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I giovani nelle istituzioni e nel mondo

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Quali appartenenze? Quali sicurezze? Quanti dubbi?

Ben consapevole di quanto complesso e difficilmente schematizzabile sia l’universo dei giovani d’oggi, mi sono messo alla ricerca di elementi su cui ragionare, somministrando un questionario a risposta chiusa a trenta ragazzi e ragazze tra i 20 e i 29 anni, provenienti da tutt’Italia. Ne emerge un rapporto controverso con le nostre principali istituzioni.

Nonostante la sopravvivenza e il corretto funzionamento della nostra società dipendano in larga parte dall’operato delle istituzioni che la reggono, i giovani del nostro campione si sono mostrati piuttosto freddi e critici nel giudicare le istituzioni stesse e chi vi lavora, fatta eccezione per gli scienziati, categoria che riesce a conquistarsi la stima di tutti, a prescindere dal sesso e dall’età degli intervistati. Emerge quindi una forte fiducia nella scienza e nel progresso, ma nello stesso tempo è possibile in parte spiegare questa predilezione guardando più a fondo nella figura dello scienziato, non sempre ricollegabile a istituzioni, ma spesso interpretabile come un personaggio di eccellente intelletto, che opera in modo autonomo, indipendente: la dimensione della soggettività ha la meglio su quella comunitaria.

A una analisi più approfondita, risulta però come i progressi della scienza debbano in molti casi scontrarsi con ostacoli di tipo morale, uscendone talvolta sconfitti; se la chirurgia estetica, l’inseminazione artificiale e il trapianto d’organi sono considerati dai più come pratiche accettabili o raccomandabili, la metà delle ragazze e poco meno della metà dei ragazzi condannano l’eutanasia, mentre la gran parte delle ragazze e più della metà dei ragazzi osteggiano l’aborto. Appare chiarissima l’influenza dell’universo etico-religioso di riferimento: coloro che rifiutano aborto e eutanasia si dichiarano tutti cattolici, mentre tra coloro che accolgono queste pratiche, accanto ad alcuni cattolici, vi sono quelli che si definiscono laici.

Riguardo ad altre tematiche attualmente presenti nel dibattito sul rapporto tra Stato e Chiesa, il divorzio e i rapporti pre-matrimoniali e la convivenza senza matrimonio sono dai più considerati la normalità, mentre sorprende che la maggior parte delle ragazzi più giovani condanni con decisione i rapporti omosessuali. Anche le relazioni adulterine e il ricorso alla prostituzione e alla pornografia vengono viste di cattiva luce soprattutto dalle ragazze più giovani, ma in questi casi buona parte delle ragazze più grandi e dei maschi di ogni età concordano.

Credere in Dio non significa necessariamente avere fiducia nei sacerdoti: curiosamente, questa categoria è osteggiata dalla maggior parte dei ragazzi e delle ragazze sotto i 24 anni, forse provvisti di un maggior spirito di ribellione all’autorità precostituita, o semplicemente di un sentimento religioso più rivolto verso loro stessi, o in forme rappresentative diverse.

Al di là di questo, certamente le personalità guardate con più sospetto sono quelle attinenti la vita politica: membri dei partiti e del governo, sindacalisti, funzionari di stato. L’intera classe politica è messa in discussione, guardata con diffidenza quando non disprezzo, risultando quanto mai distante dal mondo dei ragazzi. Che le cause siano rintracciate in una non sufficiente informazione e preparazione personale, nella cattiva immagine riflessa da infauste notizie di cronaca e politica interna, in un mondo politico che appare distante, incapace di suscitare entusiasmo e voglia di partecipazione, o in molti altri fattori, questo dato di fatto emerge con una evidenza, anche numerica, preponderante, riguardando in egual misura maschi e femmine dell’intera fascia d’età presa in considerazione.

È difficile per un’istituzione guadagnarsi la piena fiducia dei ragazzi; neppure la scuola, organismo per eccellenza preposto alla loro formazione, riesce a raggiungerla, ma viene risucchiata nel novero delle molte istituzioni, tra le quali spiccano le forze dell’ordine, verso le quali avere “abbastanza” fiducia, una fiducia senza entusiasmo e convinzione eccessiva. Una fiducia fredda, poco coinvolgente.

