Pietro scrive:
Cara amica, eccomi, questo non è un ricordo, non è un racconto, ma è vita vissuta quotidianamente.
Ti sembrerò un vecchio bacucco, si lo ammetto gli anni ci sono e non posso cancellarli con un colpo di spugna.
Ti voglio parlare del passato, del nostro passato: Negli anni sessanta, per presentare una persona, si ripassava tutto l’albero genealogico. Se qualcuno voleva sapere chi ero gli veniva spiegato:
“E’ il figlio della figlia della Peppa, quella che ha sposato il moro riccio di Scurano, fratello di Dorindo e della Lea, due miei cari zii che porterò sempre nel cuore”.
Negli anni settanta, se una persona desiderava conoscerti ti porgeva la mano dicendo:
“Piacere io sono…Tu chi sei o lei chi è?”
In quel modo ci si conosceva e magari poi ci si scambiava il numero di telefono.
Con il passare degli anni specialmente tra professionisti avveniva con lo scambio di un bigliettino da visita.
Negli anni duemila ancor prima che ti venga chiesto il tuo nome ti si chiede su che “social” sei e ti viene chiesto il numero “WhatsApp”.
Un progresso certamente apprezzabile, ma questo progresso, a parer mio, con tanto rispetto per la tecnologia e a quello che ci ha donato, ha provocato un allontanamento sociale fra le persone. Difatti vedo tante persone “senza generalizzare certamente” che
sfogano la loro voglia di parlare, coi loro cagnolini e frequentano solo negozi dove a questi non sia proibito entrare.
Non sto facendo fantascienza! Basta fermarsi un attimo ad osservare.
Sempre in questi ultimi anni un significativo cambiamento si nota anche in certi uffici preposti a fornire servizi pubblici (uffici postali, sportelli bancari ecc.)
Porto un esempio, appena superata la porta devi prendere un numero e già qui non sei più una persona, sei diventato un numero. Ti avvicini allo sportello e ti viene chiesto, carta d’identità, “se elettronica meglio” codice fiscale ecc.
Poi finito, educatamente e in modo costruttivo, ti suggeriscono che quel tipo di operazione potevi benissimo farla da casa se eri in possesso di un computer o un cellulare adeguato e dopo aver scaricato l’apposita applicazione, ecc.
Tutto comprensibile ed adeguato ai tempi, i miei complimenti a tutti!
Fermiamoci però un minuto, pensiamo alle persone anziane ai vecchietti come me, per molti di questi uscire di casa, non stare in pantofole tutto il giorno, fare due passi, scambiare due parole chiedere un’informazione tecnica o procedurale, fare una battuta, poi fermarsi a prendere un caffè, per questi vecchietti significa vivere. Allora li dobbiamo per forza aiutare a diventare amici della “solitudine” ospite questa non gradita, ma purtroppo a una certa età sta lì sulla porta di casa, che aspetta ogni minima occasione, per entrare? Pietro Guazzetti.
Ogni tanto mi va di farvi ascoltare come la pensa questo signore non più tanto giovane, che abita in una grande città del nord, ma non ha mai dimenticato il paese dei suoi nonni in quel di Vetto dove lui ha passato un’infanzia felice.
Elda Zannini