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Vigili della Val d’Enza: cadute le accuse più gravi contro Fabbiani, ex vicecomandante

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Il Tribunale di Reggio Emilia ha fatto cadere tutte le accuse più gravi nei confronti del castelnovese Tito Fabbiani, all’epoca vicecomandante della polizia locale della Val d’Enza arrestato nel 2018. Viene invece condannato a un anno e due mesi con pena sospesa per abuso di mezzi di correzione e disciplina anziché maltrattamenti. La sentenza è stata depositata il 13 dicembre scorso.
Il procedimento aveva avuto origine dalla presentazione alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia di alcuni esposti anonimi nei quali si censurava il comportamento di Tito Fabbiani (nato a Castelnovo residente a San Polo), della sua compagna, Annalisa Pallai (nata a Collagna, residente a Felina, domiciliata San Polo), e della comandante Cristina Caggiati (nata a Parma e residente a Neviano degli Arduini).
La prima assoluzione riguarda l'induzione indebita a dare e promettere utilità secondo cui Fabbiani, abusando dei suoi poteri, avrebbe indotto il sanpolese Stefano Saccheggiani a mettere a disposizione l'appartamento di proprietà della moglie di quest'ultimo in assenza di regolare contratto di locazione e pagando un canone inferiore al canone medio per un immobile di eguali dimensioni. Nel corso del contro esame Saccheggiani si è contraddetto più volte passando per un testimone non attendibile facendo venir meno, in questo modo, gli elementi a sostegno dell'ipotesi accusatoria. E’ infatti risultato - per stessa ammissione del Saccheggiani - che il canone di locazione pattuito fosse sempre stato pagato e anche le bollette delle utenze, e che fosse una pretesa dello stesso Saccheggiani quella di non stipulare un regolare contratto di locazione.
La seconda assoluzione riguarda l’abuso di ufficio per l’acquisto da parte dell’Unione di una Mazda C3 usata da Fabbiani per finalità extraistituzionali, secondo il giudice la norma formulata per gli enti pubblici fu rispettata.
Assoluzione anche per il reato di truffa per cui venivano contestate presunte assenze e pause non giustificate e anche la loro figlia neonata portata al comando e accudita in orario di lavoro. Per il giudice emerge che Fabbiani e Pallai hanno reso prestazioni di molto superiori agli orari di lavoro oltre a garantire reperibilità anche fuori servizio, inoltre gli imputati si davano il cambio facendo turni di lavoro diversi così da garantire alla loro figlia sempre un genitore presente per il necessario accudimento.
Il reato di maltrattamenti per avere sottoposto quotidianamente a vessazioni psicologiche 5 sottoposti ha visto sfilare una quarantina di testimoni, portati dall’accusa, e numerosi testimoni portati dalla difesa . Il tribunale ha ritenuto che non fosse configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia perché non sussisteva nei rapporti all’interno del Comando di Polizia Municipale il carattere para familiare, perché non era caratterizzato da relazioni intense e abituali. Venendo meno questo requisito non si può parlare di maltrattamenti ma il Tribunale ha riconosciuto che i comportamenti di Fabbiani hanno travalicato i limiti imposti dal rispetto della dignità altrui è stato riconosciuto il reato di abuso di mezzi di correzione, l’unico reato per cui è stato condannato. La difesa di Fabbiani ha annunciato appello.
Completamente assolta la dottoressa Cristina Caggiati, all'epoca comandante, alla quale era contestato il reato di abuso di ufficio; non sussistevano i presupposti per tale reato.

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