Il tema del diritto a partorire vicino a casa torna al centro del dibattito pubblico
Si riaccende il dibattito sul futuro del punto nascita dell’ospedale di Guastalla, dopo che la Regione Emilia-Romagna ha annunciato la volontà di non riaprire i presidi chiusi durante la pandemia da Covid-19. Una decisione che ha sollevato reazioni critiche da parte di amministratori locali, opposizioni e attivisti, che denunciano una scelta politica penalizzante per i territori periferici e montani.
Critiche dure arrivano da Nadia Vassallo, già portavoce del comitato Salviamo le Cicogne, storicamente attivo nella difesa dei punti nascita periferici: «De Pascale oggi scarica su Bonaccini la responsabilità politica delle chiusure, ma ripropone le stesse giustificazioni infondate già smascherate anni fa dal comitato Salviamo le Cicogne: non esiste alcuna letteratura scientifica che dimostri l’insicurezza dei punti nascita con meno di 500 parti annui. L’obiettivo reale è la concentrazione in maxi-strutture come il MIRE, un ‘partorificio industriale’ da oltre 70 milioni di euro. Ma il valore dell’assistenza al parto nei territori non può essere cancellato».
Secondo Vassallo, le politiche regionali «mettono in discussione il principio stesso della sanità d’urgenza e di prossimità. Si depotenziano reparti essenziali e si limita l’operatività h24 degli ospedali periferici. È una strategia perseguita da oltre dieci anni sotto una regia unica, mascherata da emergenze o carenze di personale».
«Quindi – asserisce - se De Pascale intende assumersi le responsabilità politiche di queste scelte lo faccia evitando di sparlare del valore dell’assistenza al parto nei luoghi dove la gente abita, in particolare in montagna, che ha avuto invece il merito di salvare molte vite di mamme e bambini che non sarebbero riusciti ad arrivare in tempo nel capoluogo di provincia. Oggi in nome della sicurezza non è possibile neanche eseguire tagli cesarei urgenti negli ospedali periferici quando la situazione lo richiede»
La Vassallo conclude affermando che «sono più di 10 anni che questa politica viene portata avanti inscenando un teatrino delle parti e delle finzioni, facendo finta tutte le volte di cadere dal pero o addossando al destino cinico e baro la responsabilità delle carenze di sanitari. Purtroppo fa tutto parte di una unica regia».
Critiche anche dalle diverse forze politiche
Alle critiche si unisce l’ex consigliere regionale Fabio Filippi che accusa apertamente il presidente De Pascale: «In campagna elettorale ha evitato di parlare del destino dei punti nascita. Ora emerge una verità già scritta: la volontà politica è quella di smantellare la sanità di prossimità».
«In campagna elettorale - ricorda Filippi - ci aveva stupito il silenzio di de Pascale sulla sorte dei punti nascita, dal momento che il suo predecessore Bonaccini aveva promesso la loro riapertura. Allora era sceso in campo il presidente dell’Unione Appennino Reggiano e sindaco di Castelnovo Emanuele Ferrari a difesa del programma sulla sanità di de Pascale e promettendo battaglia sulla riapertura dei punti nascita. Ebbene, ora ci aspettiamo che i sindaci Pd della montagna facciano sentire la loro voce».
I sindaci dell’Unione Bassa Reggiana, insieme ai consiglieri regionali Elena Carletti e Andrea Costa, sottolineano come Guastalla, prima della chiusura, superasse stabilmente i 650 parti annui. Anche nel 2024, i numeri del distretto indicano 513 nati, che salgono a 1.696 considerando l’intero bacino potenziale entro 30 minuti di percorrenza, comprendente comuni della Pianura Reggiana e della Bassa Mantovana. «Non si tratta di campanilismo – si legge nella nota congiunta – ma di una riflessione supportata da dati concreti, che merita un approfondimento nel quadro della futura pianificazione sanitaria provinciale».
Alla richiesta di riapertura si sono uniti anche 15 sindaci mantovani, di diverso colore politico, che evidenziano l’esigenza di garantire un presidio ostetrico in un’area con circa 250mila abitanti. La chiusura, sostengono, ha lasciato scoperte vaste porzioni di territorio, costringendo molte donne a spostamenti lunghi e complessi per partorire.
Critiche anche dai comunisti reggiani con Alessandro Fontanesi: «Probabilmente erano su Marte i sindaci della Bassa reggiana mentre il presidente delle Regione del loro stesso partito chiudeva il reparto nascite a Guastalla. Poi si sono svegliati col "governo fascista".
