitario Nazionale organizza vari tipi di screening sulla popolazione, in particolare per prevenire il tumore della cervice uterina con pap-test e vaccino contro HPV, il tumore del colon-retto con ricerca di sangue occulto fecale e il tumore al seno con la mammografia. In merito a quest’ultimo tipo di tumore, su cui noi siamo impegnati quotidianamente, la prevenzione è fondamentale. L’ obiettivo è quello di arrivare alla diagnosi del tumore al seno il più precocemente possibile, quando ancora è di piccole dimensioni e soprattutto prima che questo dia segni e sintomi. Tuttavia purtroppo questo non sempre è possibile, perché i tumori a volte sono subdoli e si nascondono anche alla mammografia; ecco perché è comunque importante l’autopalpazione del seno, oltre che ovviamente essere puntuale nell’effettuare lo screening mammografico di prevenzione. La prevenzione e la diagnosi precoce infatti sono fondamentali nel tumore al seno: prima si arriva alla diagnosi, maggiori sono le possibilità di guarigione attraverso cure meno impegnative e meno invasive.

È quindi importante aderire ai programmi di sorveglianza perché diagnosticare precocemente il tumore quando è ancora piccolo aumenta significativamente la possibilità di sconfiggerlo. La sopravvivenza al tumore al seno infatti è nettamente aumentata negli ultimi decenni, ed è tra le più elevate in ambito oncologico, grazie al miglioramento delle tecniche diagnostico-terapeutiche e all’attenzione sempre più alta verso la prevenzione.

Come avviene la diagnosi precoce?

Premesso che è importante l’autopalpazione periodica, non ossessiva, cui la donna ogni tanto deve sottoporsi (poche semplici manovre che solo lei è in grado di fare con ripetitività conoscendo il suo corpo), gli strumenti che dobbiamo utilizzare per scoprire i tumori così precocemente da non essere ancora percepibili dalla donna sono in primo luogo la mammografia, che per quanto sia vista talora come metodica “fastidiosa”, rimane lo strumento cardine della prevenzione del tumore al seno. Oggi, per di più, si può dire che la mammografia stia vivendo una “seconda giovinezza” grazie a implementazioni che ne aumentano le potenzialità, quali la possibilità di fare la mammografia volumetrica 3D “a fette” (Tomosintesi) o col mezzo di constrasto (CEM). Entrambe queste evoluzioni tecnologiche sono effettuate nell’ospedale della nostra montagna ed in particolare ricordiamo che la mammografia con Mezzo di Contrasto è arrivata al Sant’Anna grazie al fondamentale impegno delle associazioni di volontariato. Oltre a queste metodiche, l’ecografia permane un valido strumento da affiancare alla mammografia, soprattutto nelle donne giovani o con seno denso. Anche la risonanza magnetica è utilizzata per la prevenzione, ma esclusivamente nelle donne con mutazione genetica accertata o donne ad altissimo rischio famigliare di ammalare. Non utilizza radiazioni ionizzanti e viene utilizzata anche in donne molto giovani con rischio eredo-famigliare.

Cosa fare allora in via 'preventiva' e in questo quanto conta lo stile di vita?

Esistono 2 tipi di prevenzione per il tumore al seno: quella primaria, che rappresenta il primo strumento che ognuno di noi può e deve mettere in atto nella vita di ogni giorno, mediante uno stile di vita sano ed equilibrato, con attenzione all’alimentazione, evitando il fumo e l’alcool, effettuando attività fisica e movimento costantemente. Si è visto che ciò è importante e che le persone che la effettuano hanno comunque meno probabilità di ammalare di tumore. E’ altresì e forse più importante quella secondaria, che si effettua mediante la diagnosi precoce tramite esami radiologici ed in particolare con lo screening mammografico: ricerca tumori già “nati”, ma in stadio precoce, per aumentare significativamente la probabilità di guarigione della donna.

Qual è la casistica Appennino?

In Provincia di Reggio Emilia, incidono ogni anno dai 600 ai 650 tumori mammari, di questi poco più di 500 sono tumori infiltranti, mentre i restanti sono tumori in situ. L’incidenza è lievemente maggiore in città e nei comuni della bassa reggiana, probabilmente per la presenza di fattori protettivi in montagna.

Di questi quasi tutti i tumori nel nostro appennino sono diagnosticati nel Servizio di Radiologia dell’Ospedale Sant’Anna. Da sottolineare che la sopravvivenza è identica in tutta la provincia ed è del 90,2% a 5 anni, molto più alta della media nazionale (87,8%), la sopravvivenza a 5 anni delle donne in stadio I è addirittura del 100%; questo grazie all’adesione agli screening e all’omogeneità di cure. Tutte le donne con diagnosi di tumore al seno del nostro appennino infatti, allo stesso modo delle donne del resto della provincia, vengono prese in carico da equipe di specialisti dedicati (radiologi, oncologi, chirurghi, anatomo-patologi, medici nucleari, radioterapisti, psiconcologi, fisiatri) afferenti alla “Breast Unit Integrata” provinciale, che si riunisce settimanalmente. Il gruppo è organizzato come un vero e proprio percorso di trattamento oncologico e racchiude al suo interno tutte le conoscenze e le possibilità diagnostiche e terapeutiche necessarie per fornire un servizio di elevata qualità ed efficienza, guidando ed affiancando la donna nelle diverse fasi diagnostico-terapeutiche e riabilitative. La nostra “Breast Unit”, che è attiva in ambito provinciale, è proprio finalizzata ad una omogeneità di comportamenti, sia in ambito di diagnosi che in ambito di terapie.

