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Le ragioni di uno sciopero / L’opinione di Enrico Bini e Marco Ferrari

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Enrico Bini, persona assai nota della nostra montagna non ci sta alle speculazioni sull’aumento incontrollato dei prezzi che in questi giorni si registrano un po' in tutta Italia e ribadisce che non sono ricollegabili allo sciopero degli autotrasportatori ma che erano già nell’aria e lo sciopero li ha giustificati.

Afferma Bini che “la nostra è una categoria da troppo tempo bistrattata e sfruttata dalla committenza e se da un lato dobbiamo giustamente rispettare le leggi europee riguardanti le ore di guida e di riposo e subiamo l’aumento incontrollato del prezzo del gasolio, dall’altro non riusciamo a farci pagare dalla committenza che approfitta della debolezza del settore".

Nel protocollo d’intesa siglato lo scorso febbraio, le organizzazioni hanno chiesto interventi legislativi che obblighino la committenza a pagare i costi reali dei trasporti, senza giocare al ribasso affidando il lavoro a imprese legali e non abusive, perché, ribadisce sempre Bini, “l’illegalità è un serio problema del nostro settore, illegalità intesa come poca sicurezza sulle strade, con autisti non in regola, con ore di guida regolarmente sforate e con il problema del sopracarico. Tra le nostre richieste anche un intervento sul prezzo del gasolio e una riduzione fiscale. Gli impegni sottoscritti nel protocollo non sono stati rispettati dal governo e dal ministro Bianchi.

"Anzi - continua Bini - un'alleanza del governo con le grandi imprese del paese stava indebolendo ulteriormente la categoria e rimettendo in discussione i miglioramenti finora ottenuti. Da qui la necessità di dare un segnale forte. Nei tempi previsti dal codice di autoregolamentazione, cioè 45 giorni prima, abbiamo indetto lo sciopero con la speranza in questo periodo di trovare punti d’incontro. Sciopero sottovalutato dal mondo politico convinto della non riuscita del fermo. Iniziato lo sciopero, con un'adesione altissima, paralizzati i trasporti, veniamo convocati e ci viene presentato un possibile accordo per noi inaccettabile".

"Di fronte al nostro rifiuto veniamo liquidati in pochi minuti e la trattativa prosegue con Confindustria, settore trasporti e Lega delle Cooperative settore trasporti, due associazioni che non avevano aderito al fermo. Questo ha scatenato una forte reazione da parte dei trasportatori in sciopero. Grazie all’intervento di diplomazia della Presidenza del Consiglio, del ministro Letta e delle associazioni tra cui CNA e Confartigianato, si è giunti ad una bozza di accordo; accordo sofferto in quanto la categoria forte del successo ottenuto non era d’accordo di interrompere il fermo".

Al contrario di quanto spesso scritto e detto, ha prevalso il forte senso di responsabilità di fronte a un paese ormai palla paralisi. Grande preoccupazione destavano poi i tentativi di gruppi di creare tensione ai presidi. Gruppi che non avevano niente a che fare con il fermo ma solo interesse a creare tensione. Ribadisco fermamente che le speculazioni non hanno niente a che vedere con lo sciopero - continua Enrico Bini - in quanto già da mercoledì sera i camion erano in strada a rifornire i mercati di frutta e verdura. Respingiamo perciò qualsiasi accusa di questo tipo".

Marco Ferrari, felinese, socio della ZaraLine, azienda di autotrasporti della montagna, uno degli ideatori- organizzatori dei raduni Tartaruga Truck Team, ribadisce alcuni punti importanti. Per prima cosa la necessità di fare chiarezza soprattutto sul fatto che si richiede l’applicazione di norme già concordate nel protocollo, ma anche l’esigenza di far rispettare regole indispensabili perla sicurezza delle strade. Regole ribadisce già esistenti. Domenica 9 dicembre alle assemblee erano forti le perplessità sull’adesione al fermo. Ma la delusione per la mancanza di risposte da parte politica era troppo forte e anche Ferrari ribadisce che era necessario dare un segnale deciso.

