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A Baiso si parla di controllo di vicinato

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Marco Capriglio

Il controllo di vicinato è una realtà che ha già diversi anni e che è felicemente approdata anche in Appennino.

Sono però ancora molti gli aspetti poco conosciuti di questo progetto di sicurezza partecipata, che il comune di Baiso ha deciso di meglio conoscere e di far conoscere ai propri cittadini martedì 17 gennaio, alle ore 20.30, alla Pro Loco di San Cassiano.

Parliamo del progetto con il dottor Marco Capriglio, curatore del libro “Il progetto di sicurezza partecipata a Scandiano: senso di una comunità e controllo di vicinato. Linee guida, idee e indicazioni operative”, tratto dalle sue tesi di laurea riguardanti la psicologia della comunità, volume che contiene anche contributi del sindaco Nasciuti di Scandiano e di Robert Barbieri, ideatore di Sicure.

Esattamente di cosa parliamo quando parliamo di comunità?

Il senso di comunità è il sentimento percepito di far parte di un gruppo, la comunità appunto, che può diventare anche territoriale. Parleremo martedì della comunità di Baiso e del senso di appartenenza di chi vive nel territorio. Il senso di sicurezza, invece, è un altro concetto, che riguarda un sentimento del tutto soggettivo ed è la percezione di sentirsi più o meno sicuri nel territorio nel quale si vive.

Quanto è importante il fattore comunità nella sicurezza?

Creare comunità è fondamentale, perché dove il senso di comunità è più alto, più cresce  il senso di sicurezza percepito. Dove la comunità è forte, quindi, ci si sente inconsciamente più sicuri.

Che supporto possono dare i gruppi di controllo alle forze dell'ordine?

E' fondamentale ribadire che nei gruppi di controllo non ci sono supereroi. Il ruolo del gruppo di controllo è essere gli occhi e le orecchie delle forze dell'ordine. Bisogna togliere l'idea che il controllo di vicinato serva a ridurre il crimine, il crimine è fisiologicamente, almeno in Italia, costantemente in calo. Il ruolo dei gruppi è quello di aumentare il senso di comunità e quindi, di conseguenza, quello di sicurezza percepito. Per un paese relativamente piccolo come quello di Baiso è fondamentale e questi gruppi possono aiutare a rendere le persone più attive ed attente a ciò che accade intorno a loro.

Cosa temono le persone che si avvicinano per la prima volta a questi gruppi?

Il timore è quello di essere visti come “sceriffi di quartiere”, cosa che in realtà, per i motivi che abbiamo visto, non deve accadere. Altra paura è quella di essere inseriti nell'ennesima chat telefonica che fa squillare inutilmente il telefono ad ogni ora, cosa anche questa che non deve assolutamente verificarsi, perché la stessa deve essere moderata e seguire regole ben precise. Un'ulteriore paura è quella che l'attività del gruppo possa invadere la propria privacy, che invece deve essere preservata.

Qual è la modalità operativa più corretta?

Certamente non si deve mai intervenire, per nessun motivo. La segnalazione corretta è riferire alle forze dell'ordine ciò che desta il sospetto e poi scriverlo nella chat. E' essenziale che i referenti vengano formati, in modo da saper condurre e moderare i gruppi di controllo, anche nelle comunicazioni. Posso dire per esperienza che la chat che funziona è quella che tace, poiché non accade nulla degno di segnalazione.

Puoi lasciarci un'immagine, una suggestione, che rappresenti i gruppi di comunità?

Rubo una frase di Paola di Scandiano: “Sentirsi vicini a tante persone che prima non si conoscevano nemmeno e che ora espongono i cartelli come fossero una bandiera”.