Il tumore alla mammella è tra i più diffusi fra le donne, c'è un motivo?

Fino ad alcuni anni fa il tumore più diffuso era quello della cervice uterina, poi quasi azzerato dalla prevenzione: il pap test e successivamente il vaccino contro il papilloma-virus l’hanno praticamente sconfitto. Per quanto riguarda il tumore al seno sicuramente entrano in causa più fattori e quindi c’è ancora molto da capire sulla sua eziologia, benché alcuni fattori di rischio siano ormai ben noti: accanto a genetica e famigliarità contano gli stili di vita, l’obesità e la sedentarietà.

 C’è anche una percentuale di uomini colpiti da questo tumore? 

Sì, anche se è naturale pensare al tumore al seno come a una patologia esclusivamente femminile, vi è una piccola incidenza anche nel sesso maschile, circa lo 0,5-1%. Si tratta infatti di una malattia molto rara nell’uomo, che più frequentemente va inquadrata nel contesto dell’eredo-famigliarità, essendo spesso associata alla presenza di una mutazione genetica. Anzi, avere un maschio in famiglia ammalato di tumore al seno comporta, per i componenti il nucleo, un rischio eredo-famigliare maggiore rispetto ad avere un famigliare di sesso femminile.

Se c'è, quanto conta la predisposizione genetica?

La predisposizione genetica ha il suo peso in circa il 5-10% dei casi di tumore mammario. In tutti gli altri casi invece l’insorgenza del tumore è dovuta alla complessa relazione tra una eventuale predisposizione genetica ancora poco nota e gli effetti dell’ambiente in cui si vive. La maggior parte dei tumori mammari sono infatti considerati “sporadici”, ovvero insorgono in donne senza una significativa storia familiare per questa patologia. Per quanto riguarda il tumore al seno legato alla predisposizione genetica sono già in essere in tutta la nostra provincia percorsi protetti, ove la donna viene inserita in protocolli di sorveglianza specifici a seconda del suo tipo di rischio.

Quanto è efficace la diagnosi strumentale?

La diagnosi strumentale è molto importante per questo tipo di malattia ed ha sicuramente un impatto favorevole sia sulla prognosi che sulla riduzione della mortalità. Il tumore al seno oggi ha tassi di guarigione molto alti, oltre che all’avanzamento delle cure, soprattutto grazie alla diagnosi precoce. È opportuno però ribadire come purtroppo esista sempre un margine ove anche gli strumenti che abbiamo a disposizione non riescono a identificare precocemente il tumore, vuoi per la velocità di crescita della malattia stessa, vuoi per i limiti tecnici intrinseci alle metodiche.

E con quale frequenza è consigliato sottoporsi a queste indagini?

Nella nostra regione il Sistema Sanitario interviene gratuitamente proponendo lo screening a tutte le donne dai 45 ai 74 anni, con frequenza annuale fino ai 50 anni e con frequenza biennale dai 50 ai 74 anni. Lo screening del tumore mammario infatti rappresenta lo strumento più efficace per coprire in maniera sistematica, con tempi precisi e con cadenza regolare, la popolazione femminile in quella che è considerata la fascia di età che è dimostrato scientificamente possa avere i maggiori benefici dalla prevenzione (45 – 74 anni). Noi radiologi inoltre, di concerto con gli oncologi e i chirurghi, proponiamo di aumentare l’attenzione al proprio seno già prima dei 45 anni, con autopalpazione sistematica (possibilmente sempre alla fine del ciclo mestruale), eventuali visite senologiche, mammografie a partire dai 40 anni, anche nei più lontani sospetti di minime variazioni del proprio seno per poi agganciarsi allo screening dai 45 anni.

A che punto siamo con la ricerca?

La ricerca sul tumore al seno ha fatto grandi progressi sia sul piano diagnostico che sul piano terapeutico. Ad oggi la ricerca sta andando nella direzione di personalizzare il più possibile i nostri strumenti e le nostre metodiche in rapporto alle caratteristiche fisiche peculiari e ai fattori di rischio della singola persona, in modo da avere uno screening “cucito” sulla persona stessa. La nostra radiologia è anche capofila Italiano dello studio clinico randomizzato su scala europea MyPEBS (My Personal Breast Screening, tradotto “il mio screenig personale al seno”) che tra gli obbiettivi ha quello di offrire la miglior prevenzione per quella determinata persona in quel determinato momento.

Volete fare un appello?

Il livello di presa di coscienza delle donne della nostra provincia ed in particolare del nostro appennino è molto alto, dimostrato proprio dall’elevato tasso di adesione allo screening mammografico rispetto ad altre realtà geografiche. Il nostro appello è quello di partecipare ai programmi organizzati di prevenzione e di dare loro priorità, ma è anche quello di “ascoltare comunque il proprio corpo”, per percepirne le variazioni; ogni dubbio deve poi essere valutato da noi sanitari: medici di Medicina Generale e specialisti in Diagnosi del settore. Noi ci siamo!