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“In tel fade” spot d’Appennino con sprazzi di poesia, là dove ballano le fate

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CASTELNOVO MONTI (30 settembre 2010) – “In tel fade”, “Là dove ballano le fate”, è uno spot per l’Appennino. Ma a sapere leggere tra le righe è poesia e tentativo di volare alto. E’ il documentario di Mensa e Merighetti che, per tre anni, hanno peregrinato in alcuni momenti e luoghi topici d’Appennino.

Il risultato? Lo si è visto mercoledì sera per un paio d'ore, di chiaccchiere, proiezione e musica, in un cinema che, alla spicciolata, si è riempito di comparse, curiosi, gente di crinale e, pure, qualche reggiano di città.

“Molti montanari, poche autorità: è già un successo” azzarda Sandro Govi dal palco nell’introdurre la serata (anche se tra il pubblico spiccano il sindaco di Ligonchio, e diversi assessori di altri comuni), poi a seguire, Rosi Manari, nipote del fotografo Amanzo Fiorini, presenta l’Associazione omonima (con finalità culturali e di valorizzazione di eccellenze locali) che, con sede a Busana, prende corpo a partire da questa serata davvero particolare.

Il documentario e film. I punti di vista sull’Appennino iniziano a raccontare, dopo un’intro musicale di Mara Redeghieri, proprio dalla storia di Amanzo Fiorini. All’ingresso del teatro una manciata di gigantografie di alcuni dei suoi 30.000 mila scatti su lastra. Un bel riconoscimento per il fotografo nato a Nismozza nel 1884, costretto ad emigrare in gioventù negli Stati Uniti, dove iniziò a fotografare con una modesta Kodak. Il suo ritorno nelle montagne è una storia che è ora patrimonio nazionale (e non solo): aprì un atelier e divenne il fotografo dell’intera valle del Secchia, fissando per sempre nelle sue preziose immagini volti e vite di migliaia di montanari. Sul grande schermo scorrono le immagini di visi segnati da qualche millennio di miseria: che abisso rispetto al benessere che cogli già subito tra visi di chi ti siede accanto.

In questo racconto filmico c’è il filo conduttore, nipote e cugino che incontrano i vari personaggi, c’è la scelta di alcuni luoghi e incontri. Come la storia del Maggio, con tanto di una significativa immagine di Romolo Fioroni, poco prima della morte. Come un bel passaggio di dialogo con don Fortunato Monelli, che resterà alla storia per questa (a noi sconosciuta sino ad ora) sua telegenicità. Come l'epopea partigiana, raccontata da Giacomo Notari. Come la storia dell’ultimo pastore o di quello più anziano di Vallisnera (89 anni), che non vuole rinunciare alle sue pecore, ma offre grappa agli intervistatori e dice di avere paura del lupo. E lui, evocato, compare: ecco le prime immagini del lupo in Appennino, con Willy Reggioni, esperto del Parco Nazionale, che spiega come la venuta di questo animale sia stata una conseguenza dello spopolamento del crinale. C’è anche un’intelligente visita a un cimitero di campagna, dove riposa Amanzio. Piccole storie anche capaci di commuovere, come quella della volpe zoppa che la sera si lascia corrompere dalle leccornie ricevute dagli avventori di un bar. Poi i panorami, i suoni delle stagioni: quasi pare di cogliere il profumo delle nuvole. Benedetto Valdesalici ha il compito di presentare la Pietra di Bismantova con le sue molteplici facce. Luogo, anche, dal quale “ci si butta. Meglio farlo lì che altrove, almeno è bello”. Tant’è.

E mentre l’autore Marco Mensa se ne sta tra il pubblico, nella presentazione Elisa Mereghetti si dichiara soddisfatta, perché la miglior paga “è la presenza di tutti questi montanari” che affollano la sala. L’opera, prodotta da Ethnos film con il contributo dell'Emilia-Romagna Film Commission, ora cera sostegno per essere divulgata. Il Comune di Busana ha offerto il rinfresco e patrocinato “In tel fade”, questo viaggio, appunto, che racconta l’orgoglio dell’Appennino, partendo dal Ventasso, dove anticamente si dice ballassero le fate.

Al film ha fatto seguito la voce di Mara Redeghieri e il contrabbasso di Nicola Bonacini, con “Delle pecore e dei pastori”, un recital che raccoglie poesie e arie del crinale dell’Appennino emiliano. Un po’ audace nella scelta melodica, un po’ in stile Glf e un po' canta maggio, e, quindi, lontana dalla sonorità dei campi. Ma la bravura dei due, coprono anche qualche piccola stonatura. E gli applausi e l’apprezzamento della sala sono unanimi.

Infine, il tema delle luci. “In tal fade” affronta alcune scelte coraggiose (come il rinunciare a curare l’illuminazione dei soggetti intervistati a favore della luce naturale). Giocoforza la qualità di proiezione dovrebbe essere fedele: nel cinema del capoluogo auspichiamo che per le proiezioni in dvd ci si possa dotare di un proiettore dotato di maggiore luminosità. Ma, senza ombra di dubbio, il Bismantova è fiore all’occhiello per una serata che segna la storia della cinematografia d’Appennino.

(Gabriele Arlotti)