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La sessualità nelle ragazze con DCA e nelle loro famiglie: i vissuti e i comportamenti

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Sul versante delle relazioni affettive e della sessualità, la persona anoressica è spesso restia: talvolta non vive alcuna forma di sessualità attiva, talvolta vive la sessualità in modo scisso, come una parentesi fine a se stessa o addirittura come esercizio fisico finalizzato al dimagrimento.
La persona bulimica, invece, spesso mostra su questo versante una notevole voracità, in modo analogo a quanto avviene nel suo rapporto con il cibo: cerca spasmodicamente dei partner, che velocemente “divora” e che poi bruscamente respinge con modalità spesso improvvise e drammatiche o dai quali è, altrettanto drammaticamente, abbandonata e respinta.
Vediamo ora qual è stato il primo contatto delle persone affette da DCA con il sesso. La sessualità è, nelle famiglie dove si sviluppa un disturbo del comportamento alimentare, una tematica spesso molto problematica. A volte emerge, nel corso della terapia della famiglia, che la madre della paziente è stata vittima di abusi sessuali o di esperienze sessuali precoci molto negative. Anche quando non ci sono simili esperienze o comunque non emergono nel corso della terapia, nelle famiglie anoressiche si nota spesso che la sessualità è relegata nel mondo del non detto, è innominabile: la figlia difficilmente ha ricevuto dai genitori e magari dalla madre in particolare spiegazioni, rassicurazioni o consigli circa la sessualità. Tuttavia, il menarca è stato spesso salutato e celebrato in famiglia come un momento di successo, dai genitori e anche dal parentado; a volte, la notizia dello sviluppo puberale della ragazza è stata addirittura socializzata al di fuori della famiglia, cosa apparentemente curiosa, visto il funzionamento prevalentemente di chiusura rispetto all’esterno di queste famiglie. La qualità dell’esperienza riferita dalla persona anoressica rispetto ai festeggiamenti familiari per il suo menarca è quella di essere stata “messa in piazza”; c’era in lei la percezione che quell’evento dovesse essere trattato con riservatezza, ma inspiegabilmente, invece, è stato divulgato. Manca il rispetto per l’intimità. Riguardo al funzionamento familiare, emerge che la sessualità della figlia è trattata alla stregua di molte altre attività, scolastiche, lavorative e sportive della ragazza: il menarca è un traguardo, non è l’approdo a una nuova fase del ciclo vitale della figlia, caratterizzato da specifici bisogni, paure, competenze, compiti evolutivi, quanto piuttosto una performance ben riuscita. Il menarca rappresenta la dimostrazione che anche rispetto al sesso la figlia sta maturando bene e sta seguendo una strada che può dare soddisfazioni ai genitori, per questo l’evento va esibito anche a livello sociale. Nella famiglia anoressica, la festa per il menarca assume più o meno lo stesso significato della festa per il diploma. Anche nella fase della malattia, l’amenorrea è un problema molto sentito dalla famiglia, come segnale tangibile della “non normalità” della figlia, ma molto meno dalla paziente, che invece il più delle volte vive con sollievo la scomparsa del mestruo e la regressione a una condizione di sessualità non generativa. La preoccupazione espressa dai genitori circa la mancanza di relazioni sessuali della figlia anoressica non è tanto focalizzata sulla sofferenza che questa carenza potrebbe comportare o di cui potrebbe essere un indicatore, quanto sul fatto che rappresenta una caduta di performance: la figlia in questo modo si dimostra incompleta, anomala. La sua astinenza sessuale, che nell’anoressica restrittiva è, di solito, pressoché totale, rappresenta per la famiglia una sconfitta e una vergogna sociale, come anche il suo sottopeso visibile e il suo colorito malsano.
