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Normanna Albertini a Ligonchio con “Se le donne abbassassero le braccia”

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“Se le donne abbassassero le braccia il cielo cadrebbe” Normanna Albertini

Per la rassegna “Catasta di eventi” il 10 giugno, ore 17,00 nel [42039] Spazio Piano Terra, Teatro di Ligonchio Normanna Albertini presenta  il libro “Se le donne abbassassero le braccia”, con Graziella Ferracù, Giorgio Pregreffi  e Andrea Giannasi.

Ci sono la Gina del Mulino Zannoni e la Gabriella di Scurano, poi la Clara di Braglie di Carù, la centenaria Carolina di Regnano (vissuta fino a 106 anni), la Nina Nair Derna, che voleva diventare una signora ed è finita serva, Bruna, la nonna dell’autrice: una vita di fatiche incredibili, Jusfina, la sua bisnonna sfortunata ma indomita; c’è una ragazza “curata” al San Lazzaro, in un periodo in cui, se ci finivi dentro - anche solo per una depressione - non ne uscivi più. Poi, ci sono le donne migranti di oggi, come Yaroslava, che in Ucraina ha perso l’unico figlio in guerra. Si tratta di un insieme di racconti e articoli unito dal filo della storia e dall’importanza della “presenza” delle donne nella società.

Normanna Albertini

Tra i racconti, la testimonianza diretta di Enrico Bianchi, oggi settantaquattrenne, bambino “abbandonato” a nonna, zie, cugine durante le estati trascorse a Roncroffio, Predolo, Mulinello, perché mamma e papà avevano da lavorare a Milano. Vi si ritrova la descrizione deliziosa di quei paesini di allora: dei gabinetti da “cinquanta sfumature di cacca”, delle sagre, del bucato con la cenere, del lavoro al telaio e persino delle mucche portate al toro. Diversi sono i temi toccati nel volumetto: l’esperienza del manicomio per le più povere, le donne di Ligonchio in lotta per l’acqua, le nostre migranti di un tempo, “serve” dignitose, capaci di autodeterminazione per i propri diritti, fino alle immigrate di oggi, con tutte il loro carico di problemi e amarezze.

Il libro va a completare una “trilogia” dedicata alle donne: mamme, nonne, bisnonne, serve, balie, mondine, contadine, maestre, staffette partigiane, vedove di guerra. È un tributo al grande lavoro di cura - il più delle volte non riconosciuto - che il sesso femminile elargisce, da sempre, al mondo. Ecco il motivo del titolo: “Se le donne abbassassero le braccia il cielo cadrebbe”, preso da un proverbio africano.  “Donne che scrivono di donne – leggiamo dalla prefazione della giornalista Giuliana Sgrena – per colmare, poco per volta, quel grande vuoto lasciato da una storia scritta da uomini.” Le caratteristiche proprie della “cultura delle donne”, quelle della cura, non dovrebbero essere vissute come gioghi da far portare per forza alle donne o come armi “contro” l’altro sesso, ma come attitudini includenti, da allargare ai maschi e da assumere tutti per cambiare una struttura sociale non più in grado di reggersi in piedi. Il libro ci racconta che a prendersi cura della realtà quotidiana di donne e uomini, bambini e bambine, anziani e anziane siano sempre state le donne.

Lo dice con delicatezza.

Non contro gli uomini, ma con l’invito a riconoscere le donne per ciò che realmente contano e provare a camminare insieme.

 

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