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Falcone e Petrosino, se voi ci foste ancora…

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Joe Petrosino. Giovanni Falcone.
Due uomini, due epoche, la stessa terra, il medesimo coraggio.
Due recenti fiction ne hanno rinfrescato il loro ricordo. Non voglio esprimermi sulla qualità cinematografica di questi sceneggiati, che personalmente ho apprezzato, ma desidererei soffermarmi sul valore etico della loro messa in onda.
Non so quanti tra i più giovani conoscano la storia di Giovanni Falcone, e quanti tra i più maturi ne abbiano un ricordo nitido. Non credo che in molti sappiano di Joe Petrosino. Da qui, la necessità di fiction come queste, soprattutto considerando la società dei nostri giorni.

Apro il giornale, nelle pagine di cronaca nazionale, e leggo degli abusi perpetuati dal personale d’ordine ai danni degli ospiti nel Centro di Prima Accoglienza di Lampedusa; leggo di ufficiali in divisa proteggere e gli spacciatori da cui si servono per la cocaina; leggo di agenti che, avvisati di un regolamento di conti tra malviventi, attendono la fine della sparatoria prima di intervenire e identificare i corpi; leggo di giudici corrotti. Poi vado allo stadio, e ascolto cori contro il mestiere del poliziotto o del carabiniere; vado per strada, passa una pattuglia, e chi mi è a fianco quasi per riflesso incondizionato la apostrofa con parole scortesi.
Poche ma deleterie mele marce al loro interno, un atteggiamento ottuso da parte di molti nei loro confronti: le forze dell’ordine, oggi in Italia, sopravvivono in questa dimensione di ambigua precarietà. Eppure l’importanza del loro operato risulta più che mai inestimabile, così come molteplici sono le storie di ordinario valore messe in piedi da poliziotti, carabinieri e magistrati, molto spesso in situazioni di palese pericolo, altre volte in contesti all’apparenza più tranquilli, ma in realtà non meno delicati.

Dovrebbero essere un riferimento per ogni cittadino, le forze dell’ordine. Dovrebbero essere messe nelle condizioni di garantire sicurezza, protezione, serenità. Dovrebbero promuovere onestà e legalità, con l’esempio e con l’azione quotidiana. Dovrebbero radicare la collettività attorno ai valori più importanti, in modo concreto, alla luce del sole. Dovrebbero saper comunicare.

Dovrebbero essere i primi paladini della non-violenza, che sia questa verbale o fisica.

Nella nostra odierna Italia, tutto questo stenta a decollare. Come più volte hanno avuto occasione di ripetere pubblici ministeri in prima linea contro la delinquenza e contro la solitudine in cui spesso vengono abbandonati, mai come in questi anni si è assistito a un crollo della percezione e del sentimento della legalità da parte dei singoli cittadini. C’è meno voglia di giustizia, c’è meno coesione attorno alla giustizia, l’interesse personale non preclude le strade all’illegalità. C’è sfiducia e menefreghismo. In certi contesti, disperazione. Sono questi i contesti in cui l’illegalità dilaga, in cui lo stato affonda, in cui un’uniforme non genera rispetto.

Joe Petrosino e Giovanni Falcone il rispetto, in vita e dopo la vita, se lo sono conquistati. Sono loro, i modelli troppo spesso dimenticati dell’uomo di stato fedele e coerente con se stesso, coraggioso e determinato, il professionista per cui il dovere lo porta a spingersi fino in fondo, addirittura incontro alla morte, per far sì che i valori per cui si batte rimangano vivi. Uomini integri, forti, onesti, persino modesti. Uomini che hanno chiaro la loro funzione nel mondo, nello stato, nella città. Uomini capaci di assumersi le proprie responsabilità; uomini sulla cui dignità nessuno potrà mai sputare, a partire dai loro nemici. Uomini d’altri tempi, che di troppa virtù perirono.
Anno 2006, Italia: quanto ci mancano uomini come loro...