Al di là di ogni aspettativa l’adesione e, riferisce Ferrari, “io ho fatto personalmente volantinaggio e picchetti, e devo dire che quello che più mi ha sbalordito è stata la partecipazione della gente e l’invito a continuare la protesta. Tanta gente comune che ci sosteneva. E questo fa bene. Ci convince ulteriormente di non aver sbagliato. Come categoria ci scusiamo dei disagi creati, ma per noi era l’unica strada percorribile. Condanno qualsiasi atto vandalico o intemperanza compiuta. Noi siamo cittadini, di professione autotrasportatori, quotidianamente sulla strada, responsabilmente sulla strada. Era necessario che non solo gli addetti ai lavori ma anche la gente fosse a conoscenza dei problemi della nostra categoria; categoria fino a pochi giorni fa disunita che improvvisamente si è ritrovata compatta e unita. Occasione preziosa per lavorare a progetti comuni".

(opinioni raccolte da Cinzia Formentini)

16 COMMENTS

  1. Cosa si è ottenuto? E perchè non c’è altra strada?
    Condividendo pienamente l’iniziativa (seppure drastica) degli scioperantil chiedo loro, perché io ben poco ho compreso, cosa ha fatto infine il governo delle vostre richieste? Cosa migliorerà, quindi, dopo lo sciopero? Credo che tutti abbiano speranza che l’azione sia stata utile e che abbia buon fine.
    Poi lancio un monito: è possibile che per avere un poco di attenzione, quelle giuste e legittime e stabilite dallo stesso diritto italiano, in Italia si debba arrivare a tali estremi? Non esiste una via di mezzo (praticabile) per risolvere un poco di problemi, magari mirati? Mi rivolgo anche ai sindacati: è possibile che non sia libera la strada più corretta, e che per avere quanto di legittimo si debba giungere a simili quanto drastici tentativi?

    (Agostino)

  2. Bisogna ridurre il trasporto su gomma
    Cosa abbiamo ottenuto? Un protocollo con tanti impegni sulla nostra piattaforma, ora da concretizzare con un grosso lavoro politico con la presidenza del Consiglio(aspetto non semplice e scontato viste le difficoltà dell’esecutivo dopo l’approvazione della finanziaria). Si possono evitare i fermi come questo? Penso di sì; anzi, si basta mettere in pratica la concertazione tanto sbandierata e poco utilizzata. E’ più facile concertare col sindacato dei lavoratori e Confindustria che con la maggioranza del tessuto imprenditoriale del nostro paese, cioè il mondo delle piccole e medie imprese che rappresenta il 98% complessivamente. Altro aspetto che deve far riflettere è la fragilità del nostro paese per quanto riguarda la mobilità delle merci: bastano 2 giorni per vuotare i negozi e i distributaori. Questo è dovuto al fatto che la grande distribuzione e le fabbriche non fanno più magazzino ma lo fanno fare direttamente ai camionisti, scaricando su di loro e sulle poche infrastrutture il peso di una situazione anomala. E di conseguenza sul cittadino che deve assistere tutti i giorni a un carico di traffico insostenibile. Bisogna ridurre il trasporto su gomma. Ora incide più dell’82% su tutto il territorio nazionale.
    Buon Natale.

    (Enrico Bini)

  3. Il problema resta
    Il commento fa riflettere ma non cambia il mio dubbio: esiste solo questo modo per richiamare la giusta attenzione? Di scioperi ne abbiamo di quotidiani da tempo, di risultati ne abbiamo ben pochi e sempre dubbi… Inoltre c’è una grossa fetta che non può permettersi di scioperare a causa delle pressioni “dei padroni” o della riduzione in busta paga di un solo, quanto essenziale, giorno lavorativo. Quindi ripeto: senza giungere a tali estremi (e la prego, Bini, sia più concreto con un profano come me) cosa bisogna a fare per avere attenzione e soluzioni ai gravi problemi cui soggiaciamo ogni giorno?

