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“Misero il paese a ferro e fuoco”

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“Il cinque agosto 1944 arrivarono a Codesino intere famiglie, fuggite da Toano, messo a ferro e fuoco dai nazisti. Il paesino diede prova di grande solidarietà. Da oltre sessant’anni qui si ricorda questo triste avvenimento e si rinnova quello spirito di accoglienza che lo caratterizzò”.

Elisabetta Vendramin, presidente dell’associazione “Amici dei borghi toanesi”, sintetizza così la commemorazione e la festa che si svolgerà domenica 5 agosto, alla presenza, tra gli altri, del vicepresidente della Camera, on. Pierluigi Castagnetti.

Il programma prevede, alle 15,30, il ritrovo a Codesino, il saluto del presidente Vendramin e del sindaco toanese Michele Lombardi, una breve rievocazione di padre Mario Cappucci, già parroco dell’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio, la lettura della poesia “Triste ritorno”, la visita al cippo commemorativo e le conclusioni dell’on. Castagnetti e del consigliere provinciale Claudio Guidetti.

“Si proseguirà con una merenda - spiega Alessandro Cappucci, consigliere comunale - offerta dalle famiglie di Codesino, con i prodotti tipici dell’ospitalità di allora: pane, salame, formaggio e un bicchiere di buon vino. Saranno anche presenti i rappresentanti dell’Istoreco e i labari delle associazioni d’arma e della croce rossa”.

Quel cinque agosto di tanti anni fa “fu una pagina drammatica della storia toanese - racconta la presidente Vendramin – ancora presente nei ricordi di molte persone. Bruciarono anche l’antica pieve matildica, che aveva resistito a mille anni di storia, e l’oratorio di Sant’Anna. Gli abitanti di Toano fuggirono con le loro povere cose e con quello che avevano di più prezioso: il bestiame”.

Continua il consigliere Cappucci: “Non solo Codesino ma tutti i piccoli borghi e i casolari della valle del Dolo diventarono rifugio sicuro, e tutto servì ad accogliere i fuggiaschi. Le stalle e i fienili si trasformarono in alberghi. Le tane del Mandriaccio, abituale dimora delle volpi, si trasformarono in case, così come i boschi, grazie alle liane che, intrecciandosi sugli alberi, creavano tettoie naturali”.

In quell’occasione così particolare “la solidarietà - conclude Elisabetta Vendramin - fu immediata e spontanea. Per gli sfollati fu come sentirsi di nuovo a casa e il quotidiano affaccendarsi, i giochi dei bambini, le preghiere del vespro, fecero sentire lontano l’eco della guerra. E’ questo spirito che anche quest’anno, com’è ormai consuetudine, si vuole commemorare e riassaporare. Non una cerimonia rievocativa, ma un incontro tra amici, un modo per riscoprire la gioia di stare insieme”.