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Il libro / “Isabella” di Normanna Albertini

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Un ricamo di storia e storie, questo secondo romanzo di Normanna Albertini, concepito e congegnato nell’identica forma del primo, Shemal, che era ambientato nel 1492.
“Isabella” uscito in questi giorni per i tipi di Chimienti – Taranto (www.chimientieditore.it), è invece collocato tra il 1822 e il 1900, su uno scenario in cui agiscono tutta una serie di grandi personalità.

Ci sono il carbonaro e massone Carlo Franceschini, il socialista Camillo Prampolini, l’anarchico Gaetano Bresci, ma si racconta altresì dell’intransigente don Davide Albertario, di papa Leone XIII, e si riesamina la figura di una donna eccezionale, Anna Kuliscioff. Nel libro, viene però a galla la storia più dimessa degli abitanti di un immaginato villaggio sulle montagne emiliane. O forse sarebbe il caso di affermare che sono “le storie” ad emergere, perché è questo che l’autrice fa: andare a ritroso nel tempo per incontrare “le storie” delle persone e dei personaggi e, attraverso il loro intreccio, penetrare “le storie” e la Storia di oggi.

Così, l’Albertini si inoltra in quel mondo di pastori, di emigranti, di donne che andavano a vendere il proprio latte ai figli dei ricchi, nelle città e all’estero, per affrancarsi dalla miseria, abbandonando i propri bambini al latte di altre donne o delle capre. Cammina per i sentieri e le strade di quel povero mondo di gente semplice, sprofondato nel sacrificio della sopravvivenza quotidiana, condotto a forza, suo malgrado, nelle guerre coloniali e nelle rivolte, senza, probabilmente, afferrarne i motivi. Un territorio di nuclei familiari disgregati, tenuti insieme soltanto dall’impegno immane delle donne che, ancora bambine, dovevano lasciare i giochi ed entrare nel ruolo di “reggitore” del lavoro e dell’economia familiare.

Tutto ciò nascondendo le violenze fisiche e morali, gli stupri, gli aborti, le mortificazioni, subendo in silenzio l’allontanamento dei padri, dei figli o dei mariti per motivi di lavoro o di guerra. Eppure, rintracciando gli espedienti e le forze per salvarsi e vivere un minimo di felicità, nonostante tutto.

Isabella è il personaggio principale: una trovatella, abbandonata in un brefotrofio milanese e poi “adottata” da una famiglia del borgo. Una ragazzina che vuole sognare, volare, che ha come unico punto di riferimento un intelligente e sensibile zio prete (anticipatore degli ideali del Concilio Vaticano II) e che non riesce ad accettare di divenire come tutte le altre donne: “…lì, sui rami, rimuginava che, in fondo, le donne proprio in tal modo erano trattate: come marionette, incapaci di scegliere il proprio destino, inadatte a qualsiasi azione senza un uomo a dirigerle. Caterina stava ai comandi sempre, ecco: aveva il contegno di una marionetta.

Lei no, lei voleva essere padrona della propria sorte. Come zia Lucia, che viveva tutta sola, a Milano, e aveva bei vestiti, cappellini, tante scarpe ed era stata a teatro, alla Scala, a vedere la prima del Falstaff di Verdi.” Isabella è una ribelle, femminista inconsapevole, e coglie come occasione di riscatto l’incontro con uno studente giunto inaspettatamente nel paese da Milano, il quale le dà la possibilità di allargare il proprio sguardo fuori dalla soffocante realtà che la opprime. La storia d’amore tra i due è descritta in punta di penna, con delicatezza e pudore, ma in ugual modo restituendone l’energia trascinante: “Ma Isabella non l’udiva più. Gli si era appiccicata addosso singhiozzando e, piano piano, l’aveva trascinato a terra; le sue ali di farfalla tanto gonfie di lacrime, appesantite come quelle di una mosca caduta nel secchio del latte, le impedivano di volare, ma le davano una forza cui era impossibile resistere. Fu una zavorra di smisurato dolore che investì Francesco e lo vinse”.

Nel libro sono presenti citazioni letterarie, filosofiche e di documenti storici, che, comunque, non sovraccaricano la narrazione. In copertina, una “maternità” tenera e con una connotazione di sacro di Lavinia Jvanchic, pittrice di Casina. L’ubicazione delle vicende tra Castelnovo ne’ Monti, Reggio Emilia, Rubiera, Milano, Parigi, Clermont – Ferrand e l’America, con la Pietra di Bismantova che vigila sugli eventi al modo di una dea in attesa del ritorno al suo Olimpo acquatico, contribuisce ad arricchire il ricamo di storia e storie, e crea un’opera narrativa che può diventare occasione di disamina e riflessione per chi vuole meglio comprendere il presente. Il libro (pag 144, 13 euro) è distribuito per l’Emilia Romagna da “Albolibro”, Via Pinardi, 20 – 40128 Bologna tel 051 327084-051 322248, fax 051322315.