    (Agostino)

  4. Per farsi ascoltare
    Non so se riuscirò ad accontentare il sig. Agostino con una risposta comprensibile e concreta, ma ci proverò. Lo sciopero è sempre una misura estrema, soprattutto per un settore come il nostro, che come abbiamo visto può in soli due giorni bloccare un paese e creare disagi a cittadini che non hanno nessuna resposabilità. Quando si arriva ad uno sciopreo è sicuramente un fallimento politico. Qualcuno non ha saputo ascoltare o qualcuno non è stato capace di farsi ascoltare. La concertazione è la strada maestra per evitare situazioni di sciopero; concertazione vera e non dichiarata solo a parole. Il nostro però è un paese di troppi partiti, di governi deboli e ricattabili da chiunque. Oltre a questa situazione esiste anche un po’ di confusione nelle organizzazioni di rappresentanza, che sono troppe e con idee e interessi diversi; questo non fa sicuramente bene alla concertazione. Allora cosa si può fare? Secondo me bisogna fare rapidamente la legge elettorale che metta un po’ di ordine nella politica, fare meno promesse in campagna elettorale per poi scordarsene appena eletti, metter in fila i problemi ed uno a uno iniziare a risolverli. Le associazioni invece devono trovare i punti che uniscono e non quelli che dividono e pretendere da chi ci amministra, che a volte approfitta di queste divisioni per crearsi alibi, di avere risposte concrete ai problemi degli associati. La mia associazione sta lavorando concretamente per mettere assieme le associazoni della piccola e media impresa.
    Ecco, io non so se sono stato concreto, ma ci ho provato. Grazie e buon Natale.

    (Enrico Bini)

  5. Sì allo sciopero, ma con altri criteri
    Naturalmente quello che leggerete è solo una mia personalissima opinione su quanto è accaduto e non vuole essere, nel modo più assoluto, un attacco nei confronti di chi fa questo mestiere logorante e faticoso.
    Fatta questa breve premessa, ritengo che le motivazioni della protesta messa in atto siano più che giuste, il costo del carburante, ed il gasolio in particolar modo, è cresciuto in maniera esorbitante e su di esso grava il 65% di tasse. Lo sciopero è un diritto di tutti i lavoratori (o quasi) e va tutelato, ma se gli scioperanti, come in questo caso, invece di lasciare i propri mezzi fermi sotto casa oppure nella ditta dove lavorano si permettono di bloccare strade, autostrade e arterie principali, permettetemi di dire che quello non è uno sciopero ma una privazione della libertà altrui, è interruzione di pubblico servizio, è un atto di inciviltà. Altra cosa allucinante il taglio delle gomme del camion a chi non voleva aderire allo sciopero e, cosa ancora più grave, il fatto che di mezzo ci siano andati anche autotrasportatori stranieri che per loro sfortuna sono incappati nel blocco. Vi sembra giusto tutto ciò?
    Concludo dicendo: Il fatto che l’Italia, con questo sciopero, sia stata messa in ginocchio in soli 3 giorni, non vi fa riflettere?

    (Simone Calani)

  6. Ok allo sciopero ma che non sia violenza
    Tutto quello che dice Simone è da me condiviso: massimo rispetto per il diritto allo sciopero e ai diritti di tutti i lavoratori e condivisione anche dei motivi che l’hanno causato. In questo caso però il limite è stato oltrepassato abbondantemente ed in modo particolare nella scelta del periodo, nella scelta delle modalità, nella mancanza assoluta del rispetto del diritto di chi non voleva aderire. Blocchi stradali, violenza nei confronti di chi non voleva aderire, merci deperibili danneggiate ed irrecuperabili, automezzi danneggiati, prodotti rimasti nelle aziende in chiusura dell’anno, ecc. ecc. Ormai è successo e per me sarebbe più onesto da parte degli organizzatori dire che gli effetti sono stati sottovalutati in occasione della programmazione e che i fatti sono andati oltre le intenzioni. I fatti sono sotto gli occhi di tutti e cercare di arrampicarsi sugli specchi diventa veramente difficile. Quando si ha il potere di muovere delle masse bisogna stare molto attenti perchè perdere il controllo è un attimo. Non è neppure una giustificazione affermare che ci sono stati degli infiltrati: questo succede sempre in queste occasioni ed è una ragione in più per essere prudenti. Se l’obiettivo era quello non solo delle rivendicazioni ma di fare male al Paese, è stato raggiunto abbondantemente.

