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Il lavoro tra nobiltà e mobilità

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"Ci spiace che il ministro Maroni abbia rinunciato, perché avremmo voluto confrontarci sul quesito che questo appuntamento propone: il lavoro nobilita? Io dico sì, se è in grado di rendere autonomi e di liberare energie e creatività, ma dico anche che il lavoro nobilita molto di più gli uomini rispetto alle donne, che faticano di più a trovarlo e poi a mantenerlo, oberate dagli impegni professionali e di cura. Per ora la Provincia di Reggio Emilia ignorerà i tagli imposti dalla finanziaria ed anzi stanzierà 200.000 euro per finanziare progetti particolarmente innovativi e di lungo respiro, proposti dai giovani". Così la presidente Sonia Masini ha salutato questa mattina la platea dell'hotel Classic dove centinaia di persone hanno preso parte al convegno organizzato dalla Provincia sulle tematiche del lavoro contemporaneo. Un'iniziativa voluta in particolare dall'Assessorato al Lavoro per riflettere sulle cifre che contraddistinguono il mondo del lavoro attuale: precarietà e incertezza, che si ripercuotono in modo sempre più pervasivo nella vita delle persone, oggi più sollecitate a competere, ma anche molto più sole, con le proprie paure.

Il convegno ha affrontato il problema da diverse angolazioni, anche inusuali rispetto ai tradizionali punti di vista. "Il lavoro è oggi l'epicentro dei cambiamenti in atto – ha sottolineato l'assessore provinciale al Lavoro Gianluca Ferrari - e non può più essere indagato attraverso i soli parametri economici o giuslavoristici. Il mutamento riguarda non solo il mercato del lavoro, ma tutti gli ambiti della società, che per restare coesa deve offrire a tutti un lavoro di qualità, stabile e adeguatamente retribuito".

Dopo l'intervento dello scrittore Andrea Bajani, che leggendo alcuni brani dal suo "Cordiali saluti" ha proposto alla platea uno spaccato di quanto la precarietà sia entrata nel vissuto delle persone e di come sia in grado di condizionare, con i suoi effetti perversi, non solo i rapporti di lavoro, ma anche gli stili di vita e il modo di porsi verso il futuro. Di grande interesse gli interventi di Maura Franchi, docente di sociologia che nella sua relazione ("C'era una volta il lavoro: lo scenario in Italia e in Emilia-Romagna dagli anni '90 ad oggi"), ha messo in guardia dai rischi che la precarietà produce. "Fino agli anni '90 il mercato del lavoro in Emilia Romagna e a Reggio Emilia è stato virtuoso. Cresceva la flessibilità in ingresso ma il lavoro stabile era rimasto invariato. Negli anni 2000 c'è stata un'inversione di tendenza. Nel 2004 gli addetti sono calati di 24.000 unità ed è aumentata la disoccupazione, anche se questo dato riguarda esclusivamente le donne, che sono state espulse dalle piccole e piccolissime imprese. E' cresciuta inoltre la polarizzazione dei redditi: cresce e di tanto il divario tra ricchi e poveri e questo è rischioso poiché porta alla disparità sociale".

A sottolineare la criticità del "fattore rosa" è stato anche il docente di Diritto del lavoro Giuseppe Pellicani che ha illustrato gli esiti di una ricerca commissionata dalle consigliere di parità delle Province di Reggio Emilia e Modena sulle ricadute della flessibilità sul lavoro femminile. "L'indagine, condotta attraverso centinaia di interviste – ha affermato – conferma i negativi effetti per le donne, prodotti dalla moltiplicazione dei contratti flessibili introdotti soprattutto dalla legge Biagi. Le donne lavorano circa 30 ore alla settimana non retribuite (lavoro di cura) e permangono problemi di conciliazione molto forti. I contratti part time si sono rivelati molto vantaggiosi per le imprese, non per le lavoratrici, sempre più condizionate dalla precarietà del lavoro, nelle loro scelte di maternità". Uno scenario con molte ombre quello descritto dalla psicologa Marina Valcarenghi. "Da anni si convive – ha detto – con alcune patologie, come l'ansia, gli attacchi di panico, i tratti ossessivi, la violenza, l'ipocondria che ormai vengono considerate normali. Vuol dire allora che questa 'normalità' è sintomo di una patologia sociale: l'attuale assetto del lavoro e la normativa che lo sostiene è tra le cause di questa patologia. L'organizzazione del lavoro, così come altri fattori (il degrado ambientale, l'impotenza di fronte il rischio di catastrofi e guerre) appartengono ad un unico modello di sviluppo, involutivo, poiché non porta da nessuna parte ed ha una componente autodistruttiva. E' un modello che non funziona, cambiare al suo interno solo il lavoro è una vera e propria utopia".

Nel pomeriggio attraverso la tavola rotonda dal titolo "Politiche del lavoro: le strategie possibili", si è discusso delle concrete politiche pubbliche intenzionali che è necessario mettere in campo per conciliare sviluppo economico e coesione sociale. Al dibattito hanno preso parte Mariangela Bastico, assessore regionale al lavoro, Lea Battistoni, direttrice del dipartimento del welfare, i responsabili Lavoro di An Domenico Benedetti Valentini (e presidente della commissione Lavoro della Camera Deputati), dei Ds Cesare Damiano e di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, Fulvio Fammoni della Cgil e Giorgio Usai di Confindustria.