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Castelnovo / Mostra di Natale

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Dopo le mostre degli anni scorsi sul tema dei presepi (ultima quella dedicata nel 2006 ai presepi napoletani ispirati ai modelli del Settecento), l’idea nata quest’anno è stata quella di provare ad accostare le scene presepistiche realizzate da Antonio Pigozzi ad una mostra fotografica nella quale il soggetto fosse la neve nei luoghi dell’Appennino: due lavori paralleli, indipendenti e comunicanti al tempo stesso, uno la prosecuzione dell’altro, ma al tempo stesso una cosa separata, una collaborazione silenziosa come silenzioso è il paesaggio ricoperto dalla neve. E la scelta è stata quella di circoscrivere l’invito a pochi autori (anziché costruire una mostra collettiva a tema), per consentire la costruzione di un percorso mentale compiuto, l’articolazione leggibile di un ragionamento anziché la presentazione di una semplice sequenza di belle immagini sul tema proposto.

La grande scena di presepe che ha dato origine al progetto è stata commissionata a Pigozzi dalla Parrocchia di S. Maria Assunta di Castelnovo ne’ Monti per essere allestita presso la Chiesa della Resurrezione. Grazie ad un accordo con il parroco, don Evangelista Margini, viene esposta per la prima volta a Palazzo Ducale. Verrà poi smontata e rimontata ogni anno presso i locali della chiesa in occasione del Natale.

La scena rappresenta un diorama di grande respiro, di tre metri di lato, realizzato con le tecniche e i materiali consueti a Pigozzi: il gesso, il sughero e la corteccia di larice, mutuati rispettivamente dalla tradizione catalana, napoletana e altoatesina-tirolese con le quali Pigozzi continuamente si confronta, oltre a pezzi di legni vecchi e a materiali vari raccolti con pazienza. Natività all’ombra della Pietra di Bismantova rappresenta un’ampia e scenografica veduta della maestosa rupe di Bismantova vista dal lato est, in posizione dominante alle spalle della frazione di Casale, collocata sul fondo della scena e introdotta, in primo piano, da una grotta – classico elemento della tradizione del presepe popolare dell’Ottocento – dove vengono sistemate le sacre figure e i personaggi di contorno. Sul lato sinistro fa da contrappunto un borgo di case semidiroccate, ispirato ad un angolo della stessa frazione di Casale e interpretato come il simbolo della caducità delle cose terrene. In secondo piano, l’antica Pieve di Castelnovo ne’ Monti rappresenta l’aspirazione all’elevazione verso Dio, mentre due piccoli e raccolti gruppi di vecchie case, di fantasia ma ispirati sempre alle tipologie dei borghi dell’Appennino, bilanciano l’equilibrio della composizione. Un piccolo ruscello in basso riporta infine alla simbologia dell’acqua come segno di purezza.
Accanto alla scena principale, vengono poi presentate sei scene minori, di cui quattro dello stesso Pigozzi e due provenienti da un prestito di amici presepisti (Alberto Finizio e Learco Formentini).

La seconda parte della mostra è costituita dalle fotografie di Stanislao Farri, Luigi Menozzi e Benito Vanicelli dedicate al tema della neve in Appennino.