    (Lollo)

  7. Di chi è la colpa?
    Pur ammettendo le esagerazioni resto favorevole all’iniziativa (forse nei primi commenti non si capiva)…
    Quello che più mi lascia perplesso non è chi ha scioperato ma i motivi, ovvero: è possibile in una democrazia e/o in uno stato del terzo millennio dover raggiungere simili estremi per ottenere una decente attenzione delle classi dirigenti? Credo sia più opportuno riflettere non sui disagi seguiti allo sciopero e sui modi forse un poco bruti ma sulla necessità di ricorrere, oggi, a simili azioni per ottenere quanto dovrebbe invece spettarci per legge e con la parola (come credo mi suggerisse Bini). Sia mai che la colpa ricada, come spesso accade in un paese pieno di omertà, sulle vittime e non sui reali mandanti o cause dei disagi…

    (Agostino)

  8. Scioperi utili o dannosi?
    Premesso che lo sciopero è una forma legittima di protesta ed una conquista necessaria ed intoccabile, convengo con Agostino e con Lollo di non avere capito bene a cosa è servito questo ultimo e quanto è stata utile una protesta così drastica che ha provocato notevoli danni alla merce trasportata e alla nostra economia già di per se stessa malandata, proprio in questo periodo così movimentato.
    Convengo che la categoria degli autotrasporti abbia notevoli problemi che si sono ingrossati con l’aumento del gasolio, ma la vita è diventata dura per molti e con notevoli parzialità.
    Se proprio era necessario, mi sono chiesto se non si poteva rimandare di qualche giorno, forse le motivazioni e i disagi sarebbero stati più accettabili! Sono anche rimasto un po’ freddo alle notizie sulla notevole partecipazione descritta nelle varie interviste televisive; mi riferisco allo sbandierato “successo” dell’iniziativa riportato nei vari telegiornali, senza valutare se si potevano risolvere i problemi in un altro modo un po’ più ragionevole da entrambi le parti e senza spiegare che molti addetti al trasporto hanno partecipato soltanto per paura delle conseguenze e questo non è bello né elegante né rispettoso delle diverse opinioni democratiche e senza poi fare conoscere ai cittadini i veri miglioramenti ottenuti o promesse.
    Provo per un momento ad immaginare cosa succederebbe se noi commercianti facessimo una serrata generale con “picchetti” armati di bastoni o grosse chiavi agli ingressi dei grandi centri commerciali… tranquilli, questo non succederà mai!
    E’ giusto quanto sostiene il Sig. Bini sul fatto che i negozi, le fabbriche e i centri commerciali da tempo non fanno più magazzino; il motivo è da ricercare nel nostro sistema fiscale che è sempre più esoso e alla ricerca continua di fondi per poter pagare le enormi spese del nostro Stato.
    Con questa informazione malandata ritengo che sia molto difficile per noi cittadini definire se uno sciopero sia giusto o ingiusto. Ci sono categorie che avrebbero mille ragioni, ma uno sciopero non funzionerebbe e non lo noterebbe nessuno; penso a chi cerca lavoro, ai precari, ai pensionati, agli invalidi.
    E’ soltanto una mia impressione, che sarà sicuramente sbagliata, ma penso che la situazione disastrosa-fallimentare attuale dell’Alitalia (e di altre strutture simili del passato) ritengo che sia dovuta ai numerosi scioperi pretenziosi e inutili fatti precedentemente a catena per crearsi diversi privilegi sommati all’esubero di personale o di raccomandati.
    Grazie, scusate delle mie stupidaggini e auguri a tutti.

    (Elio Bellocchi)

