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LA LETTERA

Dar valore ad ogni occupazione

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Riceviamo e pubblichiamo

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Nel nostro discorrere quotidiano non manca chi esprime con decisa convinzione la tesi secondo cui vi sono attività e mansioni che gli attuali nostri connazionali, a differenza dei nostri progenitori, non intendono più svolgere, tanto da  rendere opportuno ed auspicabile, se non provvidenziale, l’apporto e subentro di  altri gestori e operatori, tra chi arriva nello Stivale da altri Paesi, tesi presumibilmente benaccetta e condivisa da quanti sostengono che le nostre frontiere debbano aprirsi il più possibile, se non illimitatamente, ai flussi migratori in atto.

Si prese a dar rilevanza e prestigio ai lavori intellettuali, o “di concetto”

Sempre in tema di lavoro, qualche giorno fa  abbiamo letto sulla stampa locale che diversi settori produttivi soffrono una marcata carenza di manodopera, ivi compresa quella specializzata, tanto da esservi Associazioni di categoria che  penserebbero  ad iniziative  di sensibilizzazione presso le scuole, finalizzate ad  incoraggiare gli studenti verso le professioni tecniche, il che mi riporta personalmente indietro con la memoria agli anni, ormai abbastanza lontani, nei quali   si prese a dare crescente rilevanza e prestigio ai lavori intellettuali, o “di concetto”.
Difficile dire se sia stato quel “sentire” di allora, nella pubblica opinione, a fungere da “motore” e innesco  per far via via allontanare i nostri giovani dai lavori più manuali, o meno intellettuali, ma sta di fatto che ci siamo poi trovati ad aver “scoperti” pure ambiti occupazionali un tempo considerati tra le eccellenze, con alle spalle una lunghissima tradizione, e la cui crisi sta generando un progressivo aumento di “vuoti” che non giovano di certo alla nostra economia (a sua volta preziosa fonte di risorse per sostenere il costo dei  vari servizi di cui usufruiamo).
Un’idea dal sapore un po’ elitario e “classista”
Per il nostro mondo del lavoro è sicuramente importante l’apporto di operatori e addetti stranieri, destinato a seguire il suo naturale corso, ma riterrei  comunque sbagliata l’idea o  prospettiva  di affidar loro tutte quelle attività cui paiono rinunciare  i nostri connazionali (idea peraltro  dal sapore un po' elitario e “classista”), e vedrei con favore un contestuale e parallelo sforzo e tentativo per far apprezzare e riscoprire ai nostri giovani le occupazioni erroneamente considerate semmai di serie B (a motivo del fatto che la società non può farne a meno).
La  corrispondente  retribuzione varierà, com’è ovvio, in base a determinati parametri,  quali il livello di impegno e responsabilità, la preparazione e professionalità, ecc …., ma talora non è soltanto il guadagno o lo stipendio a guidare le nostre opzioni lavorative, quanto piuttosto la legittimazione sociale riservata all’uno o altro mestiere, e giusto al riguardo dovremmo partecipare un po’ tutti, in modo corale,  nel dar valore ad ogni occupazione, ciascuna da vedersi quale necessario mattone della casa con cui possiamo raffigurare  la nostra società.

Una generazione di artigiani dotati di perizia, talento e maestria

Tale azione  promozionale potrebbe eventualmente avvalersi anche di uno strumento a mio avviso  affatto secondario, ossia il ricordare che  proprio nella nostra  provincia una generazione di artigiani  (dotati di perizia e talento, nonché di una maestria che rasentava l’arte, o vi sconfinava), seppe dar vita ad una rete di piccole, medie e più grandi imprese, che hanno dato pregio e lustro al nostro sistema produttivo, creando numerosi posti di lavoro e stimolanti opportunità  occupazionali (un risultato di cui i titolari di quelle aziende potevano ben andar fieri).
P.B.