Home Cronaca La vignetta / Allarme caprioli nel Parko

La vignetta / Allarme caprioli nel Parko

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da un'idea di Silvano Scaruffi, disegni di Lucia Manfredi

COMMENTO
Riceviamo e pubblichiamo

"Scusate se mi permetto di scrivere sulle vostre pagine, ma ho trovato la vostra "pseudo" vignetta abbastanza offensiva e di cattivo gusto. Per la serie: poche risate, abbastanza scurrile, total trash. Rispecchia nel nostro piccolo paese ciò che si vede nel nostro Paese".

(Gian Maria Gentiloni)

Ci concede tre sorrisi di più il commento del signor Gianmaria il quale non ha assolutamente bisogno di scusarsi nell’esprimere la sua opinione.

La prima volta, di gusto, perché ritenere offensiva una vignetta che ironizza su un problema sentito è decisamente oltre l’intento, umoristico appunto, degli autori. Abbiamo assistito, nelle settimane scorse, a un grande dibattito sui caprioli. Prima erano troppi, talmente troppi che l’autoselezione, si disse, stava facendo il suo corso. Ed ecco pagine e pagine su caprioli morti di qua, caprioli morti di là. Sui quotidiani e anche su Redacon anche le foto di caprioli morti di dissenteria con tanto di foto, ma qui nessuno ha obiettato sul cattivo gusto. Ancora dibattiti, mentre la Provincia conduceva uno studio sulle carcasse delle povere bestiole e, dopo nemmeno poche settimane – e qui ci sarebbe piaciuto che si fosse gridato al cattivo gusto – , ecco una nuova analisi: pare che i caprioli non fossero poi così tanti, anzi non se ne vedono più. E’ offensivo per la pubblica opinione potere dire tutto e il contrario di tutto. Non è finita: abbiamo scoperto – anche facendo un tifo partigiano a favore dei cugini di Bambi – che occorreva anche correre ai ripari per preservare gli abbattimenti di madri coi piccoli in grembo, come se in passato non fosse mai successo.

Il secondo sorriso è proprio nelle parole finali del commento. I grandi umoristi hanno sempre saputo sorridere dei mali della civiltà. E se lei ha colto a fondo il significato della vignetta, pungente proprio nelle miserie del nostro vivere, ebbene sì siamo convinti che la striscia abbia colto nel segno.

Il terzo sorriso è per la deduzione che sia da ritenersi tabù il parlare delle feci degli animali, non osiamo immaginare di quelle umane. Ancora prima degli umoristi, che nei secoli con maggiore o minore sensibilità hanno ironizzato su questo, gli antichi Romani il problema manco se lo ponevano, anzi, avevano bagni pubblici in comune, senza separé. Ancor prima di Scaruffi, un certo Dante osava dire, nel passo XVIII, 116-117 dell’Inferno «vidi un col capo sì di merda lordo / che non parea s'era laico o cherco». Ci sono letterati che – de gustibus - hanno immortalato e sigillato feci d’autore e di questo può ancora capitare di imbattersi tra i banchi di scuola. Ma soprattutto ci sono agricoltori che con la sapienza dei millenni sanno fare del letame fonte di nuova vita. Forse anche per loro fu l’omaggio del grande De Andrè, nella canzone Via del Campo, che diceva: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Anche da quello di caprioli.

(La redazione)