  9. Grazie Agostino
    Avevo deciso dopo gli ultimi due interventi di non dire più niente sul problema, fermo rispettando le opinioni diverse sull’evento. Però’ le parole di Agostino mi permettono di aggiungere qualcosa al dibattito. E’ strano il nostro Paese: ci accorgiamo che esistono certe categorie solo quando ci impediscono di andare in macchina o quando non riusciamo a mangiare la frutta fresca. Gli altri 362 giorni dell’anno non esistono, salvo quando succede purtroppo qualche incidente. Considerate il ruolo dei media, che fino a che non è iniziato il fermo non ne hanno data notizia nonostante la dichiarazione fatta dalle nostre associazioni di categoria 45 giorni prima. Vi ricordo che questi organi di informazione sono di proprietà di quelle persone o società che per trasportare i prodotti delle loro aziende non pagano le tariffe e non si preoccupano nemmeno a chi affidano il trasporto, se è regolare o no. Non si preoccupano di ordinare il camion e poi tenerlo dalle 4 o 5 ore per essere caricati quindi facendo consumare le ore giornaliere di h 9,50 per poi pretendere la consegna a Roma pre le 8 del giorno dopo,c ostringendo a sforare le ore a rischio della patente. Oppure cosiderate la situazione delle infrastrutture, dove, per passare Bologna, servono a volte anche 2 ore; altrettanto per passare Firenze o per percorrere il raccordo anulare di Roma. Tutte situazioni che per 362 giorni all’anno le scarichiamo sul trasportatore; l’importante è che non ci faccia mancare la benzina. Sapete come funziona il discorso frutta e verdura? Provo a spiegarvelo: il camion arriva nell’azienda agricola il sabato pomeriggio o la domenica pomeriggio, poi aspetta che finisca la raccolta del prodotto. Finita la raccolta viene caricato e verso le 22,00 è pronto per partire e deve, se parte la domenica, essre al mercato di Milano o di Torino il martedi mattina, magari con una consegna a Roma, Firenze o Bologna. Tutto questo con un solo autista, dove la partenza è la Sicilia o la Puglia. Se arriva tardi a Milano o Torino viene respinto e rimandato indietro addebitando al trasposrtatore il carico. Non so se a qualcuno è capitato di di veder tra Modena, Reggio o Parma dei veicoli nella scarpata: sono colpi di sonno di un autista che è partito la sera prima e ha dormito magari due ore appoggiato sul volante. Di chi è la colpa? E quando parliamo dei trasportatori stranieri fermati ai posti di blocco? Cerco di spiegarvi come funziona per loro. Secondo le normative europee gli stranieri possono venire carichi nel nostro Paese e possono ricaricare per tornare in uno dei paesi della Ue; il cabotaggio è permesso per un solo carico (cabotaggio significa caricare e sacricare nello stesso paese). Negli altri paesi questa pratica è rigidamente controllata; da noi arrivano, scaricano, poi restano nel nostro Paese anche per un mese facendo dei viaggi interni da nord a sud a tariffe più basse dei nostri trasportatori (vi sembra giusto?), questo senza che nessuno li controlli. Altra pratica che fanno grossi vettori esteri o italiani è quello di aprire unità locali nei nuovi paesi dell’est entrati nella Ue e qui assumere il personale pagandolo tre volte meno di quello che paghiamo i nostri autisti, poi li fanno viaggiare qua da noi. Però nel nostro Paese nessuno dice niente, nemmeno il sindacato dei lavoratori: va tutto bene?Altro fenomeno sono le imprese residenti al sud che vengono a lavorare da noi, visto che i camion hanno le route. Molti di loro forti del fatto che laggiù nessuno controlla; prendono degli autisti, sopratutto extracomunitari, non li assumono, li fanno viaggiare col sovraccarico e 15 16 ore al giorno. Poi se vengono (raramente) scoperti, superato il momento di difficoltà riprendono come prima. Ma la cosa più grave è che questi hanno contratti con dei committenti grossi e noti nel comprensorio ceramico o nel mondo dei produttori di inerti: di chi è la colpa? Di chi non ne può più di sopportare tutto questo o di chi negli anni ne ha approfittato per poter fare dei bilanci etici bellissimi oppure di chi sa e non fa niente per far cessare queste situazioni? Non pensate che siamo di fronte ad un elastico che si sta strappando e se si strappa poi cadiamo dalle nuvole. Quindi, cari Lollo o Simone, cercate, prima di lasciarvi andare a certe cosiderazioni, di andare un po’ più in profondità per conoscere prima le ragioni di un fermo come quello del trasporto; almeno per cercare di capire di chi è la colpa prima di emettere sentenze. Aggiungo che anche noi condanniamo gli eccessi di quei giorni; non a caso sia io che Marco e tanti altri che non nomino siamo stati costantemente al casello per evitare gli eccessi. Delle cose che ho detto mi assumo la responsabilità, visto che sono le cose che a più riprese ho denunciato alle autorità competenti assieme ad altre che non si possono dire in questa rubrica. Grazie, auguri di buon anno.