Nelle immagini di Farri riaffiorano alcuni elementi del paesaggio e della civiltà contadina, dei quali è sicuramente il più fedele testimone in terra reggiana. Sono paesaggi silenziosi dove la vita rallenta e prende la cadenza dell’inverno, quando le attività si trasferiscono all’interno delle case e delle stalle, lasciando ai ritmi della natura la loro scansione temporale. Le immagini ci riportano indietro di decenni, ma ci proiettano anche avanti nel tempo, ad una modernità di visione, ad una sorta di “manifesto della memoria” scelto da Farri come codice ispiratore della sua ricerca fotografica.
In alcune di queste fotografie vediamo paesaggi ormai scomparsi: i pagliai, distribuiti nei campi e lungo le carraie a garantire la riserva di fieno e di paglia per l’inverno, appaiono quasi come una invasione degli ultracorpi, che i bambini di oggi non hanno mai incontrato nella loro esperienza di vita. I filari delle viti, la cui coltivazione in montagna è stata abbandonata quasi ovunque, il più delle volte sono stati tagliati per fare spazio alla razionalità della vorace e “moderna” agricoltura intensiva - e purtroppo anche ad una visione più piatta e meno poetica del mondo. Altro protagonista di queste immagini è la Pietra di Bismantova, l’icona per eccellenza di Castelnovo ne’ Monti e dell’Appenino reggiano, aggirata a larghi cerchi come con la prudenza dovuta all’avvicinamento ad un ufo atterrato da altri pianeti, e poi svelata nelle diverse forme che presenta dalle diverse prospettive. Poi disseminati nel paesaggio sono poi alcuni borghi rurali, visti per lo più in lontananza, come una presenza immobile ma sicura, come un punto di riferimento e di approdo. In alcune fotografie Farri sperimenta una netta contrapposizione di toni bianchi e neri, come a sottolineare con i grafismi che emergono la divergenza tra segni dell’uomo e segni della natura.

Luigi Menozzi abbraccia in uno sguardo d’insieme che si apre su ampi orizzonti uno tra gli appennini più belli di questo paese e adotta un suo punto di riferimento: il Cusna, la sagoma del gigante dormiente che fino a non molto tempo fa ha dato il nome al Parco regionale che è poi stato assorbito all’interno dell’area del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Queste fotografie, il cui taglio sfila quasi per intero il cielo e si circoscrive invece alle forme delle colline, potrebbero essere state fatte pochi giorni o un secolo fa, escono dal tempo, non ci lasciano punti di riferimento riconoscibili, se non la sensazione di una devozione, dell’aver trovato nella montagna una patria, una identificazione e una liberazione.

Menozzi propone un atteggiamento introspettivo, riflessivo, identitario, alla ricerca e nella silenziosa proposta di una solidità fondata su valori altri. E questo atteggiamento possiamo ritrovare anche nel secondo gruppo di immagini, dove l’attenzione si sposta ad uno sguardo più ravvicinato sul paesaggio, dove l’orizzonte scompare quasi ovunque e lo sguardo si sofferma su particolari minimi nell’intrico della vegetazione: rametti ricoperti di neve gelata e di piccole stalattiti di ghiaccio, rami piegati fino a terra dal peso della neve bagnata e gelata, un intreccio di tronchi e rami che danno un’idea di soffocamento e, al termine della serie, come fanno spesso i contadini sulle forme del pane fatto in casa, tracciano il segno di una croce che ci rimanda al tema della mostra e ai Presepi di Pigozzi. Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo il viaggio è breve e lunghissimo al tempo stesso, un interminabile viaggio immobile effettuato con pazienza e fedeltà, ruotando attorno alla certezza di un baricentro costante: l’appartenenza ad un territorio e alla sua cultura.
E’ stato facile, quando è nata l’idea di accostare i presepi di Pigozzi e la neve in Appennino, pensare anche alle fotografie di Benito Vanicelli, l’altro suo versante creativo accanto a quello della pittura: perché il pittore e il fotografo dialogano e alimentano l’uno gli interessi e la visione dell’altro.

