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Il maestro di Sologno

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Per longevità di incarico, per avere sposato una solognese ed abitato in paese per oltre 23 anni, il “Maestro” di Sologno è Antonio Bonacini, mio padre. Ed è proprio col termine “maestro” che veniva affettuosamente chiamato dai solognesi anche per la intensa partecipazione alla vita del Paese: dagli incarichi in parrocchia (suonando l’armonium, insegnando canti e partiture per le funzioni religiose), partecipando a decine di matrimoni di paesani che chiedevano l’accompagnamento musicale alla cerimonia con partecipazione al successivo pranzo (allora in famiglia), dando lezioni per superare l’esame di ammissione alle medie (era un ostacolo impegnativo!), per ottenere la “licenza” della scuola dell’obbligo (le elementari) necessaria per molti lavori, a disposizione di tutti i paesani per documenti, corrispondenza o semplici informaioni. Quando nel 1952 la mia famiglia si trasferì a Quattro Castella la Parrocchia di Sologno donò al “Maestro” un “Sacro Cuore” con una dedica per i servizi prestati alla comunità negli anni trascorsi in paese. Questa semplice opera con le parole di apprezzamento, stima e gratitudine è oggi ospitata
in una apposita edicola in pietra al bordo di Via dell’Isola che i figli hanno voluto dedicare alla memoria del loro padre.
Antonio Bonacini nasce a Reggio Emilia nel 1912 da una famiglia che non aveva la possibilità di farlo studiare. Con l’aiuto del parroco venne accolto in un collegio religioso della Brianza dove compie l’intero ciclo di studi dalle elementari fino al liceo classico. Per trovare rapidamente un lavoro e concorrere al sostentamento della sua famiglia, supera l’esame per diplomarsi maestro elementare. Il suo primo incarico da insegnante è a Gazzano di Villa Minozzo quindi a Reggio Emilia poi a Sologno (nel 1939) dove rimane ininterrottamente fino all’ottobre del 1952 (salvo il periodo bellico). Durante la guerra torna dal fronte e sposa nell’Aprile del 1943 la sua Adriana quindi ritorna al fronte iugoslavo dove, pochi mesi dopo, sarà fatto prigioniero dell’esercito tedesco. Trasferito
in Germania, verrà fatto prigioniero dai Russi e tornerà in Italia dopo la fine delle ostilità quando le speranze di un suo rientro cominciavano a evaporare!. Riprende l’insegnamento
a Sologno e inizia gli studi universitari che gli consentono di accedere e vincere il concorso per il ruolo di direttore didattico: in tale ruolo opera a Luzzara e Vetto per concludere, a
San Polo d’Enza nel 1976, la carriera scolastica. Si spegne nel 1984 ed è sepolto, per sua espressa volontà, nel cimitero di Sologno dove, nel 2015, lo raggiunge la moglie Adriana. Tutti i quattro figli sono legati al Paese (due vi sono nati) e conservano relazioni e solide amicizie. In questo borgo ci sono le radici della famiglia: mia madre è nata qui e mio padre ci ha sempre detto di aver trascorso a Sologno gli anni più belli della sua vita.
Il “Maestro” è stato un educatore autentico e più volte a noi figli ha ricordato che il
rammarico più cocente era trovarsi di fronte ad alunni capaci e meritevoli che non potevano proseguire gli studi (e non sempre per motivi economici): un patrimonio di energie ed intelligenze sprecato e sottratto alla collettività.
Le generazioni di giovani solognesi che hanno avuto mio padre come insegnante sono
molte ed ancora oggi incontro persone che mi parlano del loro “maestro” con affetto e
simpatia e questo, naturalmente, alimenta e mantiene vivo il suo ricordo

(Giuseppe Bonacini, da la Piazza)

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