    (Enrico Bini)


  10. Prima di tutto ritengo di grande importanza questo dibattito perchè consente di esprimere le varie opinioni e considerazioni che è la linfa della democrazia e che non significa “sentenziare”. Le argomentazioni presentate dal sig. Bini, ripeto, sono conosciute e condivisibili. Quello che non è accettabile è l’arroganza di una categoria (sia essa quella dei trasportatori, dei tassisti ecc.) che per il solo fatto che è “forte” può permettersi di mettere in ginocchio un paese. Una riflessione per tutti: i trasportatori sono gli unici che hanno problemi? E per le categorie più deboli che hanno situazioni ben più gravi e non possono far valere le proprie ragioni come la mettiamo? Ribadisco: diritto allo sciopero SI, diritto alle giuste rivendicazioni SI, arroganza e violenza NO. Se è ritenuto giustificabile quello che è successo vorrei sapere qual è il limite delle forme di rivendicazione. Esiste davvero un confine oppure ci nascondiamo dietro al fatto che ci saranno ancora una volta provocatori ed eccessi? Riflettiamo.

    (Lollo)

  11. E ora?
    Di recente sto imparando cose sempre nuove. Grazie a Redacon, alle sue notizie e ai collegamenti che permette mi sono ritrovato di fronte ad una realtà che ignoravo in buona parte; ha ragione Grillo sostenendo che in Italia l’informazione è moderata per non dire censurata, e ha ragione Elio che a noi ignoranti ben poco ci permette di valutare bene di fronte ai fatti; ha anche ragione Bini mettendo in luce le oscenità della sua categoria.
    Io continuo ad essere allibito.
    Inviterei, però, i vari imprenditori, piccoli e medi locali, a farsi portavoce, a diramare tra le persone quali sono le assurdità con cui si scontrano ogni giorno (facilitazioni per la grande impresa e sovraccarico per la piccola che è costretta a stringere su tutto, magari anche illecitamente), e magari a organizzare degli incontri (se non sono già stati fatti) non conformi e con le istituzioni di fronte alle quali si deve parlare bene: informazione vera per chi interessa e organizzazione autonoma per chi ne ha bisogno.
    Forse da tempo credo alle favole, ma sono ancora convinto che se un bel gruppo di persone motivate con problemi simili si riunisce, fa informazione, può sperare in un miglioramento: non possiamo riorganizzare oggi l’intero sistema bacato? Va bene, ma almeno partiamo dalla pretesa di correzioni mirate.
    Chissà..

    (Agostino)

  12. Condivido
    Grazie comunque a Redacon di avermi dato la possibiltà di poter spiegare i problemi del mio settore. Non è assolutamente giustificabile quello che è successo, iniziative come quella del nostro fermo vanno evitate perchè si sa da dove si comincia ma non dove si finisce; e, come ho detto, quando si arriva a questi punti è perchè ha fallito il lavoro di concertazione e ha fallito la politica. Penso che qualche errore sia stato commesso se l’unico messaggio che è passato è un messaggio di disagio e “violenza”. Disponibile a partecipare ad incontri dove si possano discutere meglio le ragioni di un fermo come il nostro. Se Redacon vuole magari organizzarlo si può fare, perchè il dibattito quando è serio e leale serve e per cambiare bisogna partire dal basso; quindi ben venga. Gli argomenti che bisognerebbe trattare sono, secondo me: situazione del trasporto nel nostro paese sia di merci che persone; per il trasporto indispensabile la legalità e la sicurezza; ruolo della committenza.
    Ciao, resto a disposizione per eventuali sviluppi.

    (Enrico Bini)

  13. Grazie sig. Bini
    Intanto volevo ringraziare il Sig. Bini per la pazienza che ha avuto nel darci una informazione meticolosa e precisa riguardo ai problemi dell’autotrasporto; confesso che non ne ero assolutamente a conoscenza. I nostri telegiornali quotidiani dovrebbero avere come obiettivo principale quello di informarci correttamente sui veri problemi di tutti, ma purtroppo i nostri giornalisti ripetono come automi quello che passa il convento senza rischiare o approfondire più di tanto, per fortuna abbiamo a disposizione internet e la redazione di Redacon! Volevo ancora insistere che in questo mondo modernizzato o globalizzato che ci siamo costruiti, dove tutti vanno di corsa e chi rallenta è perdente, dove il pesto genovese deve arrivare dall’Indocina altrimenti costa troppo, dove la frutta deve essere presente anche fuori stagione, dove chi delinque è protetto mentre chi lavora onestamente è “liberalizzato”, mi preme ancora sottolineare che problemi più o meno grossi ci sono in ogni categoria, il guaio è che riesce a farsi ascoltare soltanto chi arriva agli eccessi che abbiamo visto.
    Grazie e rinnovo gli auguri.