Nelle famiglie bulimiche la sessualità, come molti altri aspetti, è contrassegnata da molta confusione, mancanza di chiarezza, agiti che prendono il posto delle parole, di scelte e di vissuti consapevoli. Spesso la ragazza bulimica, da bambina, è stata coinvolta suo malgrado in situazioni nelle quali la sessualità emergeva in primo piano, ma in quel momento non ha compreso molto di quanto ha visto e sentito. Soprattutto, nessun adulto si è preoccupato di tutelarla e di mettere uno schermo protettivo tra lei e situazioni inadatte a una bambina, perché per lei non leggibili. Alcune esperienze di questo tipo sono, ad esempio, aver assistito a discussioni tra i genitori, dove uno si proponeva sessualmente all’altro, che invece rifiutava; oppure l’aver visto liti tra la madre e l’amante del padre, aver accompagnato la madre ad appuntamenti con l’amante e averle fornito l’alibi mentendo al padre, l’essere venuta a conoscenza, anche casualmente, di relazioni extraconiugali di uno dei due genitori. Talvolta la ragazza, quand’era bambina, ha partecipato attivamente ad eventi molto perturbanti per la vita di coppia dei suoi genitori, talvolta ha assistito ad interazioni apparentemente meno traumatiche, come discussioni circa una sessualità non soddisfacente tra i coniugi; in ogni caso, l’elemento critico sembra essere la precocità dell’esposizione della bambina a tematiche per lei incomprensibili ma che avvertiva essere cariche di tensione. Trovandosi sola a fronteggiare queste situazioni molto confuse, si è creata una sorta di storia, una serie di convinzioni sulle responsabilità dei genitori che solitamente verranno meglio analizzate e messe in discussione crescendo e, si auspica, nel corso della terapia; ma ciò che soprattutto resta di quelle esperienze, il precipitato che condizionerà molte sue scelte future, è la sessualità vissuta come cosa ambigua o segreta o strumentale ad ottenere qualcos’altro. Talvolta, soprattutto nelle famiglie che poi svilupperanno problematiche di tipo bulimico, questa mancanza di tutela verso la maturazione fisiologica e lo sviluppo sessuale congrui all’età della bambina si declina in modo particolarmente drammatico, con protratta disattenzione nei confronti delle persone che hanno contatti con la figlia. L’esito è che talvolta la bambina, futura bulimica, sia avvicinata in modo improprio da persone dell’entourage familiare, fatta oggetto di attenzioni sessuali e talvolta coinvolta in atteggiamenti sessualizzati o in una sessualità attiva del tutto inappropriata rispetto alla sua fase di sviluppo e, quindi, traumatica. In questa evenienza, che è molto frequente tra le persone bulimiche, la sessualità si connota di solito anche come qualcosa di sporco e di contaminante, soprattutto perché spesso gli abusi sessuali sono stati ripetuti e protratti nel tempo, anche per vari anni.
La sessualità della bulimica, coerentemente con il clima familiare sperimentato e in continuità rispetto alle esperienze infantili, è caotica, sregolata, insoddisfacente, spesso vissuta con senso di disgusto e di vergogna; ad essa la persona bulimica aderisce non per una scelta pienamente voluta, non per soddisfare il bisogno sessuale vero e proprio, quanto per il bisogno di sentirsi confermata, di prendere potere sull’altro, di vendicarsi di qualcuno, di dimostrarsi abile e capace. Si verifica talvolta la preoccupante circostanza di continuo ricorso alla sessualità in modo del tutto caotico, acritico, ingenuo e rischioso: la bulimica passa da una relazione all’altra, spesso con uomini che si conoscono tra loro e con l’intenzione, più o meno dichiarata e consapevole, di alimentare delle rivalità e delle competizioni maschili pregresse; accetta in modo indiscriminato rapporti sessuali molto precoci rispetto al grado di conoscenza che ha dell’altro e si ritrova a volte coinvolta in situazioni sessuali orgiastiche, talvolta con il ricorso al consumo di sostanze stupefacenti, sentendosi poi però sbagliata, sporca, usata, stupida. Assai raramente la sua sessualità è appagante, ma, quando lo è, viene vissuta come qualcosa di dissociato rispetto al resto dell’esistenza della persona, come se il piacere sessuale non fosse integrabile e armonizzabile con il resto delle aree di vita, ma fosse una sorta di parentesi a parte, anche piacevole, ma che si apre e si chiude, rimane incapsulata e a se stante. Questa situazione crea confusione e difficoltà nella persona bulimica, perché tale sessualità appagante spesso non è vissuta con il partner, ma in relazioni satellite tenute nascoste, oppure con partner molto problematici, affetti a loro volta da disturbi mentali piuttosto gravi. La percezione del rischio (di gravidanze indesiderate, di malattie sessualmente trasmissibili, di coinvolgimento in situazioni rischiose per l’incolumità personale) è molto bassa e i comportamenti sessuali a rischio assai frequenti.
Rispetto alle relazioni affettive e sessuali, sia la persona anoressica sia la persona bulimica ha bisogno, prioritariamente, di riacquisire il senso di avere il diritto e il potere (inteso come capacità personale, senso di autoefficacia) di proteggere la propria intimità. Ha bisogno di sperimentare che l’altro non violerà quei territori, quella parte intima e vulnerabile di sé che in passato qualcuno ha violato, magari non con l’abuso sessuale ma con la mancanza di delicatezza, con l’invadenza o con la superficialità. Ma la ragazza ha anche bisogno di sentire la propria forza e di sapere che in ogni caso saprebbe respingere con successo colui che, malauguratamente, si dovesse avvicinare forzando senza consenso i confini del suo corpo e della sua mente.
Il desiderio sessuale può essere avvertito e pienamente soddisfatto solo quando ella sentirà che non dovrà subire il desiderio dell’altro. Inoltre, è importante che la persona (in particolare bulimica) senta di essere interessante per il partner non solo dal punto di vista sessuale; ha bisogno di sperimentare che il sesso non è lo “strumento” che ella ha a disposizione per legare a sé l’altro, ma è invece un modo di incontrarsi e di creare un legame reciproco, condiviso, paritario. Sarà aiutata in questo se sentirà che è stata scelta dall’altro per tutto ciò che ella è, sente, pensa e fa.

(Fonte: Risky-Re)