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Carestia in Somalia

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“Gli unici meccanismi rimasti per la sopravvivenza sono la migrazione, la riduzione della quantità di cibo, la vendita del legname da ardere o l’assistenza umanitaria”: lo dice Sidow Ibrahim Addou, della rete per il sistema preventivo anti-carestia (‘Fews net’) dopo una verifica sul terreno nel distretto di Gedo, nella Somalia meridionale, uno dei più colpiti dalla siccità che da mesi attanaglia il Corno d’Africa. Gran parte dei raccolti – spiega l’esperto – sono scomparsi: la moria di bestiame ha raggiunto livelli elevati: il 60-70% delle mucche, il 40-50% di capre e pecore; anche tra i cammelli si sono registrate perdite, comprese tra il 5 e il 10%. L’allevamento costituisce la principale risorsa economica per gran parte della popolazione dedita alla pastorizia; gli animali sopravvissuti – ormai svalutati nei mercati cittadini – sono ammalati o emaciati. Secondo l’Unità di analisi della sicurezza alimentare della Fao (agenzia Onu per l’alimentazione), il livello di malnutrizione acuta ha raggiunto il 23,8% della popolazione, con una punta di grave malnutrizione al 3,7% nella zona al confine con il Kenya, dove pure la siccità nei mesi scorsi ha già causato la morte di alcune decine di persone. Il rappresentante dell’Onu per la Somalia, Christian Balslev Olesen, ha detto che il mancato intervento internazionale per fermare le conseguenze della siccità potrebbe provocare un peggioramento del processo politico, già abbastanza ostacolato dalle resistenze dei gruppi armati di Mogadiscio che non riconoscono il governo provvisorio. L’Onu ha lanciato un appello per circa 300 milioni di euro, necessari, secondo Balslev Olesen, a evitare che in alcune aree del sud della Somalia si possano registrare fino a 10.000 vittime in un mese.

(tratto da: www.misna.org)