    (Elio Bellocchi)

    —–

    @CAuguri che per parte nostra ovviamente ricambiamo.

    (red)#C


  14. Queste sono le parole che volevo sentire da un rappresentante autorevole della categoria come il sig. Bini. Il dialogo, la concertazione sono fondamentali per la soluzione dei problemi e comunque dal tentativo di soluzione. Ringrazio anch’io il sig. Bini per la professionalità e per la “passione” con cui ha sostenuto questo forum, a volte anche provocatorio ma sempre costruttivo. I disagi passano e fanno parte dei ricordi, le persone restano ed è con queste che dobbiamo confrontarci sempre guardando avanti e semmai traendo insegnamenti dalle esperienze vissute.
    Grazie ancora e buon prosegiìuimento delle festività.

    (Lollo)

  15. Per Bini
    Temo, considerando la lodevole imparzialità ed il suo ruolo, che Redacon non possa organizzare simili incontri @C(in realtà forse questo non è proprio un ostacolo: al limite, ciò che potrebbe trattenerci dall’organizzare incontri pubblici, sempre benvenuti quando permettono un salutare scambio d’idee, può essere piuttosto il poco tempo disponibile dei membri della nostra essenziale struttura organizzativa, ndr)#C. L’invito era rivolto ad un agito vostro: dove voi rappresentanti di categoria vi accordate (anche con noi interessati) per azionare incontri di questo tipo che, oltre ad informare, cerchino di muovere e correggere le cose. Bini: lei e persone come lei dovete organizzare questi incontri, diplomatici ma utili a tutti, dove si può apprendere ma dove si chiede l’aiuto globale in iniziative che mirino a non arrivare più a simili estremi ma a ottenere soddisfazione prima… non so se mi sono spiegato.

    (Agostino)

    P.S. – Sig. Bini, se vuole contattarmi lo faccia pure alla casella e-mail [email protected].

  16. Bene
    Grazie a Redacon abbiamo potuto con un forum cercare di capire le ragioni di una categoria con dei problemi (non è la sola). Ringrazio per le parole di stima gli altri partecipanti al dibattito e vorrei essere per loro non il sig. Bini ma Bini od Enrico. La passione mia nel parlare dell’argomento ricordata da alcuni amici del forum deriva dal fatto che per 12 anni ho fatto il trasportatore in un periodo in cui era bello farlo, dove ci si fermava a mangiare tutti assieme, dove ci si aiutava quando succedeva qualcosa durante il lavoro. Questo ora non esiste più, purtroppo. Poi ho lavorato per circa diciotto anni come commerciale in Transcoop e quindi ho visto i problemi del settore da quel punto di vista.
    Condivido che non può essere Redacon ad organizzare un dibattito; se volete e se pensiamo che serva ci possiamo pensare noi. Già il 13 gennaio facciamo un’assemblea a Reggio dove parleremo con la categoria per spiegare loro i contenuti dell’accordo; non sarà facile perchè la gran parte di loro avrebbero voluto continuare nella protesta.
    Passato quel momento possiamo pensare assieme se fare un momento di dibattito sul problema trasporto merci.
    Volevo aggiungere una questione che mi sono scordato nei miei precedenti interventi e che mi è stata ricordata da Bellocchi, e cioè la “liberalizzazione”. Il precedente governo in un colpo solo ha tolto le licenze e le tariffe obbligatorie; ogni camion prima per lavorare aveva una licenza di trasporto per conto terzi del valore circa di € 20.000,00 iscritta a bilancio; da quel momento non valeva più niente(pensate a chi ha un camion che poteva esser una parte della pensione; ma pensate anche a chi ha anche 100 camion.. cosa significa). Le tariffe obbligatorie erano non rispettate, ma erano una barriera di dignità che la committenza cercava di rispettare; ora più nulla.

    (Enrico Bini)