La parziale assoluzione delle forze di polizia e giustizia, la cui “abbastanza” fiducia spicca a confronto della “poca” fiducia verso gli agenti del mondo dell’economia e dei mass media, lascia trapelare una diffusa voglia di rispetto della legalità, a partire dalle cose quotidiane: ragazzi e ragazze giudicano riprovevole evadere il fisco, andare in mutua senza un vero motivo, rubare piccole merci nei negozi, tutti gesti che non li coinvolgono in prima persona.

Le cose cambiano per quanto riguarda la mancata timbratura del biglietto sui mezzi pubblici, giudicata poco criticabile soprattutto dalle ragazze più giovani, e ancor di più l’utilizzo di materiale pirata: in questi casi, ragazzi e ragazzi sembrano volersi auto-assolvere da comportamenti scorretti messi in atto in prima persona. Nonostante la consapevolezza della non regolarità di questi comportamenti, l’interesse personale sembrerebbe avere la meglio sull’interesse civico.

La condanna torna a essere unanime quando si parla di violenza contro il prossimo o contro beni di pubblico interesse, mentre assume più sfaccettature quando diviene violenza verso se stessi. Anche se emerge una maggior consapevolezza da parte dei maschi più grandi, ragazzi e ragazze non considerano particolarmente riprovevole fumare tabacco, pur sapendo quanto faccia male. Serpeggia anche in questo caso il sospetto di risposte auto-assolutorie verso vizi che li riguardano. Forse, all’interno del campione, i tabagisti superano come numero gli amanti del buono e del cattivo bere, dal momento che l’ubriacarsi è considerato atto deprecabile da un maggior numero di intervistati, all’incirca dalla metà, equamente distribuita per sesso: appare ormai chiaro che l’abitudine a bere alcolici non è parte del solo universo maschile, ma coinvolge sempre più anche le ragazze.

È però decisamente condannata la guida in stato d’ebbrezza, così come lo sono le droghe pesanti; le droghe leggere, dal canto loro, spaccano ancora una volta il campione in due parti sostanzialmente equivalenti, tra chi le considera alla stregua di quelle pesanti, sulla linea della nuova legge Fini al riguardo, e chi non le accosta alle “normali” sigarette.

Quindi, fedeltà alle leggi dello stato e della morale comune, più o meno giustificate da basi scientifiche, ma occhio attento ai propri interessi e indulgenza per le proprie trasgressioni: sono questi i giovani cittadini d’oggi. Scoppiasse una guerra in cui l’Italia chiamasse alle armi, soltanto qualche audace vi parteciperebbe, molti trai più giovani sarebbero indecisi, mentre i più maturi e le più mature tenderebbero a disertare. I loro orizzonti vanno oltre l’idea di stato, i più arrivano a definirsi, in maniera piuttosto audace, cittadini del mondo.

A dispetto di questa auto-collocazione, che implicherebbe un concetto di cittadinanza che trascenda le appartenenze etniche e territoriali, sorprende come in modo particolare i ragazzi più giovani affermino di voler escludere non solo zingari e stranieri, ma anche i meridionali dalla cerchia delle proprie relazioni più strette. Di vedute più ampie, almeno a seconda di quanto dichiarano, sono le femmine di ogni età e i maschi più maturi. In questo senso, è possibile ipotizzare il ruolo costruttivo svolto dagli anni spesi all’università, punto di incontro di ragazzi dalle provenienze più diverse. Almeno a parole, ragazzi e ragazze sostengono politiche di accoglienza e integrazione per gli stranieri e di solidarietà per le persone bisognose.

Nutrono “abbastanza” fiducia nell’Unione Europea, individuando nella moneta unica e nella politica estera comune i suoi punti di forza. Ma poi, quando si chiede loro quali sono le cose molto importanti nella vita, al primo posto, senza alcune distinzione tra maschi e femmine, balza con prepotenza il piccolo mondo privato: amicizia, amore, famiglia, i propri interessi culturali.
Accanto a questi, vi sono gli elementi di apertura al prossimo: la solidarietà, l’eguaglianza sociale, la voglia di libertà. Verrebbe da chiedersi: quale libertà?