Il racconto di Vanicelli simula la ricostruzione di una immaginaria giornata invernale, che inizia con una luce tersa, con quei cieli luminosi di un blu intenso e quasi elettrico che appaiono quando una forte nevicata pulisce l’aria, la rende tersa e trasparente e il bianco abbagliante della neve illuminata dal sole risalta ancor più nel forte contrasto cromatico con il blu saturo del cielo. Un sottile profilo d’appennino segna – quasi una sorta di manifesto - l’orizzonte del suo territorio visivo. Un albero con i rami cristallizzati dalla neve gelata disegnano un suggestivo reticolo visivo, il profilo di una collina svanisce contro un cielo di un blu ancora più intenso. Poi una nebbia vagante fa da sfondo a campi innevati, e progressivamente la giornata vira verso orizzonti, colori, sfumature di colore “vanicelliani”, verso quel grigio perlaceo, quelle sfumature delicate di colore ricorrenti nella sua cifra pittorica. Piccoli gruppi di case che si stagliano sul profilo delle colline evocano ora una quieta atmosfera invernale, dove tutto pare attraversato da un’idea di riposo e di raccoglimento, dove le linee sinuose del paesaggio esprimono una morbidezza visiva che pare sottolineare una corrispondenza con i ritmi vitali. Ma – sembra dice Vanicelli con il guizzo di colore rosato dell’immagine di chiusura, dopo il profilo lontano di un Cusna quasi notturno, appena percepibile all’orizzonte – non può svanire tutto nell’ovvia conclusione di una giornata che semplicemente finisce: “domani è un altro giorno”, e la luce soffusa di una nuova alba restituisce il senso della vita che ritorna e sconfigge le ombre della notte.

* * *

La mostra si inaugura a Palazzo Ducale sabato 22 dicembre 2007 alle ore 17 e prosegue fino al 27 gennaio 2008, restando aperta tutti i giorni (tranne Natale e Capodanno) dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18. Saranno presenti gli autori. All’inaugurazione è previsto un momento di musica con alcuni allievi dell’Istituto musicale “C. Merulo” di Castelnovo ne’ Monti.

Mostra e catalogo: a cura di Paolo Ielli.
Sede della mostra: Palazzo Ducale, via Roma, 12/B – Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia).
Periodo: dal 22 dicembre 2007 al 27 gennaio 2008.
Inaugurazione: sabato 22 dicembre 2007 – ore 17.
Orari: tutti i giorni, ore 10-12 e 15 – 18 (chiuso Natale e Capodanno).
Visite delle scuole su prenotazione: tel. 0522 610204-273
Catalogo in mostra (il ricavato della vendita del catalogo verrà devoluto a sostegno del “Progetto cisterne – Acqua fonte di vita” / Ipirà, Brasile)
Ingresso gratuito.

2 COMMENTS

  1. La via dei presepi… e dintorni
    Ottima iniziativa, forse scopiazzata da quanto già si fa da almeno cinque anni a Villa Minozzo, nel centro culturale A. Benedetti, abbinando alla MOSTRA PERMANENTE DEI PRESEPI DI ANTONIO PIGOZZI la mostra dei migliori scatti del concorso
    “fotografa il crinale”. Peccato che quest’anno manchino i presepi di Pigozzi, andati chisà per quale motivo raminghi per il mondo, lasciando con un palmo di naso tutti gli appassionati e curiosi che anche quest’anno si apprestavano alla visita.
    UN OTTIMO SERVIZIO AL TERRITORIO ED IN PARTICOLARE AL CAPOLUOGO, ed alla pro Loco di Villa minozzo, che attorno a questo avento aveva creato una “RETE PRESEPISTICA ” con nove quadri esposti nelle vetrine e nei negozi di Villa.
    Un plauso all’assessore al turismo del Comune montano ad alla collega della Comunità Montana.

    (mb)

  2. Bella mostra, merita
    Complimenti agli artisti espositori ed ai promotori dell’iniziativa. Un diorama permanente di Antonio Pigozzi ambientato sulla nostra bella Pietra ed i suoi eccezionali dettagli sulla vita tradizionale nei borghi sarebbe un bel ponte, culturale ed affettivo, fra il passato ed il futuro.
    Sul come finanziarlo segnalo che tutti noi avremmo pagato volentieri un mini ticket di ingresso, l’emozione è ben proporzionata al costo di un caffè…

    (F.D.)