Home Cronaca Felina, ricordato Dickens sul bollettino parrocchiale

Felina, ricordato Dickens sul bollettino parrocchiale

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"Insistere su quello che unisce, lasciar perdere quello che divide". Sul numero natalizio del felinese "Bollettino della Comunità" compare un vecchio articolo di Albino Luciani, allora patriarca di Venezia e futuro Papa Giovanni Paolo I.
Viene ripreso il tema della povertà, nella forma "sentimentale" al centro dell'opera dello scrittore inglese Charles Dickens (1812-1870).
Abbiamo creduto d'interesse riproporlo anche sul nostro sito.

"Caro Dickens, sono un vescovo, che ha preso lo strano impegno di scrivere ogni mese una lettera a qualche illustre personaggio. Sotto Natale, non sapevo proprio chi scegliere. Quand'ecco, trovo su un giornale la réclame dei vostri cinque famosi Libri natalizi. E son qui a disturbarvi. Tutti i vostri romanzi sono popolati da povera gente, che vive in una miseria impressionante, perché tra i poveri eravate vissuto bambino. Sono gli oppressi: su di essi si riversa tutta la vostra simpatia. Di fronte, stanno gli oppressori.
Una di queste figure è l'usuraio Scrooge, protagonista del vostro Canto di Natale. Due signori lo interpellano: "E' Natale, migliaia di persone mancano del necessario, signore!". Scrooge: "E non ci sono le prigioni? E gli ospizi di mendicità non funzionano ancora?". "Ci sono, funzionano, ma ben poco possono fare per rallegrare spiriti e corpi in occasione del Natale. Abbiamo pensato di raccogliere fondi per offrire ai poveri cibi, bevande e combustibili. Per che cifra posso iscrivervi?". "Per nessuna. Desidero essere lasciato in pace. Io non festeggio il Natale e non mi permetto il lusso di farlo festeggiare a dei fannulloni. Pagando la tassa sui poveri, do il mio aiuto alle carceri, agli istituti di mendicità; chi è nella miseria può rivolgersi là". "Molti non possono andarci, e molti preferirebbero piuttosto morire!". "Se preferiscono morire, meglio lo facciano in fretta per diminuire la sovrabbondanza della popolazione. E poi, scusatemi, queste cose non mi riguardano". Ma il defunto socio usuraio Marley lamenta: "Gli affari! Avere umanità avrebbe dovuto essere il mio affare ... Perché ho camminato tra la folla dei miei simili cogli occhi rivolti a terra, senza mai alzarli su quella stella benedetta che condusse i magi ad una capanna? Non c'erano forse altre povere case verso cui la sua luce avrebbe potuto guidarmi?".
Sono passati più di centotrent'anni. Nella vostra Inghilterra e nell'Europa industrializzata i lavoratori hanno migliorato di molto la loro posizione. Avevano a loro disposizione come unica forza il numero. L'hanno valorizzato. Attraverso i sindacati, riescono spesso a farsi sentire anche lassù, nelle alte sfere dello Stato, dove in realtà si decidono le loro sorti. Ai vostri tempi le ingiustizie sociali erano a senso unico: gli operai, che dovevano puntare il dito contro i padroni. Oggi, a puntare il dito è uno sterminio di gente: i lavoratori dei campi, che lamentano di trovarsi molto peggio dei lavoratori dell'industria; qui in Italia, il Sud contro il Nord; in Africa, in Asia, in America Latina le nazioni del "Terzo Mondo" contro le nazioni del benessere. Ma pure in queste ultime nazioni ci sono numerose sacche di miseria e di insicurezza. Molti lavoratori sono disoccupati o insicuri del posto, non dappertutto sono protetti a sufficienza contro gli incidenti, spesso si sentono trattati solo da strumenti di produzione e non da protagonisti. Per di più la corsa frenetica al benessere, l'uso esagerato e pazzo di cose non necessarie ha compromesso i beni indispensabili: l'aria e l'acqua pura, il silenzio, la pace interiore, il riposo. Si credeva che i pozzi di petrolio fossero come il pozzo di san Patrizio, senza fondo; improvvisamente ci si accorge che siamo quasi agli sgoccioli. Il timore e la preoccupazione sono grandi. Tra questo infittirsi di problemi, di preoccupazioni e di tensioni, valgono ancora, allargati e adattati, i principi da Voi, caro Dickens, caldeggiati, sia pure un sentimentalmente. Amore al povero, e non tanto al povero singolo, quanto ai poveri, che, respinti, sia come individui sia come popoli, si sono sentiti classe e solidarizzano tra loro. Ad essi, sull'esempio di Cristo, va data la preferenza sincera e aperta dei cristiani. Solidarietà: siamo un'unica barca piena di popoli ormai ravvicinati nello spazio e nel costume, ma in un mare molto mosso. Se non vogliamo andare incontro a gravi dissesti, la regola è questa: tutti per uno e uno per tutti; insistere su quello che unisce, lasciar perdere quello che divide. Fiducia in Dio: per bocca del vostro Marley, Voi auspicavate che la stella dei Magi illuminasse le case povere. Oggi casa povera è il mondo intero, che ha tanto bisogno di Dio!"

(Natale 1974, Mons. Albino Luciani, patriarca di Venezia - testo intero su www.papaluciani.com).