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Peste Suina Africana: “Non abbassare la guardia”

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Non abbassare la guardia sulla diffusione della Peste suina africana: è importante mantenere la massima attenzione sulle norme di biosicurezza, perché una corretta gestione da parte degli allevatori di tali aspetti e l'adozione di comportamenti corretti può infatti impedire che la malattia penetri negli allevamenti.

I timori che la PSA possa varcare i confini della nostra Regione ci sono, soprattutto dopo la scoperta di altre carcasse di cinghiale positive a Carrega Ligure: un ulteriore conferma che il virus si sta avvicinando.

In una circolare inviata dal Servizio di Sanità pubblica veterinaria, tra gli altri ai Comuni dell’Appennino e agli allevatori, è ribadito che “considerata l'elevata presenza di cinghiali in parte del territorio provinciale e la resistenza del virus della PSA, che consente la diffusione del virus anche in modo indiretto da parte di persone o attrezzature, si raccomanda il massimo scrupolo nelle misure igienico sanitarie e di biosicurezza degli allevamenti”.

Sono comunque sempre da osservare: divieto di accesso agli allevamenti da parte di personale non addetto (andranno apposti cartelli di divieto agli ingressi dell'allevamento); utilizzo di vestiario specifico per operatori dell'allevamento o calzari e tute per visitatori; evitare l'accesso a cacciatori nelle aree di allevamento; se l'allevatore va a caccia eviti di utilizzare indumenti o stivali che utilizza nella attività di allevamento; disinfezione dei camion mangimi; il ritiro di carcasse dovrà essere effettuato in un luogo distante dai ricoveri e dall'area di servizio dell'allevamento; divieto di accasamento di suini negli allevamenti di tipo familiare.

"Presto- afferma il dottor Giorgio Micagni, dirigente dei servizi veterinari dell’Asl Reggio Emilia - riprenderemo gli incontri con le associazioni venatorie. E' importante continuare tenere alta l'attenzione".

E’ importante che gli allevatori comunichino immediatamente al Servizio Veterinario: l’ aumentata mortalità nei suini, (compresi aborti) e se si osservano suini con sintomi quali: lesioni cutanee con sangue, enterite con sangue o febbre alta o disturbi nervosi. In tali casi verranno effettuate indagini diagnostiche sui capi deceduti o sugli ammalati.

Per chi si imbattesse in cinghiali morti (cacciatori, escursionisti, turisti, singoli cittadini) è da tempo a disposizione un numero unico per la segnalazione che permetterà l'attivazione del Servizio Veterinario competente territorialmente

Lo scorso 28 febbrai è scaduto il termine di presentazione della domanda di aiuto per interventi di biosicurezza finalizzati a prevenire i rischi di contagio connessi alla diffusione della Peste Suina Africana da parte della fauna selvatica negli allevamenti di suini. Laddove vi siano da rettificare documentazioni o aggiornare le richieste il termine passa al 07/03/2023. La Regione Emilia Romagna ha, infatti, finanziato con propri provvedimenti, l’adozione di strumenti per aumentare la biosicurezza degli allevamenti suini. Si tratta delle recinzioni tanto dibattute il cui  utilizzo è uno degli strumenti più importanti per evitare che dai selvatici la malattia passi negli allevamenti cosiddetti commerciali.

Dal 7 gennaio 2022 il territorio nazionale è interessato da episodi di Peste Suina Africana che, per quanto riguarda gli episodi in Piemonte e Liguria, si sono estesi fino ad avvicinare i confini con Lombardia ed Emilia Romagna. La malattia si è inoltre manifestata nei cinghiali e in un piccolo allevamento nel Centro Italia. La Peste Suina Africana (PSA) è una malattia altamente contagiosa, che colpisce i suini domestici e selvatici e non contagia l'uomo o gli altri animali domestici. Oltre a portare a morte una elevata percentuale dei suini colpiti, la PSA può determinare gravissime perdite economiche, legate alla commercializzazione dei prodotti, con gravi ricadute su tutto il settore agroalimentare collegato alla suinicoltura.

"Le azioni poste in essere per il contenimento, monitoraggio e l'eradicazione della malattia - si legge nella circolare - non hanno dato i risultati sperati, sia per la mancanza di incisive azioni di riduzione dei suidi selvatici che per la mancata costruzione di recinzioni per limitare la loro diffusione al di fuori delle zone considerate infette. Inoltre la mancanza di una ricerca attiva delle carcasse di cinghiali morti ha fatto sì che i cosi fossero rilevati solo a molta distanza temporale dagli eventi, fattore questo che ha favorito ulteriormente la diffusione della malattia".