Nel frattempo gli eurodeputati PD votano il riarmo da 800 miliardi insieme a Forza Italia e a Fratelli d'Italia, ma raccontano che loro difenderanno la sanità pubblica dal governo che invece taglia i fondi. Nemmeno uno specialista bravo sarebbe in grado di guarirli da tanta ipocrita doppiezza»
Coalizione Civica, afferma che la mancata riapertura rappresenta «l’ennesima promessa elettorale non mantenuta dal centrosinistra».
«Guastalla è una struttura attrezzata, ben più di altri presidi ancora attivi come Montecchio, che nemmeno dispone di una rianimazione – afferma Fabrizio Aguzzoli – ma la Regione continua a ignorare le esigenze delle comunità locali».
Il consigliere comunale Dario De Lucia denuncia una strategia che «centralizza i servizi sul MIRE, progetto ambizioso ma che rischia di penalizzare l’accesso alle cure per le donne della provincia».
Finalmente un momento di chiarezza, verrebbe da dire (anche se si tratta di un boccone amaro per la nostra montagna), dopo anni di NO-SI’-NI, e durante i quali si è non di rado cercato di spostare sul Governo centrale la responsabilità della mancata riapertura, specie su quello oggi in carica, che farebbe mancare le necessarie risorse alla sanità pubblica.
Ora è perlomeno emerso che si tratta di scelte politiche della Regione, la quale si è legittimamente avvalsa delle sue prerogative, conferite dall’art. 117 della Costituzione, e non credo abbia a trattarsi di questione legata principalmente alle risorse, sulla quale invece la sinistra insiste attualmente ogni qualvolta si parla di organizzazione sanitaria.
Il problema sembra piuttosto riguardare, più in generale, quanto attiene alla “prossimità” (mutuando il termine opportunamente richiamato dall’ex consigliere regionale Fabio Filippi), ossia quella rete di attività e di servizi che tradizionalmente connotava gli ambiti agricoli e periferici, quelli montani in particolare causa le distanze e l’orografia dei luoghi.
Per un insieme di ragioni il sistema di “prossimità” ha resistito maggiormente in territorio montano, anche se poi pure qui ha cominciato e cedere, e penso che quando ci si propone di valorizzare le Aree Interne, occorrerebbe preservare o ricostruire, per quanto si può, tale sistema, che ha dato identità alla montagna, contribuendo alla sua tenuta sociale
Credo nel contempo che possano rientrare nella logica e nell’ottica della “prossimità” pure gli Ospedali di Zona, che tanto hanno dato in termini sanitari ai rispettivi territori, ivi compresi i Punti Nascita, soprattutto se non esiste alcuna letteratura scientifica che dimostri la loro insicurezza con meno di 500 parti annui, come dice qui Nadia Vassallo.
Alla copertura degli eventuali costi aggiuntivi, connessi alla loro riapertura, potrebbero semmai concorrere i comprensori provinciali “più ricchi”, secondo il principio della perequazione e sussidiarietà territoriale, anche perché la montagna ricambia già sul piano ambientale, custodendo un ecosistema di cui l’intera collettività provincialità può usufruire.
P.B. 04.05.2025
Visto l’artico specifico sui punti nascita, e le scelte dell’attuale pressidente dela regione emilia romagna de pascale, torno a riscrivere quanto già espresso sull’argomento.
negli anni ’70 del secolo scorso, POLITICI lungimiranti, avevano fatto la scelta, (a mio avviso più che gisuta), di sviluppare in modo particolare l’assse Guastalla. Reggio Emilia, Castelnovo nè Monti per quanto rigUarda l’assistenza sanitaria in modo da garantire a TUTTI i cittadini uguale assistenza garantendo un principio Costituzionale e cioè il DIRITTO ALLA SALUTE. Oggi altri politici meno lungimiranti, e meno sensibili alle esigenze dei territori, ed in questo caso mi riferisco soprqttutto alle Politche generali sulle cosidette “Aree Interne” fanno scelte completamente differenti.
A mio modesto avviso NON si puù SOSTENERE DI VOLER TUTELARE E SVILUPPARE LE AREE INTERNE, Eliminando servizi essenziali.
L’assurdo si è raggiunto con l’ex presidente Bonacini, che da una parte promuoveva bandi per le giovani coppie in Montagna e dall’altra continuava a tagliare servizi e promettere cose che in cuor suo NON VOLEVA FARE. (